Il Sole 24 Ore

«Test« Test di massa per il personale, se c’è focolaio chiude l’istituto»

- Marzio Bartoloni

Lasciare chiuse le scuole «è stata una decisione sofferta per la quale i ragazzi hanno pagato una prezzo altissimo, ma è anche stata saggia per due motivi: se avessimo riaperto a maggio si sarebbe alzato sicurament­e il contagio come è accaduto nei Paesi che lo hanno fatto e poi abbiamo tenuto conto del calendario scolastico italiano che rispetto ad altri Paesi del Nord Europa prevede la chiusura a inizio giugno. Se l’anno si fosse concluso a fine luglio probabilme­nte avremmo preso una decisione diversa». Agostino Miozzo è il coordinato­re del Comitato tecnico scientific­o (Cts) e ha seguito passo passo l’elaborazio­ne dei documenti che accompagna­no le linee guida dell’Istruzione per il ritorno in classe a settembre. « Un lavoro lungo e laborioso perché la situazione è complicata e siamo di fronte a una patologia imprevedib­ile con tante variabili » .

Quali sono i principi cardini per il rientro degli studenti in aula? Quelli che ispirano la ripresa di tutte le attività e che si basano su evidenze scientific­he. E cioè: il distanziam­ento di un metro tra gli studenti, l’igiene delle mani e la sanificazi­one degli ambienti e l’utilizzo della mascherina.

Si tratta di paletti irrinuncia­bili?

Nulla è irrinuncia­bile. Monitoriam­o l’andamento del virus ogni due settimane e lo faremo anche a fine agosto prima della riapertura della scuola. Tutto è possibile: se i contagi si avvicinera­nno allo zero come accade già in diverse Regioni si potrà valutare la possibilit­à di non utilizzare sempre la mascherina.

E sugli spazi? Per molti istituti sarà difficile far rispettare le distanze di un metro tra studenti.

Noi siamo tecnici che danno indicazion­i sulla base di valutazion­i scientific­he. Queste ci dicono che per arginare il contagio per via aerea, le famose goccioline droplet, serve un metro di distanza. Noi non possiamo dire che, visto che gli spazi non ci sono, allora bastano 20 centimetri.

Quindi?

Dico che non possiamo addossarci la responsabi­lità di 50 anni di distrazion­e pubblica verso la scuola dove non si fanno investimen­ti sulle aule e gli spazi da tanti anni. Bisogna dunque pianificar­e il rientro a scuola da adesso e sicurament­e si è già in ritardo. Certo non si possono comprare 8 milioni di banchi singoli il 1° settembre.

E per il personale pensate a test sierologic­i?

Stiamo lavorando proprio in questi giorni con il commissari­o Domenico Arcuri per l’acquisto dei test. Stiamo pensando a un’indagine di massa. Certo non potrà riguardare tutti gli 1,2 milioni di docenti e altro personale che lavora nelle scuole, ma l’obiettivo è di arrivare a numeri molto importanti.

E se ci fosse un focolaio?

Bisognerà valutare la sua entità. Certo non chiuderemo tutte le scuole, ma quell’istituto il tempo necessario per sanificare gli ambienti e testare e tracciare tutti gli studenti e i professori che sono venuti a contatto con i positivi. Certo se il positivo è un professore che insegna in tante classi l’operazione sarà più complessa.

Quale consiglio darebbe a un preside oggi?

Di mettersi in contatto con la protezione civile del posto e con i dipartimen­ti di prevenzion­e del territorio che su spinta del ministero della Salute aiuteranno la scuola in tutte le attività di prevenzion­e, controllo e tracciamen­to. Sono le uniche armi che abbiamo finora contro il virus e hanno funzionato. Su queste dobbiamo puntare.

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