La maxicedola mista carta-cash sul tavolo di Fiat-Peugeot
In alternativa ai 5,5 miliardi al vaglio anche strumenti partecipativi per i soci Fiat Fca: «I termini della fusione resteranno invariati» Corsa all’accordo entro luglio
Fica e Psa al lavoro per trovare un’alternativa alla maxi cedola cash entro luglio. Tra le ipotesi un conguaglio ai soci Fca misto tra carta e asset
Il tema della maxicedola finisce sul tavolo della grande fusione Fca-Psa. Come anticipato ieri da Il Sole 24 Ore, negli ultimi giorni si sono registrati i primi contatti tra le parti per capire in che misura modificare la natura del dividendo straordinario da 5,5 miliardi che Fca (-0,9% in Borsa) deve staccare ai propri azionisti. Un passaggio che evidentemente potrebbe indebolire la struttura finanziaria del nuovo gruppo, il quarto nel mondo, che nascerà dall’aggregazione tra le due case automobilistiche.
Da qui la ricerca di soluzioni alternative allo stacco della cedola cash, soluzioni che però non devono rimettere in discussione lo schema dell’operazione nelle sue grandi linee. L’obiettivo è infatti quello di mantenere inalterata la struttura della fusione e i suoi numeri per accelerare un percorso oramai a buon punto. «La struttura e i termini della fusione sono stati concordati e rimangono invariati», ha commentato ieri un portavoce di Fca. Si tratta di «aggiustamenti», come li definiscono negli ambienti finanziari, che puntano a non mettere a rischio l’equilibrio finanziario del nuovo colosso dell’auto in questa debole e incerta situazione economica. I colloqui, si apprende, sono destinati a entrare nel vivo a stretto giro. L’obiettivo è di individuare una strada entro fine luglio, riferisce una fonte vicina al dossier.
Come riportato da questo giornale, sulla carta le soluzioni, alcune già esplorate, sono diverse. Tra queste spiccano alcune opzioni che possono andare da un dividendo interamente in asset a soluzioni miste con un parte molto più ridimensionata di cedola cash da affiancare ad altri tipi di remunerazione. O ancora: alcune fonti riferiscono anche della possibilità di pensare a strumenti partecipativi della nuova realtà che però non compromettano la struttura del voto decisa a dicembre scorso. Il tutto con l’obiettivo di “colmare” quei 5,5 miliardi di risorse destinati ai soci di Fca.
In questo quadro, alcune fonti riferiscono che si sarebbe esaminata la variabile Sevel, la joint venture tra Psa e Fca nel settore dei mini van finita nel mirino dell’Antitrust Ue. La joint venture, ”Sevel Sud”, tra Paglieta e Atessa (Chieti) è operativa dal 1978. La fabbrica italiana è il più grande centro di veicoli commerciali leggeri d’Europa, dove si producono Fiat Ducato, Citröen Jumper e Peugeot Boxer. I dipendenti sono circa 6mila e la produzione nel 2019 è stata nell’ordine di 300mila unità. Secondo alcune stime Sevel potrebbe valere tra 2,5 e 3 miliardi. Far uscire dal perimetro della fusione Fca-Psa potrebbe dunque centrare due obiettivi: superare l’ostacolo Antitrust e e ridimensionare la maxi cedola dei soci Fca. Chiaramente il tutto dovrebbe avvenire dopo un conferimento della quota di Sevel in mano a Psa allo stesso gruppo italo americano. Secondo alcune fonti l’opzione potrebbe essere approfondita nei prossimi mesi. Altre fonti, invece, riferiscono che il piano Sevel sia stato già discusso e poi abbandonato per la complessità dell’operazione.
Le alternative allo studio contemplano anche la possibilità di agire sulla variabile Faurecia. I soci francesi di
Psa hanno previsto nell’ambito della fusione una cedola “legata” al valore di spin off della quota del 46% detenuta da Psa in Faurecia che in occasione dell’annuncio valeva 2,7 miliardi. Non procedere allo spin off di Faurecia, per esempio, e farla rientrare sotto il nuovo colosso dell’auto potrebbe avere il vantaggio di far partecipare anche gli azionisti Fca alla distribuzione della carta della controllata francese. Quanto basta per riequilibrare i pesi e i valori nella fusione immaginata. Magari andando ad aggiungere anche una componente cash nell’ordine di 1,5-2 miliardi più facile da digerire dal nuovo colosso.
Infine c’è chi fa notare che sulla carta basterebbe “trasformare” i 5,5 miliardi cash destinati ai soci Fca in strumenti partecipativi della nuova realtà da girare ai soci Fca. Strumenti liquidabili e in grado di non alterare la struttura del voto e dunque i pesi azionari tra italiani e francesi.