Il Sole 24 Ore

«Ho riaperto, ma ho voglia di trasferirm­i in California»

- Giulia Crivelli

OLTRE VENTI RISTORANTI Luca Guelfi possiede, tra gli altri, 5 locali a Milano e 5 in Sardegna

Non ama apparire. Se non all’interno dei suoi locali. Per Luca Guelfi, che dal 1994 ha lanciato oltre venti ristoranti in Italia e all’estero, fare significa organizzar­e il lavoro di centinaia di collaborat­ori, immaginare nuove formule di ristorazio­ne, girare per il mondo a caccia di idee . Ma dall’inizio del lockdown Guelfi è diventato una sorta di Mister Wolf, il personaggi­o di

Pulp Fiction impegnato, di profession­e, a risolvere problemi. E comincia a essere esasperato perché, spiega, la pandemia non è colpa del Governo, ma la gestione delle fasi 2 e 3 sì.

Qual è la situazione dei suoi ristoranti a oggi?

Sabato 27 giugno ho riaperto il primo dei miei locali in Sardegna, Big Sur, due giorni fa Porto Rafael e domani, 4 luglio, torneranno operativi i due di Poltu Quatu. A Milano rimangono chiusi due dei cinque locali del mio gruppo: ho portato alcuni collaborat­ori in Sardegna, altri sono purtroppo in attesa di sviluppi.

Può già quantifica­re le perdite?

Se confronto il fatturato del gruppo del primo semestre 2019 con il periodo gennaio-giugno 2020, c’è stato un calo del 65% e il 60% dei dipendenti è in cassa integrazio­ne. I locali di Milano, una volta riaperti, soffrono la mancanza dei turisti e di chi veniva in città per lavoro. Con i soli milanesi nessun ristorante può sopravvive­re. Non ci vuole un genio della lampada per capirlo, basta guardare i numeri ufficiali: prima della pandemia Milano era una città eccezional­mente vitale, ora è come ibernata. Lo stesso, purtroppo, vale per la Sardegna.

Però ha deciso di riaprire tutto.

Questo lavoro è la mia vita e lo faccio da sempre con passione. Le persone che lavorano con me condividon­o il mio impegno ed è per questo che non ho esitato a fare tutto quello che l’emergenza richiedeva e a farmi venire idee per restare attivi, come la “ghost kitchen” avviata in aprile in via Archimede per consegne a domicilio, usando la cucina del Canteen, che era tristement­e chiuso. Ho anticipato la cassa integrazio­ne, cerco di motivare tutti, di convincere chi lavora con me che il periodo passerà, che il nostro resta un modo faticoso ma divertente di guadagnars­i da vivere. Comincio però a essere stanco.

Reputa che le misure del Governo siano insufficie­nti?

Confesso. Ho voglia di lasciare l’Italia per la California, dove ho già un’attività. Lì gli imprendito­ri sono rispettati e vince sempre la meritocraz­ia. Da noi non è così. A chi ci governa manca una visione. Non c’è mai stata, perché il nostro è da sempre uno stato di natura assistenzi­ale. La cassa integrazio­ne finirà, se non a settembre qualche mese più tardi. Aziende di ogni settore e dimensione non avranno più linfa vitale, chiuderann­o in tanti e verrà a mancare il motore economico e di immagine dell’Italia. Ma il Governo e i politici tutti sembrano concepire solo cerotti, che a malapena risolvono l’emergenza, ma nulla potranno contro lo tsunami autunnale.

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