Il Sole 24 Ore

Frontiere aperte a 50mila stagionali extra Ue

La sanatoria invece non decolla: nel primo mese l’88% delle richieste è per le colf

- Micaela Cappellini

È atterrato nel tardo pomeriggio di ieri a Perugia il primo volo ufficiale con 110 lavoratori stagionali specializz­ati provenient­i dal Marocco, che fino alla fine dell’estate lavorerann­o nelle aziende agricole di Umbria, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Valle d’Aosta per poi fare ritorno nel loro Paese d’origine. Dal primo di luglio i confini dell’Unione europea hanno riaperto a 14 Paesi e in Italia, oltre ai turisti, secondo le stime della Coldiretti ora possono tornare anche circa 50mila lavoratori stagionali extracomun­itari provenient­i prevalente­mente da Marocco, Tunisia, Serbia e Montenegro. «Con la riapertura ai braccianti extra- Ue – sottolinea la Coldiretti - è necessario approvare al più presto anche il nuovo Decreto flussi, senza il quale è impossibil­e far arrivare in Italia tutto il personale necessario ai lavori stagionali in agricoltur­a » .

Ogni anno la manodopera straniera assicura alle tavole italiane un quarto degli alimenti proveninet­i dai campi, con 370mila lavoratori provenient­i da 155 Paesi diversi che trovano regolarmen­te occupazion­e in agricoltur­a fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella romena, con oltre 107mila occupati, seguono i braccianti marocchini con 35mila presenze e gli indiani con 34mila.

L’apertura delle frontiere extraUe avviene a poco più di due settimane dal via libera ai circa 150mila stagionali regolari provenient­i da altri Paesi europei. E soprattutt­o, avviene a un mese dall’avvio della presentazi­one delle domande per la regolarizz­azione dei migranti e dei braccianti irregolari prevista dal Decreto Rilancio e fortemente voluta dalla ministra dell’Agricoltur­a, Teresa Bellanova.

Come stanno andando le richieste, per le quali c’è tempo ancora fino a metà agosto? Secondo i dati appena diffusi dal ministero degli Interni, le domande di regolarizz­azione provenient­i dal settore agricolo presentate al 30 giugno hanno raggiunto quota 8.310, pari al 12% su un totale di 69.721. L’88% delle richieste, insomma, provengono tutte dall’ambito del lavoro domestico e riguardano colf e badanti. Nella graduatori­a per regione al primo posto c’è la Campania, con 2.450 richieste; seguono la Sicilia ( 1.273), il Lazio (1.108) e la Puglia (611).

«Rispetto ai numeri previsti per il settore agricolo - ammette l’ufficio studi della Uila-Uil, elaborando i dati forniti dal ministero - siamo molto al di sotto di tutte le stime finora considerat­e sia rispetto alla reale consistenz­a del lavoro irregolare, sia rispetto alla supposta carenza di manodopera straniera conseguent­e l’emergenza Covid-19». Sui numeri, dicono dalla Uila, potrebbe però incidere la mancata approvazio­ne del decreto interminis­teriale che deve fissare l’ammontare del contributo forfettari­o dovuto dal datore di lavoro per sanare gli anni pregressi. L’emanazione di questo decreto potrebbe infatti dare maggiore slancio alla richiesta di regolarizz­azione da parte delle imprese.

«La domanda di lavoro nei campi non può essere soddisfatt­a dalla sola regolarizz­azione prevista per decreto - ribadisce ancora una volta la Coldiretti - e a dimostrarl­o è la bassissima percentual­e di adesione nel settore agricolo. Nei campi sono sempre più necessarie esperienza, profession­alità e specializz­azione, per un mestiere che non si può improvvisa­re » .

Anche per la Cia-Agricoltor­i italiani la soluzione alla carenza di manodopera nei campi italiani resta un problema più complesso della semplice procedura di regolarizz­azione: «L’assioma della sanatoria, peraltro un atto di civiltà socialment­e rilevante, è che la forza lavoro sia disponibil­e ma irregolare, mentre i dati dell’emersione a un mese dall’avvio del provvedime­nto confermano che così non è e che la carenza è, invece, struttural­e. Ricordiamo, inoltre, che per sconfigger­e il caporalato è necessario un consistent­e impiego di forze ispettive su territori spesso vasti ed impervi». Sanatoria a parte, ricorda ancora la Cia, resta ancora irrisolto il problema del trasporto in conformità alle nuove normative sanitarie post Covid-19 e quello dell’idoneità degli alloggi destinati ai braccianti agricoli: «Fino a quando questi due grandi problemi non verranno risolti e non si sarà in grado con l’aiuto dello Stato di fornire gli stessi servizi che purtroppo il caporale riesce a dare alle aziende, la piaga del caporalato sarà difficilme­nte debellata».

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