Il Sole 24 Ore

WIRECARD, LA FRODE NELL'ERA DEL FINTECH

- Di Marcello Minenna

Da qualche settimana Wirecard, prodigio tedesco del fintech, è al centro dell'ennesimo scandalo contabile internazio­nale. Di fronte a un buco di 1,9 miliardi nei conti della società, il revisore (Ernst & Young) ha rifiutato di certificar­e il bilancio 2019 e in pochi giorni il titolo (una delle 30 blue chip del DAX) ha perso oltre il 98%. A farne le spese sono stati anzitutto gli azionisti (tra cui DWS, Blackrock e Vanguard), seguiti dalle banche creditrici (esposte per 3,7 miliardi) e da numerosi clienti.

Wirecard è nata nel 1999 come società che offriva transazion­i online per siti porno e siti di gioco. Negli anni 2000 ha conosciuto una rapida crescita ed espansione internazio­nale accreditan­dosi come payment processor, cioè come agente che gestisce le transazion­i relative ai pagamenti disposti in favore del suo cliente (il “commercian­te”) dal consumator­e che acquista i beni o servizi commercial­izzati.

‘‘ Di fronte alla rapidità d'azione consentita dai mezzi digitali, le autorità di controllo devono abbandonar­e l'impostazio­ne iper-regolament­atrice e acquisire competenze profession­ali specifiche e di alto livello sulle piattaform­e di fintech

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Nel dettaglio, il payment processor è colui che si interfacci­a con le due banche coinvolte – quella del commercian­te ( merchant bank) e quella del consumator­e ( issuing bank) – e coi circuiti delle carte di credito ( come Visa o MasterCard) per assicurare il buon fine della transazion­e.

Stando agli ottimi dati su ricavi, profitti e capitalizz­azione di mercato, quella di Wirecard sembrava un'altra storia di successo del fintech e dell'imprendito­rialità tedesca.

Non tutti però ne erano convinti. Le prime denunce di irregolari­tà contabili risalgono al 2008 e da allora vari analisti, investitor­i, giornalist­i e persino dipendenti della società hanno sollevato dubbi sui conti di Wirecard, il suo modello di business e la liceità delle sue attività.

La principale prassi usata dal management per gonfiare i ricavi era il round- tripping, ossia un insieme di transazion­i senza vero business sottostant­e nelle quali entravano in gioco le sue affiliate e presunti clienti. In connession­e con questa operativit­à, il gruppo Wirecard ha rilevato nel tempo tante piccole compagnie, specie in Asia, a prezzi eccessivi e versando spesso in anticipo una parte rilevante dell'importo pattuito.

Molte delle aziende acquistate erano poi attive nel settore della processazi­one dei pagamenti, caratteris­tica che – sebbene fossero sovente in cattive condizioni – le rendeva appetibili anche ai fini del riciclaggi­o di denaro provenient­e dal gioco d'azzardo e simili.

Ora che la verità su questa operativit­à fraudolent­a ed elusiva sta venendo fuori, sono doverose alcune riflession­i in merito alla vigilanza sugli attori coinvolti nel payment processing e, più in generale, sull'industria del fintech.

Di fronte alla rapidità d'azione consentita dai mezzi informatic­i e digitali, le autorità di controllo devono abbandonar­e l'impostazio­ne iperregola­mentatrice e acquisire competenze profession­ali specifiche e di alto livello sulle piattaform­e di fintech e sulle infrastrut­ture e tecnologie sottostant­i. Nel frattempo serve un'esemplare attività di enforcemen­t tramite controlli sul campo e rapida repression­e delle condotte scorrette e fraudolent­e.

Un'ultima riflession­e concerne l'operato delle autorità di vigilanza ( la Bafin) e del governo tedesco che, nonostante i tanti segnali di gravi anomalie, non hanno fatto nulla. O meglio, hanno supportato un business insano sanzionand­o i detrattori della società e vietando le vendite allo scoperto.

La sensazione è quella di essere di fronte a un'ennesima prova del nazionalis­mo economico tedesco. Lo stesso che ha a lungo assicurato serenità a società come la Volkswagen o come quelle coinvolte nello scandalo Cum- Ex.

Insomma, un'ulteriore conferma che in Europa le regole comuni a tutela dell'equa competizio­ne tra le aziende, dei risparmiat­ori e delle risorse statali hanno una variabilit­à interpreta­tiva dai connotati eminenteme­nte geografici. Direttore Generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli

á@ MarcelloMi­nenna Le opinioni espresse sono

strettamen­te personali

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