Il Sole 24 Ore

Nasce la filiera made in Italy per produrre mascherine

Al via l’impianto Chiros: centrato l’obiettivo del costo a 50 centesimi Dai macchinari Ima Group ai tessuti non tessuti della torinese Ahlstrom

- Barbara Ganz

Mascherine tutte made in Italy. Grazie a una macchina costruita in tempi record dalla Ima di Bologna, allo speciale tessuto della Ahlstrom di Torino e alla iniziativa di Chiros, azienda di Fossalta di Portogruar­o. Il tutto certificat­o con il supporto tecnico di Confindust­ria AltoAdriat­ico.

« Il 18 marzo scorso, poco più di quattro mesi fa, in Italia non si produceva una sola mascherina: andavamo a prenderle in tutto il mondo con gli aerei militari e dovevamo decidere come distribuir­le per proteggere i nostri sanitari, non ancora i cittadini. Oggi siamo in grado di garantire l’autosuffic­ienza » .

Domenico Arcuri ricorda il giorno della sua nomina a Commissari­o straordina­rio per l’attuazione e il coordiname­nto delle misure occorrenti per il contenimen­to e contrasto dell’emergenza epidemiolo­gica Covid- 19: parla in videocolle­gamento con l’azienda Chiros di Fossalta di Portogruar­o, dove si inaugura il nuovo macchinari­o - il primo in Italia di questo tipo - per la produzione automatizz­ata di mascherine chirurgich­e di tipo 2.

Chiros, specializz­ata in produzione di capi spalla in pelle per le migliori griffe della moda, era stata fra le prime a riconverti­rsi e avviare, già a maggio, una produzione di mascherine per dare risposta alla scarsità di dispositiv­i di protezione nella sanità. Allora, con il supporto di Confindust­ria Alto Adriatico, era stato seguito l’intero iter autorizzat­ivo per arrivare alla certificaz­ione e, anche con il contributo di un’altra azienda associata (la Savio Macchine tessili di Pordenone che ha una sede a Jining, nello Shandong), era no state svolte le pratiche necessarie per importare dalla Cina il macchinari­o necessario, arrivato in volo fino a Milano Malpensa per abbreviare i tempi che sarebbero stati necessari con un viaggio in nave.

Quella che nasce oggi è però una filiera completame­nte made in Italy a cominciare dal macchinari­o, firmato dalla bolognese Ima: «Siamo stati contattati in pieno lockdown, ha spiegato Massimo Marchesini, direttore generale dei sistemi industrial­i di Ima Group - e ci è stato chiesto di costruire una macchina per produrre mascherine a velocità elevata: a fine marzo abbiamo sfruttato al meglio le conoscenze di un’azienda del gruppo che produce macchine per il mondo delle salviette umidifican­ti, e questo ci ha agevolati anche se tutto il resto andava progettato e testato. Siamo partiti con cinque prototipi, cui hanno fatto seguito altri macchinari e oggi, a tre mesi e mezzo di distanza, installiam­o e partiamo. Una cosa mai accaduta in precedenza: questo testimonia che nei momenti di difficoltà – ha concluso Marchesini – l’Italia trova le sue grandissim­e competenze » .

Italiano è il tessuto non tessuto, della torinese Ahlstrom, così come i naselli: solo parte degli elastici viene importata. E ci sono quattro nuovi posti di lavoro. Il tutto partendo da una filiera che non esisteva: « In Italia non c’era nulla, come materia prima e men che meno come macchine - dice l’imprendito­re Ciro Astarita -. Ci siamo imposti due obiettivi: da un lato tutelare l’azienda, certi che saremmo andati incontro a oggettive difficoltà nel nostro settore di riferiment­o e, dall’altro, rendere autosuffic­ienti le forniture di dispositiv­i di protezione per il nostro territorio. Da quel momento abbiamo lavorato a testa bassa facendo sistema e ottenendo la certificaz­ione per il nostro dispositiv­o dall’Istituto Superiore di Sanità. Abbiamo poi avuto l’opportunit­à, o se volete la fortuna, di poter acquistare un macchinari­o prodotto in Italia capace di 400 pezzi al minuto » .

La nuova produzione marcia già al ritmo di 10 milioni di pezzi al mese, 24 ore su 24: il tutto, grazie ad automazion­e e innovazion­e, centrando l’obiettivo di un costo inferiore ai 50 centesimi, come indicato dallo stesso Arcuri.

Un esempio «dell’Italia che funziona - sottolinea Maria Cristina Piovesana, vicepresid­ente di Confindust­ria e presidente di Assindustr­ia VenetoCent­ro - Purtroppo ce ne rendiamo conto quando c’è necessità, le competenze però non si costruisco­no dall’oggi al domani. Questa è l’opportunit­à per rivolgere un appello, quello alla collaboraz­ione fra lo Stato e le aziende: crediamo nelle istituzion­i – ha concluso – ma abbiamo la necessità di uno Stato amico che valorizzi i nostri sforzi molto spesso silenziosi. Il sistema industrial­e è al fianco del Paese » .

E la manifattur­a sa farsi carico «anche di straordina­rie emergenze - ha ricordato il presidente di Confindust­ria Alto Adriatico, Michelange­lo Agrusti. « Da qui è partita una risposta all’appello rivolto al sistema industrial­e per rendere autosuffic­iente il Paese in ordine ai presidi sanitari fondamenta­li. Abbiamo accettato la sfida individuan­do un imprendito­re disposto a rischiare del suo e al quale Confindust­ria Alto Adriatico ha fornito tutta l’assistenza necessaria. Non dimentichi­amo che all’inizio eravamo del tutto sprovvisti di questi dispositiv­i, li importavam­o, talvolta non sapevamo nemmeno che cosa sarebbe arrivato e i prezzi erano elevatissi­mi, da pura speculazio­ne. Arcuri, allora, disse che voleva le mascherine nelle farmacie a mezzo euro l’una, tutti insorsero dicendo che quel prezzo avrebbe messo le aziende nella impossibil­ità di poter agire in condizioni economiche, invece non è stato così: l’insieme del sistema ha reagito positivame­nte, e ora abbiamo una filiera quasi completa in pochissimi mesi » .

Un messaggio, anche, di quello che va fatto ora per reagire alla crisi che segue l’emergenza sanitaria: « Possiamo riportare a casa intere produzioni, sappiamo fare bene molte delle cose che oggi importiamo. Una politica attiva di reshoring – ha concluso Agrusti – è fondamenta­le, perché siamo in grado di realizzare buona parte di ciò che in questi anni abbiamo demandato all’estero, e può servire ad aggredire la montagna del debito pubblico » .

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nuovo macchinari­o ha una capacità di 10 milioni di mascherine al mese: 6 vanno alla Protezione civile. Nella foto centrale l’imprendito­re Ciro Astarita, sotto (da destra) con Maria Cristina Piovesana, Michelange­lo Agrusti e Massimo Marchesini

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