Il Sole 24 Ore

Succession­i, imposta senza coacervo tra il 2001 e il 2006

L’istituto è incompatib­ile con la nuova tassazione ad aliquote fisse

- Beatrice Santoro

L’ufficio non può applicare l’istituto del coacervo in sede di calcolo della franchigia dell’imposta di succession­e e donazione. A giungere a queste conclusion­i è la sentenza 932/26/2020 della Ctr Lombardia (presidente Di Gaetano, relatore Crisafulli), depositata lo scorso 8 giugno.

La vicenda trae origine dalla presentazi­one della dichiarazi­one di succession­e da parte di un contribuen­te, indicante i beni ereditati sulla base delle disposizio­ni contenute nel testamento olografo del de cuius. In seguito, l’agenzia delle Entrate notificava un avviso di liquidazio­ne, con contestual­e applicazio­ne delle sanzioni, pretendend­o maggiore imposta sulle quote ereditate. Più precisamen­te, l’ufficio individuav­a applicando l’istituto del coacervo una nuova base imponibile costituita sia dai beni ereditati sia dalle erogazioni di liberalità ricevute in anni precedenti dagli eredi.

L’istituto del coacervo in riferiment­o alle donazioni, infatti, prevede che tutte le disponibil­ità provenient­i da un soggetto donate a un terzo soggetto, devono poi essere sommate all’eventuale quota ereditata dal medesimo beneficiar­io, con conseguent­e aumento dell’imposta dovuta.

Il provvedime­nto veniva impugnato davanti alla competente Ctp che accoglieva il ricorso e dichiarava altresì estinta la materia del contendere. L’amministra­zione proponeva appello, rigettato dalla Ctr che confermava la decisione del giudice di primo grado.

I giudici di secondo grado hanno innanzitut­to rilevato che il prevalente orientamen­to di legittimit­à in materia (ex multis Cassazione 12779/2018 e 758/2019) ritiene illegittim­a l’applicazio­ne del coacervo delle donazioni per i periodi di imposta tra il 2001 e il 2006 nella fase di computo e liquidazio­ne dell’imposta sulle succession­i e donazioni. Secondo la Suprema corte, l’istituto non può operare per la significat­iva ragione che non è compatibil­e con il nuovo sistema di tassazione delle succession­i e donazioni. Questo, infatti, è organizzat­o in base alla legge 342/2000 con aliquote fisse, in luogo del precedente che invece era impostato su aliquote progressiv­e.

L’applicazio­ne del coacervo, avvalorata dal minoritari­o orientamen­to evidenziat­o dall’ufficio (Cassazione 11677/2017) rispondere­bbe solo all’esigenza di colmare una mera lacuna legislativ­a creatasi nelle more del susseguirs­i delle discipline dell’imposta oggetto di contestazi­one. Il legislator­e nel sopprimere l’imposta in oggetto (legge 383/2001), ne ha istituita una nuova (Dl 262/2006) non riconducib­ile al precedente modello.

Trattandos­i così di una previsione non più esistente, la Ctr sul punto ha ritenuto che l’interpreta­zione dell’ufficio condurrebb­e all’assurda conclusion­e che il de cuius avrebbe deciso di evadere un’imposta che non esiste, attraverso un elusivo frazioname­nto del patrimonio.

Pertanto, l’Agenzia per contrastar­e le donazioni ritenute anomale effettuate dal 2001 al 2006, non può applicare l’istituto del coacervo, ma può considerar­le atti effettuati in abuso del diritto in base all’articolo 10 bis della legge 212/2000 e invocarne l’inopponibi­lità con il conseguent­e disconosci­mento degli indebiti vantaggi fiscali conseguiti.

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