Frontiere aperte a 50mila stagionali extra Ue
La sanatoria invece non decolla: nel primo mese l’88% delle richieste è per le colf
È atterrato nel tardo pomeriggio di ieri a Perugia il primo volo ufficiale con 110 lavoratori stagionali specializzati provenienti dal Marocco, che fino alla fine dell’estate lavoreranno nelle aziende agricole di Umbria, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Valle d’Aosta per poi fare ritorno nel loro Paese d’origine. Dal primo di luglio i confini dell’Unione europea hanno riaperto a 14 Paesi e in Italia, oltre ai turisti, secondo le stime della Coldiretti ora possono tornare anche circa 50mila lavoratori stagionali extracomunitari provenienti prevalentemente da Marocco, Tunisia, Serbia e Montenegro. «Con la riapertura ai braccianti extra- Ue – sottolinea la Coldiretti - è necessario approvare al più presto anche il nuovo Decreto flussi, senza il quale è impossibile far arrivare in Italia tutto il personale necessario ai lavori stagionali in agricoltura » .
Ogni anno la manodopera straniera assicura alle tavole italiane un quarto degli alimenti provenineti dai campi, con 370mila lavoratori provenienti da 155 Paesi diversi che trovano regolarmente occupazione in agricoltura fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella romena, con oltre 107mila occupati, seguono i braccianti marocchini con 35mila presenze e gli indiani con 34mila.
L’apertura delle frontiere extraUe avviene a poco più di due settimane dal via libera ai circa 150mila stagionali regolari provenienti da altri Paesi europei. E soprattutto, avviene a un mese dall’avvio della presentazione delle domande per la regolarizzazione dei migranti e dei braccianti irregolari prevista dal Decreto Rilancio e fortemente voluta dalla ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova.
Come stanno andando le richieste, per le quali c’è tempo ancora fino a metà agosto? Secondo i dati appena diffusi dal ministero degli Interni, le domande di regolarizzazione provenienti dal settore agricolo presentate al 30 giugno hanno raggiunto quota 8.310, pari al 12% su un totale di 69.721. L’88% delle richieste, insomma, provengono tutte dall’ambito del lavoro domestico e riguardano colf e badanti. Nella graduatoria per regione al primo posto c’è la Campania, con 2.450 richieste; seguono la Sicilia ( 1.273), il Lazio (1.108) e la Puglia (611).
«Rispetto ai numeri previsti per il settore agricolo - ammette l’ufficio studi della Uila-Uil, elaborando i dati forniti dal ministero - siamo molto al di sotto di tutte le stime finora considerate sia rispetto alla reale consistenza del lavoro irregolare, sia rispetto alla supposta carenza di manodopera straniera conseguente l’emergenza Covid-19». Sui numeri, dicono dalla Uila, potrebbe però incidere la mancata approvazione del decreto interministeriale che deve fissare l’ammontare del contributo forfettario dovuto dal datore di lavoro per sanare gli anni pregressi. L’emanazione di questo decreto potrebbe infatti dare maggiore slancio alla richiesta di regolarizzazione da parte delle imprese.
«La domanda di lavoro nei campi non può essere soddisfatta dalla sola regolarizzazione prevista per decreto - ribadisce ancora una volta la Coldiretti - e a dimostrarlo è la bassissima percentuale di adesione nel settore agricolo. Nei campi sono sempre più necessarie esperienza, professionalità e specializzazione, per un mestiere che non si può improvvisare » .
Anche per la Cia-Agricoltori italiani la soluzione alla carenza di manodopera nei campi italiani resta un problema più complesso della semplice procedura di regolarizzazione: «L’assioma della sanatoria, peraltro un atto di civiltà socialmente rilevante, è che la forza lavoro sia disponibile ma irregolare, mentre i dati dell’emersione a un mese dall’avvio del provvedimento confermano che così non è e che la carenza è, invece, strutturale. Ricordiamo, inoltre, che per sconfiggere il caporalato è necessario un consistente impiego di forze ispettive su territori spesso vasti ed impervi». Sanatoria a parte, ricorda ancora la Cia, resta ancora irrisolto il problema del trasporto in conformità alle nuove normative sanitarie post Covid-19 e quello dell’idoneità degli alloggi destinati ai braccianti agricoli: «Fino a quando questi due grandi problemi non verranno risolti e non si sarà in grado con l’aiuto dello Stato di fornire gli stessi servizi che purtroppo il caporale riesce a dare alle aziende, la piaga del caporalato sarà difficilmente debellata».