Giustizia tributaria senza pc e formazione (ma non per il Mef)
Le Commissioni sono impreparate ad affrontare la nuova videoudienza «a regime»: dotazioni informatiche inadeguate, con formazione carente per giudici e personale
Il decreto Mef sulle udienze da remoto a «regime» delle Commissioni tributarie prende forma con l’ok del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt). Quasi tutte le Ct italiane sono, tuttavia, impreparate ad affrontare il contraddittorio online. In gioco ci sono ricorsi pendenti da 41 miliardi di euro (dato 2019), ma la giurisdizione, spiega il presidente del Cpgt Antonio Leone, sembra «abbandonata dal legislatore». Il Mef però non è d’accordo.
Idue monitor da 50 pollici inviati alla Ctp di Vicenza per svolgere la video-udienza da remoto restano imballati perché oltre a non esserci assistenza per le installazioni, nelle aule mancano le prese per la connessione internet. Un caso emblematico, ma non isolato: quasi tutte le Commissioni tributarie italiane presentano, a vario titolo, carenze dell’infrastruttura informatica, pur essendo vicino il varo del decreto del Dipartimento delle finanze del Mef sulla udienza da remoto a «regime». E pensare che, almeno sulla carta, la giurisdizione tributaria era nelle condizioni di essere la prima ad avviare questa forma di contraddittorio virtuale, grazie all’articolo 16, comma 4, del Dl 119/2018, che aveva previsto in modo anche abbastanza lungimirante la video-udienza. E invece, paradossalmente, è stata l’unica – rispetto al civile, al penale e all’amministrativo – a non aver neanche avviato l’udienza da remoto nel periodo emergenziale, con grave danno per i contribuenti e l’Erario. Una lacuna arginata solo dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt), l’organo di autogoverno, con una serie di linee guida ai giudici per aggirare l’impossibilità di svolgere udienze pubbliche per il rischio epidemiologico, come per esempio il contraddittorio «documentale», ossia il deposito di memorie.
Infrastruttura informatica carente
Il tema “tasse” è al centro dell’agenda del Governo, così come la lotta a tutte le forme di evasione fiscale. La stessa cosa non può dirsi – è il malcontento dei professionisti del fisco – per le liti tributarie. Eppure le Commissioni di ogni ordine e grado affrontano contenziosi di un certo peso: nel 2019 erano pendenti ricorsi per un totale di 40,7 miliardi euro. Una montagna di soldi che, in proporzione, vale oltre due punti percentuali di Pil. Gli addetti ai lavori puntano il dito sulla gestione di questa giurisdizione, che fa capo al ministero dell’Economia, trattata – dicono – come «una sorta di Cenerentola rispetto a quella ordinaria, sotto il ministero della Giustizia».
In vista dell’attuazione definitiva della videoudienza a regime, il Sole 24 Ore del Lunedì ha contattato i presidenti delle Commissioni più rappresentative, per sapere se – allo stato attuale – siano in grado di far fronte a contenziosi in video conferenza. Ciò che emerge è una giurisdizione a più velocità, con Ctr (poche) capaci di assolvere alla video-udienza, altre prive di tutti gli strumenti informatici e altre ancora dotate dell’infrastruttura ma nell’impossibilità di utilizzarla per mancanza di assistenza o di connessione. Come per esempio la Ctr del Veneto: il presidente Massimo Scuffi spiega che «la Commissione è nelle condizioni di svolgere regolarmente una video-udienza», ma «sono utilizzati per lo più mezzi informatici personali» e resta «una certa difficoltà nella tenuta delle connessioni», senza contare che «da inizio anno mancano ancora alcuni video».
In Lombardia le cose sembrano andare peggio, tanto che il presidente Domenico Chindemi spiega che non ci sono né strumenti informatici, né formazione dei giudici. Tuttavia «appare inutile - spiega - dotare le Commissioni di costose strumentazioni che non sarebbero mai utilizzate perché il collegamento non avverrebbe presso la sede della Commissione ma a casa di ciascun giudice e del segretario», riferendosi all’articolo 135 del Dl Rilancio che consente anche il collegamento da remoto dalla abitazione. Al Sud le cose sembrano andare peggio: in Puglia il presidente della Ctr Michele Ancona afferma che non ci sono né strumenti, né connessione, né formazione. Insomma, come dice anche il presidente della Ctr Piemonte Roberto Punzo, la video-udienza «sarà un salto nel buio». Il 1° luglio, infine, nelle Commissioni di Roma e del Lazio doveva partire la sentenza digitale: ma a oggi pure questo progetto risulta in stallo.
Per il Mef, invece, tutte le Ctr e Ctp sono dotate di Intenet, punti rete e postazioni informatiche
Il 1° luglio era prevista la partenza della sentenza digitale dalle Ct di Roma e del Lazio: progetto in stallo
La posizione del Mef
La versione delle Commissioni è fortemente contraddetta dal Mef. Per il ministero, infatti, «in tutte le Cctt, provinciali e regionali, la connessione internet è da anni garantita attraverso l’erogazione del servizio fornita dal gestore a fronte del Contratto Quadro Consip». Aggiunge che «tutte le aule di udienza risultano dotate di punti rete per la connessione ad Internet, delle necessarie postazioni informatiche e di uno schermo Tv da 55 pollici». E conclude che «il ministero dell’Economia e delle finanze presidia costantemente e in modo efficace la gestione e lo sviluppo dei servizi informatici della giustizia tributaria». Come si vede, la divergenza del racconto non è di poco conto.