Con lo stop prolungato doc e docg sotto stress
Penalizzati i prodotti di qualità dimenticati anche dagli aiuti pubblici La sfida è diversificare i canali distributivi. Sbocchi da e-commerce e Gdo
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Un attentato alla qualità. La principale sfida che attende il primo settore per fatturato dell’agroalimentare made in Italy, il vino, nella fase della ripartenza post Covid-19 è quella di difendere la qualità e la fetta di produzione a maggior valore aggiunto. L’emergenza e il lockdown hanno infatti imposto cambiamenti significativi nelle modalità di consumo e di certo ci vorrà tempo prima di tornare agli assetti pre coronavirus.
Nei mesi della quarantena hanno tenuto le vendite nella grande distribuzione, si è registrata la piacevole sorpresa del boom dell’e-commerce e del delivery misurato più di ogni percentuale dall’investimento di Campari che, subito dopo il lockdown, ha rilevato il 49% di una delle principali piattaforme italiane di e-commerce del vino, Tannico.
Il positivo trend delle vendite on line tuttavia ha consentito di recuperare terreno rispetto ai ritardi che l’Italia scontava sul fronte dell’e-commerce enoico ma certo, al momento, non è in condizione di compensare la vera emorragia dovuta al crollo delle vendite nel canale horeca (hotel, ristoranti e catering). Uno stop prolungato particolarmente pesante non solo in valore assoluto ma soprattutto perché si tratta del canale nel quale sono commercializzate le etichette di fascia medio alta, dove trovano spazio le bottiglie anche di cantine più piccole e che farebbero fatica a competere con le aziende più strutturate sugli scaffali della grande distribuzione. E di qui il vero cortocircuito innescato dalla pandemia: il lockdown di bar e ristoranti rischia di penalizzare proprio le aziende che negli anni più hanno investito in qualità e sulla creazione di valore aggiunto mediante un posizionamento di prezzo medio alto.Ed è soprattutto per il blocco del canale della ristorazione italiana e internazionale che Mediobanca si è spinta a stimare che a causa dell'emergenza Covid-19, il vino italiano subirà danni per almeno 2 miliardi di euro.
A chiudere il cerchio (in negativo) per i vini di qualità italiani il capitolo dei sostegni pubblici. Il Governo ha stanziato 100 milioni di euro per la vendemmia verde (ovvero il taglio in campo dei grappoli prima che giungano a maturazione) mentre nelle pieghe del budget comunitario destinato al vino sono stati individuati altri 50 milioni di euro per la distillazione di crisi. Ma entrambe le misure sono rivolte a ridurre l’offerta di vino sul mercato sostenendo i prezzi a partire però proprio dalla fascia bassa della produzione, dai vini di minore qualità, lasciando così ancora una volta senza alcun paracadute proprio il segmento più esposto alla serrata dei ristoranti.
«Togliere prodotto dal mercato di certo può avere effetti positivi – spiega Albiera Antinori, Ceo della Marchesi Antinori – tuttavia va detto che per quanto riguarda la distillazione, il prezzo di intervento di 27 euro a ettolitro è troppo basso mentre la vendemmia verde avrà effetti tangibili tra due o tre anni, perché questi sono i tempi di immissione al consumo dei vini che saranno prodotti quest’anno. La priorità riguarda i sostegni economici alle imprese. Non ne servono di nuovi, ma occorre uno sforzo per rendere le misure varate dal Governo effettive. È fondamentale ridurre la burocrazia. Dal canto nostro lavoreremo per migliorare logistica e distribuzione e attraverso questa strada per aiutare la ristorazione a ripartire». Dall’emergenza Covid-19 ,aggiunge Ettore Nicoletto, Ceo di Bertani Domains (società che fa capo al Gruppo farmaceutico Angelini) «vengono anche alcuni importanti suggerimenti: occorre maggiore equilibrio nei canali distributivi. Le cantine che hanno investito soprattutto sul canale horeca si rendono conto che non ci si può affidare a un unico sbocco anche se è quello più profittevole. La Gdo non è fumo negli occhi come tanti ritenevano e se gestita bene può essere un’ottima soluzione. E poi l’e-commerce che, con tassi di crescita del 150% al mese e un picco del +300% ad aprile è diventato più di una realtà».
Non manca chi qualche segnale di ripartenza anche nel canale horeca comincia a intravederlo. «La versatilità del nostro Prosecco – spiega Stefano Zanette, presidente del Consorzio del Prosecco Doc (486 milioni di bottiglie commercializzate nel 2019) - è sempre stata un elemento di forza e si sta ora rivelando una carta vincente. La ristorazione ancora fa fatica e il catering peggio ancora, ma bar, winebar e american bar stanno mostrando vitalità. Forse le persone dopo tre mesi di lockdown hanno voglia di uscire. E il nostro Prosecco, che va bene dall’aperitivo al dopocena, ne sta traendo beneficio. E anche dai mercati internazionali arrivano segnali positivi. Stiamo ancora cercando di limitare i danni, ma qualcosa si muove».
Secondo Mediobanca il vino italiano subirà danni per almeno due miliardi di euro a causa soprattutto del blocco della ristorazione