I RISCHI DEL PD SENZA IL PROPORZIONALE
Sembrava lunare sentire ieri vari esponenti del Pd che parlavano di nuova legge elettorale spingendo la maggioranza ad approvarla almeno in un ramo del Parlamento. Lunare rispetto a quello che c’è intorno, ai numeri della crisi, alle difficoltà di varare un Dl Semplificazione atteso da un paio di mesi. Il tema – però – non è lunare dal punto di vista strettamente politico. Ne avranno parlato Conte e Zingaretti nel faccia a faccia di ieri perché quello di modificare il Rosatellum è un risultato che il segretario Pd vuole portare a casa e avrebbe bisogno anche dell’aiuto del premier.
Qual è il punto? Innanzitutto rispettare il patto su cui nacque l’alleanza con i 5 Stelle: il Pd accettò di cambiare idea e votare il sì al taglio dei parlamentari ma come contropartita chiese una legge proporzionale per riequilibrare l’effetto distorsivo della riduzione degli onorevoli, in particolare al Senato. Se invece si arriverà a settembre senza nuove regole e facendo campagna per il sì al referendum, il partito di Zingaretti regalerà una vittoria al Movimento senza aver incassato alcun risultato. Su questo c’era stato un forte scontro – ad agosto scorso – perché sia Paolo Gentiloni che Luigi Zanda che l’ex responsabile delle riforme Andrea Giorgis ( oggi sottosegretario alla Giustizia) volevano che l’accordo prevedesse di votare il via libera alla riduzione dei parlamentari a fine legislatura e dopo aver cambiato il Rosatellum. Non andò così e adesso – quando mancano circa due mesi al test referendario - si alzano le barricate. Ieri sia il segretario ma anche il suo vice Orlando e il capogruppo Delrio, hanno fatto dichiarazioni semi-ultimative sulla nuova legge temendo di andare incontro a uno scenario in cui passa il “sì”, si rivitalizzano i grillini e il Pd paga il conto.
Tra l’altro, uno dei principi per andare verso un sistema proporzionale è una “bandiera” politica del Conte II, ossia cercare di tenere fuori dal Governo i sovranisti. Ma oggi, se non cambiassero le regole e guardando ai sondaggi, la combinazione tra la sforbiciata degli onorevoli e l’effetto maggioritario del Rosatellum, vedrebbe vincente (con più probabilità) la destra trainata da Salvini-Meloni. Non solo. L’attuale legge spinge a fare alleanze e con chi le farebbe il Pd? Con i 5 Stelle? E con quale pezzo? Il problema è che non riesce a farle nemmeno alle prossime regionali. Poi c’è Renzi. Non è un caso che ieri Ettore Rosato, renziano, abbia detto che la legge elettorale non è una priorità. Una bella frenata perché oggi Italia Viva ha più interesse a restare con l’attuale soglia del 3% di sbarramento - e trattare sui collegi uninominali – piuttosto che affrontare le urne con un proporzionale.
Infine, l’altra amara considerazione per il Pd, è che potrebbe mancare pure l’altro grande obiettivo che lo indusse a far nascere questo Governo: l’elezione del capo dello Stato con questa coalizione. Se infatti non si riuscirà a stringere un patto politico su un nuovo modello elettorale, sarà possibile farlo sul nuovo presidente della Repubblica? Per il partito di Zingaretti il pericolo resta quello di continuare a portare la croce senza riuscire ad afferrare quegli obiettivi iniziali.