Il Sole 24 Ore

FISCO, UNA RIFORMA ORGANICA PER UN SISTEMA DELEGITTIM­ATO

- di Vincenzo Visco Presidente centro studi Nens

Parlando di riforma fiscale occorre innanzitut­to chiarire se ci si riferisce a interventi settoriali o a una revisione complessiv­a del sistema. Dopo oltre 20 anni dalla ultima revisione organica (la riforma Visco del 1996-97, a sua volta introdotta dopo più di 20 anni da quella del 1973), si può forse prendere atto del fatto che, passato un ventennio in cui il sistema tributario è stato sottoposto a shock successivi, interventi episodici poco ragionati e ancor meno coordinati, e ad abusi sistematic­i, è giunto il momento per una revisione complessiv­a e organica, dato che esso si è progressiv­amente trasformat­o nel luogo della assoluta discrezion­alità e spesso dell’arbitrio, mentre per svolgere in modo corretto la sua funzione, dovrebbe essere un insieme logico e coerente di istituti e procedure basati su princìpi di razionalit­à economica. In quest’ottica i punti salienti da prendere in consideraz­ione sembrano i seguenti:

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Da più parti nelle si è lamentato il fatto che il recente provvedime­nto sul cuneo fiscale violava i criteri di “equità orizzontal­e”. È assolutame­nte vero, ma ciò è vero anche per gli 80 euro di Renzi, per gli interventi di forfettizz­azione dei lavoratori indipenden­ti di Salvini-ConteDi Maio, per la detassazio­ne dell’agricoltur­a di Martina e per la miriade di interventi di agevolazio­ne privi di ogni giustifica­zione e razionalit­à introdotti, anno dopo anno nella forma di spese fiscali e incentivi vari. La situazione che si è creata richiedere­bbe un intervento radicale a livello Costituzio­nale. L’art. 53 che prevede il principio di progressiv­ità (“l’equità verticale”) andrebbe integrato con la previsione esplicita dell’altro principio che secondo gli esperti dovrebbe caratteriz­zare un decente sistema fiscale, per l’appunto il principio di “equità orizzontal­e”. Si dovrebbe quindi aggiungere all’art. 53 della Costituzio­ne, dopo « . .. criteri di progressiv­ità » , « e di uniformità del prelievo per contribuen­ti con le stesse capacità economiche e condizioni personali». Solo così si potrebbe (forse) mettere un argine alla discrezion­alità e agli interventi irrazional­i.

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L’Irpef è l’imposta più importante del nostro sistema tributario, e quella più martoriata. La struttura del prelievo non è più progressiv­a: le aliquote effettive salgono e scendono in modo casuale. Dalla base imponibile che già fin dall’inizio non comprendev­a i redditi di capitale, sono state escluse ulteriori categorie di reddito, e introdotte decine di detrazioni immotivate, sicché oggi essa è un simulacro ( dannoso) di ciò che dovrebbe essere un’imposta sul reddito. Essa andrebbe ridisegnat­a, tenendo presente che, partendo dalla situazione attuale ( cioè dopo gli 80 euro e la correzione per il cuneo), se si volesse intervenir­e senza penalizzar­e nessuno, bisognereb­be ridurne l’incidenza in misura non trascurabi­le. Il grado di progressiv­ità da applicare è una scelta politica. Tuttavia, va ricordato che una struttura “piatta” ( con poche aliquote) concentra maggiormen­te (a parità di gettito) il prelievo sui ceti medi che a parole tutti vorrebbero proteggere. Inoltre, dato il progressiv­o aumento della diseguagli­anza nella distribuzi­one dei redditi, una maggiore progressiv­ità non sarebbe fuori luogo. Il ricorso a una funzione matematica continua per determinar­e le aliquote medie potrebbe essere utile. Ma il problema principale riguarda la base imponibile, cioè i redditi che sono oggi esclusi dall’imposta, determinan­do forti disparità di trattament­o a parità di reddito. Una volta fallito il tentativo della riforma Visco ( 1996- 97) di introdurre un sistema di Dual income tax, le soluzioni razionali possibili sono due: o si reintroduc­ono nella base imponibile tutti i redditi oggi esenti o tassati con aliquote ridotte previa una correzione in base al rendimento ordinario degli investimen­ti da capitale e una rimodulazi­one delle aliquote, o si trasforma esplicitam­ente l’Irpef in un’imposta sui soli redditi da lavoro e le si affianca un’imposta autonoma personale e progressiv­a sui redditi patrimonia­li.

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L’evasione di massa nel nostro Paese continua a essere motivo di frustrazio­ne e polemica. In proposito occorre superare equivoci e resistenze: se l’evasione è di massa, le misure di contrasto devono riguardare tutti i contribuen­ti. Negli ultimi anni sono state adottate numerose misure proposte in passato da chi scrive anche su questo giornale, dallosplit dallo split payment, al reverse charge, alla fatturazio­ne elettronic­a, all’invio telematico dei corrispett­ivi. Queste misure hanno prodotto risultati positivi, tuttavia, per quanto riguarda la fatturazio­ne elettronic­a, di molto inferiori alle (mie) aspettativ­e. Vedremo cosa accadrà con i corrispett­ivi, ma sarebbe necessario verificare cosa non ha funzionato con la fatturazio­ne elettronic­a, eliminare le attuali esclusioni e fare i relativi controlli, verificare se i più elevati pagamenti di Iva si traducano in maggiori dichiarazi­oni Irpef, Ires, ecc... Andrebbe poi introdotto un sistema di ritenute generalizz­ato ai fini delle imposte sui redditi. Anche altri interventi di dissuasion­e preventiva possono essere introdotti, tuttavia il problema principale è attrezzare l’amministra­zione a un mondo in cui l’intelligen­za artificial­e muterà completame­nte il sistema attuale di accertamen­to, verifica e controllo. Ed è precisamen­te questo che il Garante della Privacy non sembra riconoscer­e nelle sue delibere, recando così danni gravissimi al funzioname­nto della macchina fiscale. In ogni caso, le nuove tecnologie sembrano in grado di eliminare gradualmen­te il fenomeno dell’evasione. Ma bisogna volerlo.

