Il Sole 24 Ore

Foreste italiane, crescono di 270mila ettari in 5 anni

Rapporto Fao. Negli ultimi cinque anni le aree silvestri sono aumentate di 270mila ettari e ora coprono quasi il 40% della superficie nazionale Le sfide. Entro il 2030 la crescita naturale dei boschi terminerà e dovrà essere sostituita da una forestazio­ne

- Meoni e Amadore—

Da secoli, l’Italia non ha mai avuto così tante foreste. Negli ultimi cinque anni le aree silvestri sono cresciute di 270mila ettari e coprono quasi il 40% del Paese. Entro il 2030 la crescita naturale si fermerà, e dovrà essere sostituita da una forestazio­ne programmat­a. Effetto smart working: primi ritorni nelle aree disabitate.

Dal 2015 al 2020 la superficie è cresciuta del 2,9%, negli ultimi trent’anni del 25% e negli ultimi 80 del 75%.

L’Italia non ha mai avuto così tante foreste da secoli. Gli alberi conquistan­o i terreni abbandonat­i e continuano la loro inarrestab­ile avanzata, che ora però deve essere gestita. È un Paese sempre più verde quello tratteggia­to dall’ultimo monitoragg­io nazionale condotto dalle autorità italiane e appena pubblicato dalla Fao nell’ambito della revisione quinquenna­le del patrimonio forestale mondiale (FRA 2020). Un patrimonio prezioso, che va valorizzat­o - l’Italia è uno dei maggiori importator­i europei di legname pur avendo un “tesoro” in casa - e governato: con solo il 9% di boschi certificat­i il nostro Paese è indietro anni luce rispetto al Nord Europa.

I dati Fao, frutto di un lavoro condotto da Istat, Crea, Carabinier­i Forestali e Sisef e coordinato dalla Direzione generale Foreste del ministero delle Politiche agricole (Mipaaf), mostrano che negli ultimi 5 anni le foreste italiane hanno guadagnato 270mila ettari, come la provincia di Modena. Oggi occupano 11,4 milioni di ettari, quasi il 40% del territorio: 9,6 milioni sono foreste, 1,8 milioni altre aree boscate, cioè ecosistemi come la macchia mediterran­ea. Dal 2015 al 2020 la superficie forestale è cresciuta del 2,9%, negli ultimi trent’anni del 25% e negli ultimi 80 addirittur­a del 75%. La crescita rallenta ma non si arresta.

«Le foreste italiane - spiega Enrico Pompei, responsabi­le dell’Ufficio politiche forestali nazionali e internazio­nali del Mipaaf - occupano un’area molto grande rispetto al passato, quando l’agricoltur­a veniva praticata anche in zone estreme. Difficile indicare una data precisa, ma penso che dobbiamo tornare indietro di qualche secolo per trovare una superficie così vasta». Un fenomeno esploso negli anni del Miracolo Italiano - quando un popolo ancora in gran parte contadino migrò verso le fabbriche delle città - ma non ancora concluso.

Il nostro patrimonio forestale, per due terzi di proprietà privata e per un terzo pubblico, insomma cresce ed è più ricco di biodiversi­tà rispetto alle foreste del Centro Europa, ma va gestito. «I boschi cresciuti negli ultimi anni - spiega il dirigente del Mipaaf - sono nuovi, frutto di abbandono, e dunque non soggetti a una conservazi­one regolare. E poiché sono zone ex agricole e quindi vicine ad aree antropizza­te, sono più soggette a incendi. Per questo hanno più che mai bisogno di una gestione sostenibil­e».

Da alcuni decenni però si è inserita una variabile impazzita: i cambiament­i climatici, il vero nemico delle nostre foreste. Le sempre più frequenti ondate di calore hanno creato siccità nei boschi e provocato annate terribili per gli incendi come il 2017. Quell’anno, il carbonio assorbito dalle nostre foreste è stato praticamen­te azzerato dalla CO2 emessa dai devastanti roghi dell’estate.

In numerose zone d’Europa la mancanza di acqua fa deperire i boschi e li espone agli attacchi dei parassiti, come il bostrico dell’abete rosso, che ha fatto gravi danni in Europa centrale e ora minaccia anche le nostre Alpi.

Di fronte a questi pericoli, i nostri alberi cercano di difendersi come possono. «Alcune specie - osserva Pompei - si stanno spostando in latitudine verso Nord e in altitudine in cerca di fresco e umidità. Le piante provano così ad adattarsi al riscaldame­nto globale».

La crescita delle foreste non può proseguire in eterno per ovvi limiti di spazio. Secondo le previsioni al 2050 che il ministero dell’Ambiente sta elaborando, il trend di crescita naturale dei boschi si arresterà intorno al 2030. Dove trovare nuovi sbocchi ? La risposta è nella forestazio­ne programmat­a, che ha ricevuto una grande spinta dalla nuova strategia europea per la biodiversi­tà. In Italia ci sono tanti progetti, il problema è l’approvvigi­onamento delle piante: non tutte le Regioni si sono attrezzate per averne a sufficienz­a e la chiusura del Corpo forestale nel 2016 ha ulteriorme­nte aggravato la situazione. Se si dovesse avviare oggi un progetto nazionale di rimboschim­ento non avremmo più di 5 milioni di alberi disponibil­i. Troppo pochi per fare la differenza.

Una volta trovate le piante, bisognerà individuar­e i luoghi più adatti e in un Paese dall’elevato consumo di suolo come l’Italia non è un’impresa facile. «Lo spazio - osserva Pompei - si può trovare nella forestazio­ne urbana e periurbana, progettand­o e realizzand­o le cosiddette biocities. È una grande sfida che ci consentirà di piantare milioni di alberi mitigando le ondate di calore nelle zone urbane e che potrebbe creare nuovi occupati. Mai come in questo periodo - conclude Pompei - le foreste sono state così cruciali per l’Europa. Il Green Deal le considera un pilastro. È un’occasione irripetibi­le per proteggerl­e meglio e renderle più produttive».

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Verde che avanza. Dal 2015 al 2020 la superficie boschiva in Italia è cresciuta del 2,9%. Nella foto il borgo di Petralia Sottana, nelle Madonie in Sicilia
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« Le foreste italiane - spiega Enrico Pompei, responsabi­le dell’Ufficio politiche forestali nazionali e internazio­nali del Mipaaf - occupano un’area molto grande rispetto al passato, quando l’agricoltur­a veniva praticata anche in zone estreme».

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