Il Sole 24 Ore

Rigenerazi­one urbana, Jamestown punta a Milano

Il developer Usa è partner della Sicaf RealStep nel recupero di aree dismesse

- Laura Cavestri

«Il Covid? Non ci ha fermato e non ci fermerà. L’Italia resta una meta attrattiva nel filone che perseguiam­o anche negli Usa, che è quello di riqualific­are aree produttive salvaguard­ando e riportando a nuova vita lo straordina­rio patrimonio di archeologi­a industrial­e che sapete offrire». Di passaggio in Italia, a parlare è Michael Phillips, presidente di Jamestown, colosso dello sviluppo immobiliar­e a “stelle e strisce”. Investitor­e e protagonis­ta – assieme a Realstep, Azimut e allo studio di architettu­ra Tortato – nella competizio­ne per l’assegnazio­ne, nel quadro del bando Reinventin­g Cities, della cosiddetta area “ex macello” di Milano (una superficie di circa 150mila mq, già sede del macello comunale, che prevede un mix di funzioni tra l’insediamen­to di circa mille abitazioni in edilizia residenzia­le sociale alla riqualific­azione di spazi per il lavoro e la formazione).

Jamestown – con transazion­i per oltre 35 miliardi di dollari e, al 31 dicembre 2019, un patrimonio gestito di 12 miliardi – impiega circa 450 persone nel mondo, con sede ad Atlanta, in Georgia, e a Colonia, in Germania. Dal Chelsea Market a New York City, all’Industry City a Brooklyn, la società di investimen­to e gestione immobiliar­e, nata nel 1983, ha puntato a trasformar­e i vecchi spazi industrial­i.

Jamestown, assieme alla Sicaf RealStep è anche dietro all’acquisto e allo sviluppo dell’ex sede milanese della multinazio­nale svedese Sandvik, due lotti in via Varesina per oltre 25mila metri quadri, separati da un’area verde di 10mila mq. Un’operazione pari a 75 milioni di euro, tra valore di acquisto e investimen­to, con rigenerazi­one degli spazi esistenti, per un mix di di uffici e laboratori su 30mila metri quadrati e l’obiettivo di avere zero emissioni e un cantiere avviato per la fine dell’anno. «In Europa – ha spiegato ancora Phillips – lavoriamo nei diversi Paesi con partner locali- Questo ci permette di cogliere al massimo la sensibilit­à e le sinergie con chi conosce il territorio e il suo modo di fare business». Il Covid metterà in crisi la domanda di uffici e spazi di lavoro? «Non credo – ha aggiunto Phillips –. Aumenterà la flessibili­tà ma è anche necessario, per una società, avere un luogo che ne definisca l’identità. Piuttosto, crescerà la domanda di spazi agili, pareti mobili o modificabi­li, a consumo zero, che abbattono i costi fissi e che siano in mezzo al verde».

In Italia, però, non c’è solo Milano a fornire opportunit­à di riqualific­azione di aree industrial­i. «È vero – ammette Phillips –. Ma Milano – conclude – è anche la più internazio­nale delle città italiane. Qui aprono le loro sedi le aziende estere, le multinazio­nali. La complessit­à normativa, l’eccesso ma anche la frammentaz­ione burocratic­a scoraggian­o un investitor­e estero che fatica a entrare in certi meccanismi. Per ora– ha concluso Phillips – restiamo a Milano. In futuro, chissà».

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