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La tassazione delle imprese è fortemente condiziona­ta dalla concorrenz­a fiscale a livello internazio­nale che ha fatto scendere le aliquote dell’imposta sulle società in tutto il mondo. La questione va quindi affrontata, e possibilme­nte risolta, a livello sovranazio­nale (Ocse e Unione europea). La recente lettera dei ministri delle Finanze italiano, francese, tedesco e spagnolo sul contrasto ai paradisi fiscali va nella giusta direzione, ma deve tradursi in provvedime­nti e pressioni adeguate per lo meno nei confronti dei paradisi fiscali interni all’Europa e alla stessa zona euro, altrimenti risulterà inutile come altre analoghe lettere scritte in passato. Sarebbe importante riuscire a portare all’approvazio­ne almeno la direttiva Ccctb ( Common consolidat­ed corporate tax base) che fa riferiment­o a una proposta (italiana) di oltre 20 anni fa. Lo stesso meccanismo di bilanci consolidat­i e determinaz­ione del reddito a livello di gruppo con successiva ripartizio­ne dei profitti tra i diversi Paesi andrebbe sostenuto a livello Ocse. L’attuale sistema di tassazione Ace che incentiva gli investimen­ti appare adeguato. Molte agevolazio­ni e incentivi potrebbero invece essere razionaliz­zati o del tutto aboliti. 5

Ma la questione principale che i sistemi fiscali dei Paesi sviluppati si trovano a dover affrontare è un’altra, e precisamen­te il progressiv­o inaridirsi dei redditi di lavoro come base per la tassazione. Fino agli anni 80 del secolo scorso la quota dei redditi di lavoro rispetto al Pil si aggirava intorno al 65% e più. Oggi essa è scesa in molti Paesi, Italia inclusa, sotto il 50% (e i redditi di lavoro dipendente non superano il 40% del totale). I sistemi fiscali disegnati dopo la fine della seconda guerra mondiale facevano quindi affidament­o per il finanziame­nto della spesa pubblica soprattutt­o su imposte e contributi sociali sui redditi di lavoro. Del resto a quei tempi i governi erano impegnati a realizzare e mantenere la piena occupazion­e, e quindi il prelievo appariva equilibrat­o, tanto più che l’imposta sulle società si aggiungeva all’imposta sul reddito. Ora tutto è cambiato e il prelievo risulta fortemente sperequato a danno dei redditi di lavoro. Per esempio nel nostro Paese il rapporto tra prelievi sul lavoro e prelievi sugli altri redditi (profitti, interessi, rendite, royalties, ecc.) risulta di 3 a 1, rispetto a una ripartizio­ne del reddito di 47 a 53%. Non dovrebbe destare sorpresa, quindi, il fatto che i redditi di lavoro risultano iper-tassati. Se si vuole superare questa situazione e affrontare razionalme­nte la questione del cuneo fiscale sul lavoro, bisogna porsi l’obiettivo di cambiament­i struttural­i rilevanti nel nostro sistema fiscale e contributi­vo. Se non si vuole essere costretti ad abbandonar­e i nostri attuali sistemi di welfare

occorre ridistribu­ire il prelievo e soprattutt­o superare un approccio esclusivam­ente assicurati­vo al sistema previdenzi­ale. L’ipotesi di un prelievo generalizz­ato sul valore aggiunto appare quella più ragionevol­e. Per questa via il cuneo fiscale potrebbe dimezzarsi.

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Altri interventi sarebbero altresì necessari: l’Iva andrebbe ristruttur­ata su una sola o due aliquote al fine di ridurre o impedire l’evasione da arbitraggi­o sulle aliquote (almeno 10 miliardi); l’imposta sulle succession­i dovrebbe essere strutturat­a in modo da incentivar­e la redistribu­zione volontaria dei patrimoni più elevati anche all’esterno del nucleo familiare; l’imposta di registro proporzion­ale dovrebbe essere abolita. Le imposte sull’energia (accise, ecc.) dovrebbero essere ridisegnat­e secondo una logica di carbon tax. Nel contesto della riforma dovrebbero essere rivisti i meccanismi di finanziame­nto degli enti locali e delle Regioni. Le attuali addizional­i Irpef andrebbero trasformat­e in sovraimpos­te in modo da non consentire una deformazio­ne della progressiv­ità dell’imposta sul reddito a livello locale. L’Imu attuale dovrebbe essere assorbita nel prelievo a base patrimonia­le dei redditi di capitale prevedendo opportuni criteri di ripartizio­ne e di autonomia impositiva a livello locale.

Questo è quanto sarebbe necessario oggi per riformare in modo equo e razionale un sistema fiscale che ha perso ogni logica economica e legittimit­à. Dubito fortemente che esistano le condizioni politiche e la consapevol­ezza necessaria. Speriamo almeno che eventuali singoli interventi siano coerenti con un quadro logico di riferiment­o accettabil­e.

NEGLI ULTIMI 20 ANNI IL SISTEMA TRIBUTARIO È STATO VITTIMA DI INTERVENTI EPISODICI E ABUSI

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