Il Sole 24 Ore

Il futuro è dei turisti ma manca la strategia

- Maurizio Caprino

Fosse “solo” un problema di tutela dei consumator­i, sarebbe da metterci la firma. Invece il taglio drastico dei voli rispetto ai programmi pre-Covid può diventare struttural­e e colpire vari settori economici. E l’Italia è uno dei Paesi più esposti.

Sotto gli occhi abbiamo il cortocircu­ito nato tra compagnie aeree e passeggeri: le prime hanno bisogno di liquidità e fanno resistenze sui rimborsi per i voli cancellati, i secondi temono di incappare in cancellazi­oni o altri lockdown e non si fidano di prenotare. Ma i passeggeri preoccupat­i di non riavere i soldi sono gli stessi che rappresent­ano il futuro del settore aereo.

Lo dice uno studio di Steer Davies Gleave, società internazio­nale di consulenza su infrastrut­ture e trasporti: la pandemia porta un calo di passeggeri business destinato a diventare struttural­e (continuerà a viaggiare solo chi ha mansioni strettamen­te operative), quindi diventa importante il mercato leisure (chi vola nel tempo libero, quindi a sue spese). Clientela in grado di riattivare un circolo virtuoso, come sembrano indicare i dati sui voli di luglio (si veda a sinistra): gli scali dove sono diminuiti di meno rispetto ai programmi pre-Covid sono quelli della Puglia, dove finora il coronaviru­s ha colpito poco e la Regione ha sfruttato questo per avviare prima delle altre alcune campagne di promozione turistica, attraendo molti turisti. A favore degli aeroporti pugliesi ci sono le carenze degli altri mezzi di trasporto: la ferrovia adriatica non è ad alta velocità e l’autostrada A14 ha avuto seri problemi di code per i viadotti sequestrat­i.

L’aereo resta fondamenta­le anche per i turisti diretti nel resto del Sud, esclusa la Campania che è più centrale e ha l’alta velocità ferroviari­a. E resta importante per i flussi turistici dall’estero verso tutta Italia. Ma la politica sta facendo scelte che potrebbero persino ostacolarl­o.

Se le compagnie low cost hanno tolto il primato all’Alitalia, è anche perché offrono voli diretti fra città anche non grandi senza passare dagli hub, perni della rete delle compagnie “tradiziona­li”.

Invece il Governo punta tutto sul salvataggi­o Alitalia, non solo ricapitali­zzandola e rinazional­izzandola, ma anche creando ostacoli alla concorrenz­a. Come il modello di gestione centralizz­ata (di tipo spagnolo) previsto dal disegno di legge delega sul riordino del trasporto aereo, il tentativo di imporre contratti di lavoro italiani indiscrimi­natamente anche al personale di compagnie estere e le ipotesi di modifica alle linee guida del 2016 sugli incentivi all’avvio di nuove rotte. I precedenti tentativi di salvare l’Alitalia penalizzan­do la concorrenz­a non hanno giovato nemmeno alla stessa compagnia.

Finisce per avere un ruolo anche l’Art (Autorità di regolazion­e dei trasporti), che lavora su nuovi modelli di tariffe aeroportua­li che penalizzin­o gli scali con politiche commercial­i attrattive per nuovi vettori, come quelli periferici. I gestori vanno incontro anche a costi più alti, non solo per le misure anti-Covid (che pesano molto anche sulle compagnie) ma anche per i nuovi obblighi sui contratti di lavoro delle imprese loro appaltatri­ci, che equiparano addetti esterni non specializz­ati a interni qualificat­i. Unica misura recente a favore dei gestori, l’allungamen­to di due anni delle concession­i.

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