Dal Barolo al Chianti, cantine a caccia di finanziamenti
Il lockdown ha colpito soprattutto i vini di alta qualità che ora attraverso lo strumento del «pegno rotativo», previsto nel decreto Cura Italia, cercano nuovi fondi
Molti immaginano la burocrazia come un mostro a tre teste, ma spesso è semplicemente un cavillo, un piccolo anello mancante. Un esempio viene dal settore del vino che, dopo il lockdown (che ha colpito con particolare forza il vino italiano di qualità, tra i prodotti agroalimentari più esposti alla chiusura di bar e ristoranti) è stato ricompreso dal Decreto Cura Italia tra i comparti nei quali viene autorizzato il cosiddetto pegno rotativo, ovvero un prestito fornito su un bene dato in garanzia e che ha la caratteristica della rotatività, cioè la garanzia può essere trasferita in capo a un bene diverso senza la necessità di rinegoziare il prestito.
Si tratta di uno strumento già da tempo utilizzato nei settori dei prosciutti e dei formaggi di qualità. Comparti nei quali le aziende di solito detengono importanti magazzini di stagionatura il cui valore può essere utilizzato a garanzia del credito. Garanzie che, grazie alla rotatività, possono poi essere trasferite in capo a una nuova partita di prodotto, liberando per il mercato i prosciutti o i formaggi prima in garanzia. Caratteristiche che ben si adatterebbero ai vini di qualità e alle barriques di affinamento e qui subentra la burocrazia. Nonostante il Decreto Cura Italia che ne autorizzava l’estensione anche al vino sia stato pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 17 marzo, del decreto applicativo che doveva essere messo a punto dal Mipaaf a oltre 100 giorni di distanza, ancora non ce ne è traccia.
Un ritardo che rischia di rivelarsi molto pesante visto che le cantine italiane soprattutto quelle di media e piccola dimensione stanno attraversando una gravissima crisi di liquidità. «Le cantine vanno aiutate – spiega il presidente di Unione italiana vini (nonché produttore di Barolo), Ernesto Abbona -. Nelle Langhe ad esempio sono il perno di un diffuso indotto che riguarda la ricettività, la ristorazione il piccolo artigianato agroalimentare. Se vanno in difficoltà le cantine va in crisi tutto un mondo. Se non arriva il decreto Mipaaf o gli accordi consortili le singole imprese devono essere messe in condizione di accedere al mondo bancario».
Qualcuno già si è mosso. Il Consorzio del Chianti classico ha siglato una convenzione con il Monte dei Paschi di Siena per dare il via allo strumento del pegno rotativo che però resta subordinato al decreto Mipaaf. «Una misura – ha commentato il presidente del Consorzio Chianti classico, Giovanni Manetti – che potrebbe rivelarsi essenziale per superare un periodo di difficoltà e dare alle cantine la possibilità di concentrarsi sugli aspetti produttivi per poi tornare sui mercati».
Al Consorzio del Brunello di Montalcino hanno tagliato la testa al toro e senza aspettare il decreto Mipaaf hanno siglato con Credem una convenzione per l’attivazione di una linea di credito a favore delle aziende socie per finanziamenti fino a 150mila euro da restituire in 10 anni. «Un primo paracadute – ha spiegato il presidente del Consorzio. Fabrizio Bindocci – cui seguiranno azioni innovative a partire da prestiti garantiti dalle scorte di vino – che a Montalcino valgono circa 350 milioni di euro – attraverso fondi rotativi o altre formule idonee a garanzia», che restano subordinati al decreto ministeriale.
«Esempi che mostrano come il mondo reale spesso si spinga più avanti di quello amministrativo» commenta il presidente di Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro.
Ma cosa ritarda l’emanazione del provvedimento? È chiaro che lo snodo chiave è quello della valutazione del vino in giacenza. Il vino in affinamento non è un blocco di granito ma un prodotto che varia molto in base alla tipologia, all’annata, all’invecchiamento. Elementi che possono incidere in maniera rilevante sulla valutazione del magazzino e quindi sulle garanzie. Ed è proprio su questo che pare ci siano grandi incertezze al Mipaaf, o almeno è la sensazione che se ne trae consultando la “Guida al registro vitivinicolo” presente sul sito dello stesso ministero delle Politiche agricole laddove (a