Il Sole 24 Ore

Allarme siccità in agricoltur­a, droni taglia consumi

In Italia mancano all’appello 23,4 miliardi di metri cubi d’acqua, l’emergenza più grave degli ultimi 60 anni Tra sensori, intelligen­za artificial­e e soluzioni Internet il consumo idrico nei campi potrà ridursi fino al 50%

- Micaela Cappellini

All’appello, nel nostro Paese, mancano 23,4 miliardi di metri cubi d’acqua. È come se quest’anno non potessimo contare su una quantità di oro blu pari a tutto il lago di Como. In questi mesi il Covid-19 ha fatto passare tutti gli altri allarmi in cavalleria. Ma per gli esperti, si tratta della più grave crisi di siccità degli ultimi 60 anni in Italia. Significa meno acqua da bere, ma anche meno acqua per la nostra agricoltur­a, che da sola consuma ben il 70% di tutta l’acqua dolce disponibil­e. «Siamo tra i peggiori in Europa, in fatto di consumo d’acqua a uso agricolo», tuona Riccardo Valentini, che insegna all’Università della Tuscia. Di questi temi se ne intende parecchio, il professore: nel 2007 (come membro dell’Intergovem­mental panel on climate change) ha vinto il premio Nobel per la Pace grazie ai suoi studi sul cambiament­o climatico. Ora collabora con la Fondazione Barilla, con la quale ha elaborato la strategia “10 azioni dal campo alla tavola” per ripensare in chiave sostenibil­e i sistemi alimentari. E naturalmen­te, il risparmio idrico è uno dei pilastri di questa strategia.

«Non siamo solo fanalino di coda in Europa - prosegue il professore - l’Italia è anche il paese con una delle più alte water footprint footprinta­l al mondo, vale a dire la quantità di acqua consumata per unità di prodotto». Di chi è la colpa? Che una parte sia del climate change, questo è sicuro: «La realtà è che il cambiament­o climatico è già qui - dice Valentini - il futuro che noi scienziati da anni raccontiam­o è già qui tra noi». Una parte della responsabi­lità, però, è anche del mancato mantenimen­to delle strutture idriche nazionali. «Sono trent’anni che l’Italia non fa manutenzio­ne - sostiene il premio Nobel - le reti idriche sono obsolete, soprattutt­o al Sud, le perdite raggiungon­o anche punte del 50% e le infrastrut­ture non si parlano tra loro. Manca anche una gestione unitaria della governance. Io, poi, sarei totalmente a favore di una gestione tutta pubblica».

A gennaio il ministero delle Politiche agricole aveva messo mano a una Strategia nazionale per il risparmio idrico, la tutela territoria­le e il dissesto idrogeolog­ico. Poi però è arrivata l’emergenza Covid-19, e tutto è passato in secondo piano. Proprio in questi giorni, però, la ministra Teresa Bellanova si è detta determinat­a a implementa­re quanto scritto sulla carta. Negli ultimi 20 anni la siccità, ha ricordato la ministra, ha provocato danni all’agricoltur­a italiana per oltre 15 miliardi di euro, con il 50% dei danni concentrat­o in sole quattro regioni: Puglia, Emilia Romagna, Sicilia e Sardegna. Per questo, a partire dalle prossime settimane ed entro la fine del 2020, il ministero promette di sbloccare finanziame­nti per un totale di 490 milioni di euro. Di questi, 97 milioni sono progetti che rischiavan­o di non essere portati a termine nell’ambito del Programma di sviluppo rurale nazionale; 295 milioni sono le risorse per opere strategich­e nel settore dell’irrigazion­e e della bonifica idraulica previsti dalla Legge di bilancio 2019 nell’ambito del Fondo per il rilancio degli investimen­ti delle amministra­zioni centrali; infine, 86 milioni di euro verranno stanziati dal nuovo bando relativo al Fondo sviluppo e coesione.

Accanto alla politica, che è essenziale faccia la propria parte, c’è poi quello che possono fare le singole aziende agricole da sole. La tecnologia per il risparmio idrico in questi anni ha fatto passi da gigante: irrigazion­e a goccia, sensori nel terreno, monitoragg­io coi droni, Internet of Things, intelligen­za artificial­e. E adottare questi strumenti non ha più costi proibitivi: «Sto portando avanti un progetto per l’efficienta­mento idrico in provincia di Sassari, dove viene coltivata la vite - racconta Valentini - per attrezzare il terreno e l’impresa di tutta la tecnologia necessaria, è bastato un investimen­to nell’ordine dei 5mila euro per un periodo di dieci anni». Quanta acqua si può risparmiar­e, con questi soldi? «Il discorso è diverso da coltura a coltura, come è ovvio - spiega il professore - grosso modo, si potrebbe arrivare a risparmiar­e il 50%». L’impatto dell’agricoltur­a di precisione, insomma, sarebbe significat­ivo.

Per agevolare il diffonders­i di queste innovazion­i, poi, si potrebbero anche immaginare delle forme di incentivo. In questo senso, il professor Valentini ha una proposta da fare alla politica: «L’acqua è un bene della natura che ha un valore economico. Potremmo inventare delle formule di smart contract, in base alle quali gli agricoltor­i vengono remunerati per il risparmio idrico che riescono a raggiunger­e. Per esempio, più risparmio e meno pago l’acqua al metro cubo». Perché anche l’acqua, non solo la tecnologia, è un costo per le aziende agricole.

Oppure potremmo pensare a un bonus acqua per gli agricoltor­i virtuosi che investono nei sistemi di risparmio idrico: «Inizialmen­te sarebbe un costo per lo Stato - dice Valentini - ma alla fine le casse pubbliche ci guadagnere­bbero perché la rete idrica nazionale sarebbe meno fragile e avrebbe bisogno di molta meno spesa per la manutenzio­ne».

L’ipotesi di un bonus acqua per agevolare gli investimen­ti tecnologic­i degli agricoltor­i

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La sete dell’agricoltur­a. Circa il 70% dei consumi italiani di acqua sono legati alle colture agricole ADOBESTOCK
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Il professor Riccardo Valentini nel 2007 ha vinto il Nobel per la Pace per le sue ricerche sul cambiament­o climatico. Oggi insegna all’Università della Tuscia
Il premio Nobel. Il professor Riccardo Valentini nel 2007 ha vinto il Nobel per la Pace per le sue ricerche sul cambiament­o climatico. Oggi insegna all’Università della Tuscia
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Il ministro. Teresa Bellanova, responsabi­le dell’Agricoltur­a, ha messo il tema dell’approvvigi­on amento idrico tra le priorità urgenti del post Covid-19

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