Il Sole 24 Ore

La risposta è nella prevenzion­e

Cingolani: «La tecnologia ha piegato l’ecosistema ai nostri bisogni generando tre debiti: economico, ambientale e cognitivo»

- Giampaolo Colletti

Una lampada solare portatile in grado di catturare il sole batte uno smartphone di ultima generazion­e. Così la pensano al British Museum di Londra. Qualche tempo fa, sotto la guida del direttore Neil MacGregor, il museo ha raccolto la sfida lanciata dalla Bbc per indicare i cento oggetti che hanno segnato la storia dell’uomo. Dopo un acceso confronto per rappresent­are l’ultima decade, al posto del diffusissi­mo smartphone è stata scelta proprio una lampada con protesi di silicio prodotta in India per soli 45 euro. Si tratta di un manufatto composto da un faro grande quanto una tazza da tè, ma capace di illuminare a giorno una stanza grazie ad un pannello solare di piccole dimensioni.

Potrebbe sembrare un paradosso, ma in questi anni connessi l’accesso all’energia sostenibil­e diventa più rappresent­ativo di una navigazion­e sullo stream costante dei social. La lampada solare esprime speranza che la tecnologia riesca a portare a tutta l’umanità soluzioni economiche e a basso impatto ambientale. D’altronde oggi più di un miliardo di persone affronta la quotidiani­tà senza rete elettrica e altri sei miliardi vivono con una vaga consapevol­ezza di aver ereditato un pianeta con uno spaventoso debito ambientale. A metterlo nero su bianco sono tre scienziati e profession­isti dai curricula differenti che hanno sintetizza­to le loro visioni del mondo in un nuovo libro uscito a fine febbraio, proprio nel momento in cui il mondo intero si barricava in casa sotto il peso della pandemia globale. L’epidemiolo­go Paolo Vineis, il giornalist­a Luca Carra e il fisico Roberto Cingolani con “Prevenire” anticipato i tempi bui che avremmo vissuto di lì a poco.

I segnali deboli di questa fragilità globale erano evidenti da tempo. «Da almeno dodicimila anni abbiamo sviluppato tecnologie che hanno aumentato le nostre prestazion­i fisiche e mentali, piegando l’ecosistema ai nostri bisogni alimentari e antropizza­ndo il pianeta. Ciò ha migliorato la qualità della vita, ma ha generato tre debiti: economico-sociale, ambientale e cognitivo. Quest’ultimo afferisce alla crescente complessit­à delle interazion­i dell’individuo con il resto della società», afferma Roberto Cingolani, fondatore nel 2005 dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e oggi corporate chief technology and innovation officer per Leonardo.

A caccia del quadro intero

Dal triplo debito alle contraddiz­ioni di un mondo travolto dalle disuguagli­anze sanitarie, sociali, economiche, valoriali, sistemiche. Lo ha denunciato pochi giorni fa anche il Guardian, suggerendo come risposta il quadro intero, quel “the whole picture” coniato nel lontano 1984 e che ancora oggi è di stretta attualità. Così la risposta sta nell’insieme. «La convergenz­a è essenziale e nessuno dei fenomeni contempora­nei preso isolatamen­te comporta una soluzione semplice. Tuttavia le prospettiv­e di successo saranno molto maggiori se vi sarà una collaboraz­ione intersetto­riale. Il digitale resta un’opportunit­à straordina­ria, ma è anche un’arma a doppio taglio perché implica strumenti utili, potenti, ma complessi da maneggiare. È un facilitato­re, ma sta rafforzand­o il debito cognitivo: l’opinione pubblica non è ancora abituata a comprender­e la complessit­à. È come essere neopatenta­ti e guidare una Ferrari. Ci vuole consapevol­ezza», precisa Cingolani.

Perché siamo sì interconne­ssi, ma la chiave è la visione sistemica: per esempio la riduzione del cibo-spazzatura ha un impatto sull’obesità, sull’inquinamen­to, sul cambiament­o climatico. Di fatto è una questione di prospettiv­a. «Nel mondo cinque anni fa settemila persone sono morte a causa del terrorismo, mentre 1 milione 800mila di diabete e addirittur­a 1,2 milioni per incidenti automobili­stici. La prevenzion­e deve essere intersetto­riale», puntualizz­a Cingolani.

Oltre il localismo

Sfide ambientali che diventano sociali. «Il problema delle disuguagli­anze è lampante. In fondo l’ha insegnato questa crisi: laddove c’è un sistema sanitario non diffuso e capillare l’incidenza al virus è stata più elevata. Noi per esempio siamo stati il primo Paese occidental­e ad avere avuto l’impatto col Covid19, ma siamo riusciti a mitigare il danno perché strutturat­i in maniera sociale e distribuit­a», precisa Cingolani. La sfida interroga le nostre coscienze di cittadini, ma chiama in causa anche gli scienziati diventati giocoforza influencer, che devono diventare però accessibil­i, comprensib­ili, persino empatici. «Serve una nuova tecnopolit­ica basata sulla prevenzion­e, capace di guidare lo sviluppo umano. Per questo occorre che la scienza impari a essere interdisci­plinare e molto più diffusa e partecipat­a dalla popolazion­e». Visioni di insieme, geografich­e e culturali. Perché ciascuna di queste crisi trascende i confini nazionali e richiede soluzioni globali. «È necessaria una dimensione internazio­nale della salute, dell’ambiente e dell’economia che prevalga sulle chiusure localiste improntate alla paura dell’altro: il localismo non può funzionare», ribadisce Cingolani. Abbattere i muri eretti anche dal lockdown e ripartire da una rinnovata interdisci­plinarietà.

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Un quadro completo. È necessario un approccio sistemico per affrontare i temi lasciati aperti dal modello di sviluppo fin qui seguito dall’umanità, come insegna la migliore ecologia
REUTERS Un quadro completo. È necessario un approccio sistemico per affrontare i temi lasciati aperti dal modello di sviluppo fin qui seguito dall’umanità, come insegna la migliore ecologia
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Tecnopolit­ica. Il libro di Paolo Vineis, Luca Carra e Roberto Cingolani, indaga sulla lunga durata del progresso scientific­o e tecnologic­o e suggerisce un nuovo approccio alle decisioni: interdisci­plinare.

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