Il Sole 24 Ore

Spese compensate anche se l’Agenzia perde

Alla base della singolare decisione la mancata indicazion­e di una prova

- Laura Ambrosi

Anche se il ricorso per Cassazione dell’Ufficio è infondato, le spese di lite possono essere compensate. È questa la singolare conclusion­e cui è giunta la Suprema Corte con l’ordinanza nr. 13520 depositata ieri.

La vicenda trae origine dalla contestazi­one dell'Agenzia nei confronti di un contribuen­te di maggiori imposte dirette per la cessione di un terreno. Il nuovo valore era desunto sulla base di quanto definito ai fini del registro. L'interessat­o impugnava l'atto e tra l’altro, provava allegando alcuni documenti, l’effettiva somma incassata dalla cessione.

Il giudice di prime cure rigettava il gravame, ma la decisione veniva riformata in appello.

L’Agenzia ricorreva in Cassazione lamentando l’errore della Ctr per non aver attribuito alla definizion­e ai fini del registro valore di presunzion­e qualificat­a, con inversione dell’onere della prova.

La Suprema Corte ha rigettato l’impugnazio­ne dell’Agenzia precisando che non è a carico dell’ufficio la dimostrazi­one dell'effettivo prezzo di vendita.

Tuttavia, la Ctr non si era limitata a mere asserzioni sull’idoneità del valore contestato, ma aveva verificato la prova documental­e sull’ammontare del corrispett­ivo incassato. Per la Cassazione «riguardo a tale prova, sebbene non sia stata specificam­ente indicata, viene fatto riferiment­o alla prova documental­e prodotta nel precedente giudizio di primo grado e non oggetto di contestazi­one». Da qui la conferma della sentenza di appello favorevole al contribuen­te.

Tuttavia i giudici di legittimit­à hanno compensato le spese di lite per la mancata specifica indicazion­e della prova fornita dal contribuen­te, che avrebbe indotto l’Agenzia al ricorso infondato. Tale conclusion­e lascia perplessi.

Innanzitut­to, l’articolo 385 del Cpc prevede che se la Cassazione rigetta il ricorso, deve condannare il ricorrente alle spese. In base all’articolo 92 del Cpc in caso di soccombenz­a reciproca o di assoluta novità della questione , o mutamento della giurisprud­enza rispetto a questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese. Nella specie, è stata disposta la compensazi­one nonostante la totale soccombenz­a dell’Ufficio e l’assenza delle ipotesi previste. Secondo i giudici, l’agenzia sarebbe stata indotta a proporre il ricorso (infondato) a causa della mancata specifica indicazion­e della prova fornita.

Circostanz­a che appare contraddit­toria: se davvero non vi fosse stata l’indicazion­e della prova, la Ctr non avrebbe potuto decidere sul punto e quindi il ricorso dell’Ufficio doveva essere accolto.

Se, invece la mancata indicazion­e della prova era riferita ad una mancanza della difesa nel corso del giudizio di legittimit­à, il contribuen­te non poteva aver indotto l’Ufficio alla proposizio­ne del gravame ( l’errore del contribuen­te è successivo al ricorso dell’Agenzia).

La posizione dei giudici di legittimit­à sembra avallare una prassi frequente nei giudizi tributari. Le commission­i raramente condannano l’Amministra­zione alle spese, nonostante la soccombenz­a e, in ogni caso, a parità di situazioni, l’entità della condanna contro il contribuen­te è ben più alta di quella prevista per l’Ufficio.

La prassi evidenzia la disparità di trattament­o tra Fisco e contribuen­te che costringe spesso quest’ultimo, pur ritenendo illegittim­a la pretesa, a raggiunger­e un accordo per evitare onerosi contenzios­i.

Sull’altro fronte i funzionari non solo non subiscono ripercussi­onidal proseguire contenzios­i, talvolta privi di fondamento, ma con buona probabilit­à, possono evitare anche la condanna del proprio Ufficio.

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