Caos Liguria, per il porto credibilità a rischio
Costa (Terminalisti): «Il danno d’immagine ci fa perdere traffico»
Il terminal Psa di Pra’, il più importante del porto di Genova quanto a movimentazione di container, ha registrato, in questi giorni, un calo tra il 40 e il 42% dei volumi di teu (unità di misura pari a un contenitore da 20 piedi). A spiegarlo è Gilberto Danesi, presidente dell’azienda che fa capo, a livello mondiale, alla Port of Singapore Authority, uno dei più grandi terminalisti del mondo.
«Ai postumi del lockdown per il Covid – spiega Danesi – si sono immediatamente sommati i danni provocati, alla logistica, dalla disastrosa situazione delle autostrade liguri. Una situazione che ci sta creando forti disagi, perché i camion non riescono ad arrivare e le navi cominciano a non venire più. Se si andrà avanti ancora a lungo ci saranno problemi, più che per noi, che possiamo assorbire il colpo, per i terminal più piccoli, che difficilmente potranno reggere».
Per colpa di questa emergenza autostradale, poi, afferma Danesi, «la credibilità internazionale del Paese sta subendo un duro colpo. A Singapore ci stanno percependo come uno dei Paesi meno affidabili dal punto di vista logistico: Psa ha terminal in tutto il mondo e, in questo momento, considerata peggio di noi c’è solo l’India».
Sulla stessa linea anche Beppe Costa, che è presidente dell’associazione dei terminalisti genovesi (aderente a Confindustria Genova). Una compagine della quale fanno parte 21 imprese associate con 2mila addetti diretti. «L’immagine che stiamo dando a livello internazionale – afferma – sicuramente ci fa perdere traffico. Un tempo le notizie viaggiavano più lentamente e quando si creava qualche problema si riusciva tenerlo nascosto. Oggi a Singapore o in Cina sanno quasi in tempo reale che code ci sono a Genova e sulle autostrade limitrofe. Questa è la realtà».
Costa non è d’accordo con l’ottimismo mostrato, in merito alle possibilità di recupero del porto, dal presidente dell’Autorità di sistema portuale di Genova e Savona, Paolo Emilio Signorini (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), il quale si è mostrato fiducioso, nonostante la divisione italiana del colosso cinese Cosco stia consigliando ai clienti di evitare il porto di Genova.
«Il mondo portuale può recuperare – chiosa Costa –, ma non dimentichiamoci che le compagnie decidono oggi di merci che arriveranno qui tra due mesi. I nostri operatori sono certamente efficienti, ma attualmente quali mai informazioni e rassicurazioni possono dare ai clienti, visto che già si sa, ad esempio, che sull’A7 si marcerà bene solo tra qualche anno?
Il ministero dei Trasporti ha impiegato 12 mesi solo per decidere che il viadotto Scrivia va demolito e ricostruito. Non si ha mai la certezza dei tempi. E il nostro settore ne paga le conseguenze. Affrontare il crollo del Morandi, a parte la tragedia delle vittime, dal punto di vista logistico è stato più facile. Si potevano mostrare e utilizzare le soluzioni alternative messe a punto. E così dare garanzie ai clienti. Oggi è complicato. Anche perché le tempistiche di chiusura delle gallerie non vengono mai rispettate».
La merce che viene sbarcata a Genova, prosegue Costa, «è destinata per la maggior parte alla Pianura padana. E le imprese di quell’area sono le più preoccupate, per la situazione delle autostrade liguri. Non sono convinto, come dice Signorini, che l’aggravio di costi determinato dal far arrivare la merce, anziché a Genova, in altri porti più lontani, possa dissuadere le aziende dal tentare quella strada. Credo, invece, che alcune di queste siano pronte a rinunciare al risparmio di qualche euro sulla merce, in cambio della certezza di averla».
Di tutto questo, conclude Costa, «credo che una larga responsabilità l’abbia il ministero dei Trasporti, che dovrebbe ascoltare di più gli operatori. La situazione ora è gravissima e ci vuole più dialogo tra operatori, Autostrade e Mit per trovare soluzioni a quanto accade quotidianamente sulle autostrade».
Danesi (Psa): «Dal punto di vista logistico in questo momento solo l’India è considerata peggio dell’Italia»