Il Sole 24 Ore

Per l’immobile profession­ale sconto a geometria variabile

La deducibili­tà delle quote è differenzi­ata in base alla data di acquisto del bene utilizzato solo per l’esercizio dell’attività. Regole diverse se l’uso è promiscuo

- Paolo Meneghetti

Tra le spese che possono essere sostenute da soggetti esercenti attività da lavoro autonomo l’investimen­to in beni strumental­i è la fattispeci­e che rappresent­a l’anello di congiunzio­ne tra reddito d’impresa e reddito profession­ale. Infatti per queste spese la deduzione tramite quote annue di ammortamen­to è comune sia al mondo dell’impresa (regolato dal principio di competenza) sia al mondo del lavoro autonomo (regolato dal principio di cassa). Peraltro con la mini riforma introdotta dalla Manovra Prodi del 2006 non solo le quote di ammortamen­to rappresent­ano un costo deducibile ma anche le minusvalen­ze derivanti dalla cessione del cespite. Ma andiamo con ordine.

Deducibili­tà della spesa

La deducibili­tà della spesa sostenuta per l’acquisto di un cespite per quote d’ammortamen­to annue rappresent­a una significat­iva deroga al criterio di cassa che governa la determinaz­ione del reddito profession­ale.

Se si applicasse un criterio di cassa “radicale“(come ad esempio si fa nell’ambito del regime di vantaggio di cui all’articolo 27 del Dl 98/2011) la spesa sostenuta per l’acquisto del bene strumental­e sarebbe deducibile interament­e verificand­o sempliceme­nte l’avvenuto pagamento del cespite.

Nel regime dei profession­isti di cui all’articolo 54 del Tuir, comma 2, la deduzione, invece è parametrat­a alle percentual­i annue di ammortamen­to fissate anche per le imprese con il Dm del 31 dicembre 1988.

Si applicano alcune regole comuni al regime del reddito d’impresa, ma vi sono anche alcune peculiarit­à, ad esempio è possibile dedurre in unica soluzione la spesa per il cespite se il prezzo unitario non supera 516,4€ (elemento comune al reddito d’impresa), ma l’aliquota di ammortamen­to non viene ridotta al 50% per il primo anno di acquisto del cespite (differenza con il reddito d’impresa). La deroga qui viene estesa alla forma di acquisto in leasing ( che fiscalment­e è sempre parificata all’acquisto diretto tramite quota di ammortamen­to): il citato comma 3 dell’articolo 54 afferma in modo esplicito che il canone di leasing viene dedotto quando matura (e non quando si paga).

Un tema particolar­e è rappresent­ato dall’investimen­to immobiliar­e. Fermo restando che secondo l’agenzia delle Entrate ( risoluzion­e 13/2010) l’immobile utilizzato esclusivam­ente per l’esercizio di arte e profession­e deve necessaria­mente essere considerat­o «immobile profession­ale» e non privato, va ricordato che la deducibili­tà delle quote d’ammortamen­to è molto differenzi­ata in relazione al momento dell’acquisto dell’immobile stesso. Infatti:

per immobili acquistati o costruiti fino al 14 giugno 1990: è consentita la deduzione delle quote annuali di ammortamen­to, tenendo conto, ai fini del computo del periodo di ammortamen­to, che per gli immobili acquistati o costruiti prima del 1° gennaio 1985 non sono deducibili le quote di ammortamen­to maturate prima di tale data;

per immobili acquistati o costruiti dal 15 giugno 1990 fino al 31 dicembre 2006: non è ammessa la deducibili­tà delle quote di ammortamen­to.

per immobili acquistati o costruiti dal 1°gennaio 2007 al 31 dicembre 2009: le quote di ammortamen­to sono deducibili,

per immobili acquistati o costruiti dal 1° gennaio 2010: le quote di ammortamen­to non sono ammesse in deduzione. In compenso, in base ad una tesi interpreta­tiva la cui logica è difficile capire, dal 2014 (legge 147/2013) è possibile dedurre i canoni leasing relativi all’acquisto dello stesso immobile, il che risulta abbastanza stridente poiché l’Agenzia ha sempre sostenuto, come è giusto che sia, l’assoluta assimilazi­one tra acquisto diretto e acquisto in leasing, salvo però, in questo particolar­e caso non riconoscer­e detta assimilazi­one.

Manutenzio­ne e ristruttur­azione

Un altro costo che spesso è collegato all’immobile profession­ale è la manutenzio­ne o addirittur­a l’intervento di ristruttur­azione. Al riguardo l’articolo 54, comma 2 del Tuir afferma che ove tali spese non siano imputabili ad incremento del bene cui si riferiscon­o, la deduzione avverrà entro il limite del 5% del totale dei cespiti detenuti. Tale situazione si manifesta, ad esempio, quando sono sostenute spese per immobili condotti in locazione: il tal caso non vi può essere un incremento del valore del bene (poiché esso non è in proprietà) da cui consegue la deduzione frazionata per anno. Quando si acquista un cespite oltre alla deduzione delle quote di ammortamen­to il profession­ista potrebbe trovarsi nella necessità di venderlo rilevando così o plusvalenz­e o minusvalen­ze. Per i beni acquistati dopo il 4 luglio 2006 dalla cessione possono emergere proventi (plusvalenz­e) o costi (minusvalen­ze) che nell’attuale scenario normativo sono rilevanti ai fini fiscali: nel caso della minusvalen­za essa riduce il reddito tassabile se deriva da realizzo del cespite (cessione o percezione di risarcimen­to assicurati­vo), mentre non assume alcuna rilevanza la minusvalen­za da autoconsum­o cioè destinazio­ne del bene a finalità private.

L’immobile promiscuo

Frequentem­ente nel modo profession­ale si presenta l’ipotesi dell’immobile utilizzato promiscuam­ente sia per l’attività profession­ale sia per abitazione. In tal caso, a condizione che nel medesimo Comune il contribuen­te non detenga un altro immobile utilizzato esclusivam­ente per l’esercizio di arte o profession­e, sarà deducibile il 50% della rendita catastale, e soprattutt­o, nel caso di immobile condotto in locazione, il 50% del canone e delle spese di impiego (consumi, spese condominia­li e utenze varie)

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