La grande chance dell’idrogeno: così l’Italia si gioca il futuro dell’industria pulita
Mercoledì 8 luglio la Commissione europea presenterà la strategia che dovrà supportare la transizione energetica: in ballo la ripartizione dei finanziamenti europei e degli incentivi necessari a raggiungere gli obiettivi In rampa di lancio la “Clean Hydr
L’idrogeno sarà la chiave di volta per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione in Europa entro il 2050. Ne è convinta la Commissione europea che ribadirà il suo orientamento il prossimo 8 luglio, quando presenterà la strategia volta a “costruire un’economia dell’idrogeno per un’Europa senza impatto climatico”. Sul principio più o meno tutti convergono. Le divergenze, che hanno schierato negli ultimi tempi le diverse lobby dell’industria coinvolta, in particolare il settore dell’oil&gas da una parte e il mondo delle energie rinnovabili, sono sul come raggiungere l’obiettivo. Soprattutto su come sarà ripartita la torta dei finanziamenti europei e degli incentivi per supportare una transizione energetica che potrà raggiungere i target di riduzione della CO2 attraverso l’elettrificazione di vari settori ( trasporto, riscaldamento, mobilità) solo fino a un 65% del fabbisogno europeo. Per il resto, soprattutto per supportare acciaierie e impianti chimici che necessitano di un potente combustibile (i cosiddetti settori “hard-to abate”) servirà un gas, ma che possa essere “pulito”, come può essere l’idrogeno. Buona parte dell’idrogeno utilizzato oggi viene prodotto attraverso il processo di steam reforming di gas e carbone e tutto ciò genera CO2, tra 70 e 100 milioni di tonnellate all’anno ha stimato la Ue nella bozza pubblicata nelle scorse settimane. Ma il motivo per il quale la stessa Commissione, come anche l’Agenzia internazionale per l’ambiente e l’Irena ora puntano su questo combustibile è perché i costi per produrre in modo del tutto green l’idrogeno stanno diventando via via più competitivi (soprattutto in grandi impianti che consentono economie di scala), tanto da far ritenere che nel 2030 si possa raggiungere un’equivalenza con l’idrogeno prodotto da fonti fossili. Quest’ultimo, secondo la bozza Ue, oggi ha un costo di 1,5-1,7 euro per chilo. L’idrogeno green è prodotto con energia elettrica di fonte rinnovabile che, attraverso l’elettrolisi, scompone l’acqua in idrogeno e ossigeno. Il costo di questo processo oggi oscilla tra 2,5 e 5 euro. E poi c’è l’idrogeno blu, definizione attribuita alla generazione di questo gas da fonti fossili quando è accompagnata da un processo che scorpora e cattura la CO2, che può essere stoccata altrove. In questo caso il costo si attesta attorno a 2,5 euro al chilo. La Ue individua l’idrogeno green come la strada maestra da intraprendere per la decarbonizzazione, con l’obiettivo di portare a 4 gigawatt di capacità istallata gli impianti di elettrolisi nel 2024 a 40 gigawatt nel 2030, con investimenti fino a 15 miliardi. Ma poiché i costi sono ancora elevati è previsto un periodo transitorio nel quale l’approvvigionamento può essere garantito con idrogeno blu. L’industria del gas&oil (che in Europa si è raggruppata in un’alleanza di 33 aziende, tra cui Equinor, ExxonMobil ed Eni, ma anche associazioni industriali) chiede però un maggiore ruolo per la fonte blu, il che significa maggiori incentivi per un periodo di tempo più lungo. L’Enel, invece, ha sottoscritto un’iniziativa con 10 tra associazioni e aziende, tra cui anche Ibderdola, Vestas, Edp, dal nome “Choose Renewable Hydrogen” per chiedere a Bruxelles di puntare con decisione sull’idrogeno green (anche qui con i conseguenti stanziamenti). La commissione europea al momento ancora non ragiona su come allocare quali risorse: il documento dell’8 luglio sarà ancora molto aperto, ma dovrà comunque tracciare l’indirizzo. Nel frattempo il governo tedesco si è portato avanti varando un piano da 9 miliardi per installare impianti per elettrolisi da 10 gigawatt entro il 2040. I tedeschi corrono anche per colmare le loro lacune: ritardo nello sviluppo delle energie rinnovabili (fondamentali per l’idrogeno green) e per l’arretratezza della rete di trasmissione e di distribuzione elettrica. Tra i loro piani c’è l’obiettivo di creare grandi parchi produttivi da rinnovabili offshore e poi trasportare l’idrogeno nelle tubature di gas presso i grandi impianti energivori nel Paese, saltando l’ammodernamento delle reti elettriche. La Ue invece sollecita investimenti su elettrolizzatori - soprattutto nella prima fase entro il 2024 - direttamente accanto agli impianti produttivi energivori. E poi la Gemania guarda alle alleanze con le case automobilistiche tedesche, per sviluppare l’auto a idrogeno, che forse richiede meno investimenti dell’auto elettrica. Alleanze con case automobilistiche come la Toyota sono state fatte anche dall’Eni, che negli ultimi tempi ha rifocalizzato la sua strategia verso fonti meno inquinanti puntando anche su idrogeno e su tecnologie che consentano la cattura della CO2 direttamente sulle auto. Oltre a investire anche sulle stazioni di servizio per il nuovo gas. E anche qui c’è un fronte di contrapposizione con la strategia delle utilities, che puntano invece su auto elettrica e infrastrutture per le colonnine di ricarica. Eni sta poi lavorando al polo internazionale per la cattura e lo stoccaggio della CO2 a Ravenna, utilizzando i giacimenti di gas esauriti nell’adriatico: tra le ipotesi di sviluppo c’è la produzione di idrogeno blu. Enel, invece, ha di recente recuperato interesse per l’idrogeno green, anche per la possibilità che esso fornisce di “stoccare” in gas l’energia rinnovabile a costi più convenienti rispetto alle batterie. Attraverso Enel green power ha avviato progetti per grandi impianti di elettrolisi in Spagna, Stati Uniti e Cile. Oltre all’idrogeno verde e a quello blu, c’è anche l’idrogeno circolare, per il quale ha sviluppato un’apposita tecnologia il gruppo Maire Tecnimont, attraverso la controllata per la chimica verde NextChem. «Siamo in grado di produrre idrogeno da plastiche non riciclabili e Css abbattendo la CO2 - spiega Fabrizio Di Amato, presidente di Maire Tecnimont -. Questo processo ha un prezzo competitivo, perché può scontare il costo dello smaltimento di questi rifiuti. Siamo pronti per lanciare investimenti anche su elettrolizzatori e contiamo sul governo per accelerare sulla semplificazione. Non possono passare anni per ottenere una Via». NextChem e Eni hanno siglato un accordo per realizzare un impianto waste to hydrogen per la bioraffineria di Porto Marghera ed è allo studio un impianto analogo a Taranto, mentre a Livorno con la stessa tecnologia verrà prodotto metanolo. Frattanto il ministero per lo Sviluppo economico italiano sta lavorando ad alcuni bandi per utilizzare i fondi dei progetti europei Ipcei: uno sarà dedicato alle batterie, un altro a iniziative legate all’idrogeno.
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