Sindaci con poche chance di agire d’urgenza
Il sindaco non può soddisfare con poteri d’urgenza le attese del tessuto produttivo ampliando gli spazi richiesti dai pubblici esercizi. Come vertice dell’amministrazione locale, ha solo poteri d’urgenza nelle materie affidategli dal Testo unico 267/ 2000 ( incolumità pubblica e sicurezza urbana). Il quadro non cambia nel contesto coronavirus, quando le situazioni igienico sanitarie si fondono a quelle di ordine pubblico: lo stesso legislatore ( articolo 35 Dl 9/ 2020) aveva previsto e limitato gli strappi dei sindaci, vietando le ordinanze in contrasto con le misure statali. Anche nel nuovo decreto del 2 luglio, dove pure si invoca la necessità di venire incontro alle esigenze degli esercizi, si prevede il bilanciamento con le esigenze di residenti e disabili, che devono poter accedere con passaggi conformi alle regole del Codice della strada.
Soprattutto nei centri storici si litiga anche per pochi metri quadrati: gli orientamenti più recenti ( Tar Roma 3865/ 2020), tutelano il decoro del patrimonio e le visuali, scendendo anche in dettaglio annullando ( Tar Roma, 18440/ 2010) la concessione di spazi pubblici sul marciapiede della centrale via del Corso, che da 2,40 metri diventava di soli 40 centimetri.
Secondo i giudici ( Consiglio di Stato 2999/ 2020) occorre distinguere tra aree pubbliche ed aree private con possibilità di transito pubblico: nelle prime è possibile collocare gazebo e tavolini, le seconde non possono essere date in concessione.
I municipi possono intervenire per ragioni di incolumità pubblica e sicurezza urbana