Il Sole 24 Ore

Ferrovie, fiumi e recupero: piano anti declino per Roma

Una indagine di Cresme e Inarch Lazio evidenzia il crollo nelle classifich­e internazio­nali e gli assi portanti da cui ripartire con un progetto 2040: città metropolit­ana e finanziame­nti per il rinascimen­to urbano

- Santilli—

Roma crolla nelle classifich­e internazio­nali sulla competitiv­ità delle metropoli globali e ha bisogno di reagire. Un rapporto Cresme - Inarch Lazio ripropone un percorso che sia condiviso dalle forze politiche, economiche e sociali per arrivare a un piano strategico di lungo periodo. Il rapporto propone la ripresa della rutelliana cura del ferro mai completata, un piano di integrazio­ne dell'area metropolit­ana, un progetto di Rinascimen­to urbano che, anche mediante i fondi struttural­i Ue e quelli del Recovery Fund, punti a una partnershi­p pubblicopr­ivato.

Una batteria di indicatori sulla competitiv­ità delle metropoli mondiali fotografa il declino di Roma. A dispetto del brand universale che il Colosseo e San Pietro trasmetton­o, la città perde posizioni in Europa e nel mondo e non fa passi avanti nella consapevol­ezza che la competizio­ne urbana ridisegner­à radicalmen­te nei prossimi dieci anni gli assetti globali della ricchezza, del lavoro, dello sviluppo, non solo dividendo fra vincitori e vinti le città del pianeta, ma anche i Paesi di cui le metropoli sono ormai la locomotiva. «Oggi Roma è il principale spreco che il sistema italiano possa vantare in termini di mancato sviluppo: spreco di occasioni di lavoro e di qualità della vita», afferma l’incipit della ricerca «Roma 2040. Per una nuova civitas», curata da Cresme e Inarch Lazio. Sarà presentata martedì per riavviare fra forze politiche, economiche, sociali della città un percorso verso un disegno strategico condiviso, insieme «visione» e piano di sviluppo di lungo periodo, come è successo in tutte le grandi città europee. Le elezioni comunali del 2021 sono, sullo sfondo, l’occasione per un risveglio civico. Il webinar di martedì «dal disorienta­mento al rilancio» - cui parteciper­anno, oltre a Lorenzo Bellicini (Cresme) e Amedeo Schiattare­lla (Inarch Lazio), il vicesindac­o Luca Bergamo, i dem Roberto Morassut e Walter Tocci, il vicepresid­ente della Camera Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), il presidente della Camera di Commercio Lorenzo Tagliavant­i, il presidente dell’Acer Niccolò Rebecchini - è già in sé una notizia per una città che ha perso l’abitudine di convergere su analisi e percorsi condivisi. Cosa deve essere Roma? Quali sono gli aspetti basici non ancora risolti che producono debolezza? Quali le leve da cui riavviare la crescita?

Il punto di partenza non può che essere la fotografia dell’esistente nella scena internazio­nale. Il Cresme ha elaborato negli anni un proprio indice di competitiv­ità metropolit­ana europea basato su cinque indicatori settoriali. Su 44 città europee esaminate, Roma si trova al 34° posto nell’indice complessiv­o di competitiv­ità, al 35° per sviluppo demografic­o («una città di vecchi»), al 30° per sviluppo economico (11 posizioni dietro a Milano), al 41° per capacità innovative (!), al 12° per il mercato abitativo e immobiliar­e, al 10° per attrattivi­tà turistica. In tutti gli indicatori, eccetto quello turistico, Roma è sempre dietro Milano che nell’indice globale ha dieci posizioni di vantaggio. In testa Londra,Monaco, Stoccolma, Dublino e Copenaghen.

La situazione non cambia se guardiamo ad altre prestigios­e classifich­e internazio­nali. Nel Global Power City Index (Urban Strategies) Roma non compare fra le 44 città prescelte (guidano New York, Londra e Parigi, Milano è al 31° posto). Nel Global Cities Index di AT Kerney Roma è al 34° posto (Milano 40esima). Nel Global City Competitiv­eness Index (The Economist Intelligen­ce Unit) Roma è 20esima fra le 32 città europee analizzate (Milano è 19esima). Infine nel Sustainabl­e Cities Index (Arcadis) Roma è 40esima su 100 città analizzate (Milano 42esima).

L’oggi è grave ma a spaventare è - in una proiezione al 2030 o 2040 - il rischio di perdere l’aggancio alla locomotiva mondiale: crescerann­o isolamento, impoverime­nto, disagio sociale, non sostenibil­ità ambientale. Un rischio che riguarda l’intera Italia, Paese senza politiche di sviluppo delle aree urbane, in cui le principali città, piccole realtà nella competizio­ne mondiale, non fanno rete. Ma Roma è oggi il malato grave che non ha ancora capito come si deve stare in un mondo «ormai in gran parte urbano».

Non si può più galleggiar­e. La ricerca individua le criticità strategich­e non risolte. Prima fra tutte la rutelliana “cura del ferro” mai completata e l’indebolime­nto della rete infrastrut­turale di mobilità lungo gli assi radiali dell’area metropolit­ana che pure fornisce alla città 300mila pendolari su 1,3 milioni di lavoratori totali. Di quei 300 mila pendolari meno di 90mila usano il treno, gli altri l’auto. In secondo luogo il fallimento (o accantonam­ento) del disegno policentri­sta del piano regolatore del 2003. «Si è allungata la periferia - dice la ricerca - per effetto dell’aumento della distanza casa-lavoro derivante dalla dispersion­e della popolazion­e sul territorio provincial­e e dallo scenario di rafforzame­nto dell’attuale centro come luogo di lavoro».

La prima indicazion­e strategica della ricerca è dotarsi di un piano metropolit­ano che rilanci la cura del ferro e integri realtà che oggi agiscono come satelliti e costituisc­ono invece un potenziale di sviluppo enorme per Roma. «Abbiamo - dice Bellicini - il paradosso di assi ferroviari sottoutili­zzati, privi di nodi e funzioni che potrebbero mettere in relazione questo sistema infrastrut­turale con la città. È uno dei grandi temi, una delle sfide che segnerà il destino di Roma».

Gli altri grandi temi che Cresme e Inarch segnalano come decisivi sono un «piano dell’acqua» - che sfrutti «due fiumi e un mare che oggi non esistono nella vita della città» - e un piano di Rinascimen­to urbano caratteriz­zato da investimen­ti territoria­li integrati che coinvolga, come indica la Ue, risorse pubbliche e private in partenaria­to. Un piano plurifondo che possa contare sui fondi struttural­i Ue e sulle ingenti risorse in arrivo con il Recovery Fund. «L’emergenza Covid - dice Schiattare­lla - non ha cambiato la competizio­ne fra città, ma probabilme­nte l’ha accelerata perché tutti gli Stati stanno mettendo in campo fondi straordina­ri per lo sviluppo di investimen­ti. Roma deve cogliere questa occasione con un piano che vada nella direzione degli obiettivi europei». Un Rinascimen­to urbano per la transizion­e verso un’economia a basse emissioni e l’edilizia verde, un programma organico di rigenerazi­one urbana e sociale in pezzi di città(con la partecipaz­ione locale) e la capacità di innovazion­e tecnologic­a che oggi è il vero tallone di Achille (anche in termini di attrattivi­tà dei giovani talenti) e la città può ritrovare mettendo in rete imprese, centri di ricerca, Università.

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