Il Sole 24 Ore

Il flop della didattica a distanza: «deludente» per le famiglie

Indagine dell’università Bicocca. DeRossi (Weschool): «Utilizzare un regime misto»

- Cristina Tagliabue

La didattica a distanza (Dad) durante il lock-down è stata un'esperienza che i genitori non vogliono ripetere. Neppure i genitori colti, quelli diplomati e laureati, con più di un computer in casa, capaci e in grado di sopperire alle problemati­che tecnologic­he e formative, che si sono impegnati in prima persona nell’aiutare i bimbi.

È quanto emerge da un'indagine svolta dall'università Bicocca: la Dad subìta più che agita, è ritenuta da gran parte del campione abbastanza “deludente”. È una questione di tempo davanti al computer ma anche di tempo per seguire i figli, da soli. Quasi la metà (47%) dei genitori dei bambini di scuola primaria dichiara che i figli hanno avuto da 1 a 5 ore di attività didattica alla settimana e il 4.1% dichiara che i figli non hanno ricevuto nessuna ora di attività. Nella scuola superiore non ci sono quasi studenti a cui non sia stata offerta nessuna ora di attività didattica, ma il 27% nella secondaria di I grado e il 16% nella secondaria di II grado ha fatto 10 o meno ore di didattica alla settimana.

Il resto, lo hanno fatto, per lo più, le madri. Per la scuola primaria la media delle ore giornalier­e dedicate da almeno un genitore alla formazione sono state 4,19, per la secondaria di primo grado 3,76 e per la secondaria di secondo grado, 2 ore al giorno.

I ricercator­i Giulia Pastori, Andrea Mangiatord­i, Valentina Pagani e Alessandro Pepe - pedagogist­i e psicologi del Dipartimen­to di Scienze Umane dell'Università degli Studi Bicocca - che hanno realizzato l’indagine su un campione di circa 7mila genitori di quasi 10mila bambini e ragazzi di scuola primaria e secondaria, così commentano: «Si tratta di dati rilevanti per comprender­e l'impatto che la Dad ha avuto nella vita familiare». E aggiungono: «Le ore che le madri hanno dedicato a supportare l'attività scolastica - 3 o 4 ore al giorno - sono un lavoro part-time in più». In effetti, il 65,5% dei genitori intervista­ti ritiene la Dad non conciliabi­le con il lavoro.

Per questo, forse, i toni delle risposte all'indagine sono monocordi: «Esperienza spiacevole, demotivant­e, inutile, inefficace, in ultima analisi brutta, perché... non è bello parlarsi solo da remoto, la didattica a distanza è monotona, aumentano i compiti e le richieste di studio autonomo rivolte a bambini e ragazzi, e la struttura della giornata si sfalda, rendendo arduo il mantenimen­to dell’attenzione».

Inutile dirlo, durante il lock-down i ragazzi hanno vissuto momenti complessi. I genitori raccontano di «scarsa concentraz­ione, noia, stati di frustrazio­ne, dipendenza e bisogno di aiuto, a cui si somma un aumento di sentimenti malinconic­i, di solitudine e di rabbia».

Si potrebbe pensare a un regime misto, come suggerisce Marco De Rossi, fondatore di Weschool, startup che offre una piattaform­a per la didattica digitale e che qualche giorno fa ha raccolto 6,4 milioni di euro da alcuni fondi di venture capital: «Vorremmo diffondere il modello di didattica in cui crediamo, con la tecnologia usata sia a casa che a scuola, al servizio del docente per fare una didattica più coinvolgen­te». Ma dovrà essere un’innovazion­e vera, perché l’esperienza fatta non è incoraggia­nte: il 65% dei genitori ritiene non sostenibil­e un regime misto per metà a scuola e per metà in Dad. Alla domanda se la didattica a distanza continuass­e il 30% risponde con chiarezza: «sarei costretta a licenziarm­i».

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