Il futuro è dei turisti ma manca la strategia
Fosse “solo” un problema di tutela dei consumatori, sarebbe da metterci la firma. Invece il taglio drastico dei voli rispetto ai programmi pre-Covid può diventare strutturale e colpire vari settori economici. E l’Italia è uno dei Paesi più esposti.
Sotto gli occhi abbiamo il cortocircuito nato tra compagnie aeree e passeggeri: le prime hanno bisogno di liquidità e fanno resistenze sui rimborsi per i voli cancellati, i secondi temono di incappare in cancellazioni o altri lockdown e non si fidano di prenotare. Ma i passeggeri preoccupati di non riavere i soldi sono gli stessi che rappresentano il futuro del settore aereo.
Lo dice uno studio di Steer Davies Gleave, società internazionale di consulenza su infrastrutture e trasporti: la pandemia porta un calo di passeggeri business destinato a diventare strutturale (continuerà a viaggiare solo chi ha mansioni strettamente operative), quindi diventa importante il mercato leisure (chi vola nel tempo libero, quindi a sue spese). Clientela in grado di riattivare un circolo virtuoso, come sembrano indicare i dati sui voli di luglio (si veda a sinistra): gli scali dove sono diminuiti di meno rispetto ai programmi pre-Covid sono quelli della Puglia, dove finora il coronavirus ha colpito poco e la Regione ha sfruttato questo per avviare prima delle altre alcune campagne di promozione turistica, attraendo molti turisti. A favore degli aeroporti pugliesi ci sono le carenze degli altri mezzi di trasporto: la ferrovia adriatica non è ad alta velocità e l’autostrada A14 ha avuto seri problemi di code per i viadotti sequestrati.
L’aereo resta fondamentale anche per i turisti diretti nel resto del Sud, esclusa la Campania che è più centrale e ha l’alta velocità ferroviaria. E resta importante per i flussi turistici dall’estero verso tutta Italia. Ma la politica sta facendo scelte che potrebbero persino ostacolarlo.
Se le compagnie low cost hanno tolto il primato all’Alitalia, è anche perché offrono voli diretti fra città anche non grandi senza passare dagli hub, perni della rete delle compagnie “tradizionali”.
Invece il Governo punta tutto sul salvataggio Alitalia, non solo ricapitalizzandola e rinazionalizzandola, ma anche creando ostacoli alla concorrenza. Come il modello di gestione centralizzata (di tipo spagnolo) previsto dal disegno di legge delega sul riordino del trasporto aereo, il tentativo di imporre contratti di lavoro italiani indiscriminatamente anche al personale di compagnie estere e le ipotesi di modifica alle linee guida del 2016 sugli incentivi all’avvio di nuove rotte. I precedenti tentativi di salvare l’Alitalia penalizzando la concorrenza non hanno giovato nemmeno alla stessa compagnia.
Finisce per avere un ruolo anche l’Art (Autorità di regolazione dei trasporti), che lavora su nuovi modelli di tariffe aeroportuali che penalizzino gli scali con politiche commerciali attrattive per nuovi vettori, come quelli periferici. I gestori vanno incontro anche a costi più alti, non solo per le misure anti-Covid (che pesano molto anche sulle compagnie) ma anche per i nuovi obblighi sui contratti di lavoro delle imprese loro appaltatrici, che equiparano addetti esterni non specializzati a interni qualificati. Unica misura recente a favore dei gestori, l’allungamento di due anni delle concessioni.