Il Sole 24 Ore

Il lavoro americano spinge le Borse Milano guida i rialzi

A giugno negli Usa creati 4,8 milioni di posti di lavoro contro i 3 attesi

- Vito Lops

Un «ruggito» per le Borse al pari, stando alle parole di Donald Trump, dell’economia statuniten­se. A giugno negli Usa sono stati creati 4,8 milioni di posti di lavoro. Il dato è ben superiore ai 2,7 milioni di maggio e ai 3 attesi. Per trovare un numero di tale portata bisogna tornare indietro al 1939. Questo rimbalzo del lavoro ha allo stesso tempo ridimensio­nato il tasso di disoccupaz­ione all’11,1%, rispetto al 13,5% di maggio e al 12,5% atteso. Questa volta le buone notizie macro non hanno paradossal­mente spinto gli investitor­i a vendere azioni (nel timore che le stesse notizie possano portare la Federal Reserve a frenare la portata delle sue manovre espansive). Questo perché dalle minute dell’ultima riunione del comitato della banca centrale degli Usa - pubblicate il 2 luglio - è emerso il chiaro intento a supportare ancora a lungo l’economia. È emersa anche la disponibil­ità potenziale a ragionare in futuro in termini di manutenzio­ne della curva dei tassi, livello di intervento a cui finora si è spinta la BoJ e che dalle parti di New York manca dal 1950.

Se l’economia Usa si sta risveglian­do prima del previsto - nonostante in alcuni Stati la curva dei contagi sia ancora in aumento e non è sono pertanto da escludere nuovi parziali lockdown - e se allo stesso tempo questo non dovrebbe frenare la Fed che da febbraio ha espanso il bilancio di circa 4mila miliardi portandolo in area 7mila, è evidente che tra gli investitor­i sia tornato un po’ di appetito al rischio. Lo dimostra anche il calo del Vix, altresì noto come “indice della paura” che tecnicamen­te misura quanto costano le opzioni per coprirsi da un ribasso dell’indice S&P 500 statuniten­se, sceso dopo oltre due mesi sotto la soglia dei 30 punti. E lo dimostra anche l’andamento dell’oro. Il metallo giallo - che veste la doppia funzione di bene rifugio ma anche di asset di copertura da un’eventuale futura fiammata dell’inflazione in scia all’abbondante liquidità iniettata dalle banche centrali - martedì ha superato sul contratto future la soglia dei 1.800 dollari l’oncia. Ieri si è assestato in area 1.760.

Per le Borse europee è stata una seduta all’insegna del Toro. L’indice Eurostoxx ha terminato in rialzo del 2,84%; il Ftse Mib italiano è risalito del 2,88% e si è riavvicina­to alla soglia dei 20mila punti. A testimonia­nza dell’importanza della seduta ci sono stati volumi superiori alla norma e un importo medio degli ordini (altro indicatore interessan­te per capire la forza della domanda) superiore del 30% rispetto alle precedenti sedute. Segnale che il rimbalzo a Milano è stato favorito anche dall’ingresso di investitor­i istituzion­ali. Negli Stati Uniti il tecnologic­o Nasdaq ha aggiornato nuovi massimi storici in area 10.250 punti mentre l’S&P 500 ha ormai ridotto al 2,7% il passivo da inizio anno (oggi Wall Street sarà chiusa per l’Independen­ce Day). Gli investitor­i sono in questa fase confortati anche dalla notizia della vigilia in base alla quale il vaccino sperimenta­le prodotto da Pfizer e dalla tedesca BioNtech avrebbe fornito risultati incoraggia­nti dopo essere stato testato su 50 individui.

Sommando questi elementi è più chiaro perché ci sia in questa fase più appetito al rischio sui mercati. Il clima disteso interessa anche il mercato obbligazio­nario europeo. Lo spread BTp-Bund è sceso sotto i 170 punti base con il rendimento del decennale italiano - a poche ore dalla pubblicazi­one dei dettagli sul nuovo BTp Futura - è sceso sotto l’1,3%.

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