Intesa-Ubi: così l’Ops riapre il risiko bancario
Via alle adesioni dopo il no del consiglio dell’ex popolare Comunque vada, l’Ops innescherà il consolidamento - Fondazioni decisive
Parte domani, a cinque mesi dall’annuncio, l’offerta pubblica di scambio di Intesa Sanpaolo sul 100% di Ubi Banca. Salvo proroghe l’offerta si concluderà il 28 luglio. Intesa Sanpaolo punta al 66,7% del capitale per poter procedere alla fusione in assemblea straordinaria. Ma ha già fatto sapere che accetterà anche il 50% più un’azione. La parola passa agli azionisti di Ubi, decisive saranno le fondazioni Cr Cuneo e Monte di Lombardia. Comunque vada a finire, l’offerta innesca un processo più ampio di aggregazione che coinvolgerà l’intero sistema bancario, a cominciare da Banco Bpm e Monte di Paschi.
Comunque vada a finire, l’Ops lanciata da Intesa Sanpaolo su Ubi Banca sarà l’innesco di un più ampio processo di aggregazioni che coinvolgerà l’intero sistema bancario.
A quasi cinque mesi dall’annuncio, da domani approda sul mercato l’Offerta promossa da Intesa sul 100% del capitale di Ubi. Salvo proroghe l’offerta si concluderà il 28 luglio, pochi giorni dopo il termine massimo del 25 luglio in cui è atteso il pronunciamento finale dell’Autorità Antitrust dopo i via libera già ottenuti da Bce, Consob e Ivass.
Intesa Sanpaolo punta a conquistare il 66,7% del capitale, ovvero la maggioranza qualificata in assemblea straordinaria, per poi poter procedere alla fusione tra i due gruppi. Ma l’offerente ha già fatto sapere che accetterà anche il 50% più un’azione.
Il consiglio di amministrazione di Ubi Banca, nella riunione di venerdì 3 luglio, non ha definito l’offerta ostile, ma « non concordata » e ne ha evidenziato la bassa valutazione. La parola ora passa agli azionisti di Ubi, che individualmente ( i patti di sindacato perdono di validità in caso di offerta pubblica) dovranno decidere se aderire all’Ops di Intesa o mantenere le azioni in portafoglio. Da sempre nei casi di offerta pubblica, i giorni cruciali per le adesioni sono gli ultimi.
I soci chiave
Decisive per la conta finale saranno le mosse delle due Fondazioni azioniste di Ubi cui fa capo complessivamente quasi l’11% del capitale: Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo (5,9%) e Fondazione Banca del Monte di Lombardia (4,96%). Quest’ultima, nell’intervista del presidente Aldo Poli pubblicata su Il Sole 24 Ore del 3 luglio, ha già lanciato segnali di apertura a Intesa. La decisione, così come quella dell’ente di Cuneo, arriverà dopo le valutazioni del comune advisor SocGen e le interlocuzioni col Ministero dell’Economia, che vigila sulle Fondazioni. Un ruolo centrale nelle riflessioni degli amministratori dei due enti lo avranno le previsioni sui dividendi, da cui dipendono le erogazioni a favore del territorio.
Tendenza europea
La mossa di Intesa su Ubi va nella direzione auspicata dalla Vigilanza bancaria della Bce, che spinge per un consolidamento europeo che rafforzi il settore. Un obiettivo che la Vigilanza è decisa a perseguire anche attraverso la preannunciata svolta, ribadita anche la scorsa settimana, sulle richieste di capitale aggiuntivo che finora avevano portato molti banchieri a rinunciare a propositi di fusione.
Il riassetto del settore, in Italia come in Europa, è prossimo a partire e coinvolgerà tutti gli operatori. In caso di successo dell’Ops di Intesa su Ubi, per esempio, come reagirà UniCredit? Finora l’altro campione bancario nazionale aveva escluso di crescere in Italia. Ma poi, in sede di consultazioni con l’Antitrust, ha evidenziato lo squilibrio concorrenziale che si verrebbe a creare con la nascita di Intesa- Ubi. Ne consegue che UniCredit cambierà strategia in Italia? È uno dei temi da verificare nei prossimi mesi, proprio in base all’esito dell’Ops di Intesa, che condizionerà anche le ( comunque inevitabili) mosse degli altri concorrenti.
Reazione a catena
È il caso di Banco Bpm, terzo gruppo bancario in Italia per totale attivo, accreditato sul mercato di una marcia di avvicinamento a Mps, che lo Stato deve privatizzare entro l’anno prossimo. L’attrazione tra le due banche sarebbe quasi inevitabile in caso di esito positivo dell’Ops di Intesa su Ubi. Se invece l’operazione non andasse in porto, la stessa Ubi potrebbe ripetere i falliti tentativi degli ultimi anni con Banco Bpm e con Montepaschi.
Il successo di Intesa su Ubi porterebbe anche al rafforzamento di Bper, candidata a rilevare sportelli e masse gestite in eccesso rispetto ai paletti Antitrust e fino a gennaio vicina alle nozze con la stessa Ubi, fino all’interruzione di un negoziato che difficilmente potrà essere ripreso.
C’è poi da valutare se e come intenderà muoversi il Crédit Agricole che, disponendo di tutte le fabbriche prodotto, potrebbe continuare ad accrescere il network distributivo guardando al Credito Valtellinese (di cui è già socio di minoranza) e/ o a Carige. E infine lo Stato che, oltre a entrare in Mps, è diventato anche azionista-salvatore della Popolare di Bari nell’ambito di un più vasto, ma finora imprecisato, piano pubblico per aggregare altre banche del Sud Italia.