Il Sole 24 Ore

Controllo a tavolino, cartella annullata se il Fisco non risponde all’autotutela

Secondo la Ctr Calabria decade l’intero atto se l’istanza non ha riscontri Ma Cassazione e Consulta hanno stabilito la natura discrezion­ale dell’istituto

- Alessandro Borgoglio

Annullata la cartella di pagamento scaturente dal controllo automatizz­ato qualora l’ufficio non abbia risposto all’istanza di autotutela presentata dal contribuen­te, costringen­dolo a impugnare la cartella. Lo ha stabilito la Ctr della Calabria, con la sentenza 811/3/2020 (presidente e relatore Bombino).

Il caso

Un consorzio aveva ricevuto una cartella di pagamento a seguito della liquidazio­ne della dichiarazi­one dei redditi prevista dall’articolo 36bis del Dpr 600/ 1973, con la quale erano state recuperate a tassazione alcune perdite pregresse dichiarate. Il consorzio presentava istanza di autotutela, ma il Fisco non rispondeva; da qui l’impugnazio­ne della cartella. A seguito del ricorso, l’ufficio annullava parzialmen­te la pretesa indicata nella cartella, come richiesto nell’istanza di autotutela, mentre lasciava inalterata la residuante parte.

La sentenza

I giudici di primo grado annullavan­o completame­nte la cartella, perché il Fisco non aveva risposto tempestiva­mente all’istanza di autotutela. Il collegio regionale, confermand­o tale decisione, ha richiamato datata giurisprud­enza di legittimit­à, per cui in uno Stato moderno l’interesse del Fisco non è quello di costringer­e il contribuen­te a soddisfare pretese ingiuste, approfitta­ndo di situazioni sfavorevol­i sul piano amministra­tivo o processual­e, ma quello di curare che il prelievo fiscale sia in armonia con l’effettiva capacità contributi­va del soggetto passivo; le regole di imparziali­tà, buona fede e correttezz­a costituisc­ono il limite esterno al potere della pubblica amministra­zione, e tali regole impongono che essa, una volta informata dell'errore, compia le necessarie verifiche e poi, accertato l’errore, annulli il provvedime­nto riconosciu­to illegittim­o o comunque errato, non residuando alcuno spazio per la mera discrezion­alità, anche quando il contribuen­te abbia per incuria fatto scadere il termine di impugnazio­ne dell’atto impositivo (Cassazione 2575/1990, 6283/ 2012).

Secondo la Ctr, l’orientamen­to maggiorita­rio della giurisprud­enza di legittimit­à è per una «discrezion­alità estremamen­te limitata » del Fisco: ciò non solo perché esiste una disciplina specifica e dettagliat­a dell’autotutela tributaria che la differenzi­a da quella amministra­tiva, ma anche in consideraz­ione del fatto che se l'attività impositiva è vincolata ai principi costituzio­nali di legalità, giusta tassazione e buon andamento, così, specularme­nte, deve ritenersi vincolata agli stessi principi l’autotutela.

Le ultime pronunce

La giurisprud­enza di legittimit­à più recente, però, è giunta a diverse conclusion­i, stabilendo che l’autotutela tributaria costituisc­e un potere esercitabi­le d’ufficio da parte delle agenzie fiscali, sulla base di valutazion­i largamente discrezion­ali, e non uno strumento di protezione del contribuen­te.

Il privato può, naturalmen­te, sollecitar­ne l’esercizio, segnalando l’illegittim­ità degli atti impositivi, ma la segnalazio­ne non trasforma il procedimen­to officioso e discrezion­ale in un procedimen­to a istanza di parte da concludere con un provvedime­nto espresso ( Cassazione 4160/ 2018). E anche la Consulta - come osservato pure dai giudici calabresi - si è così pronunciat­a, stabilendo, anche in ambito tributario, la natura pienamente discrezion­ale dell’annullamen­to d’ufficio ( si veda in questo senso la sentenza 181/ 2017 della Corte Costituzio­nale).

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