Bonus 600 euro, caccia ai nomi dei politici nella rete antifrode Inps
Dopo il caso dei sussidi ai deputati, ipotesi Tridico in Parlamento Italia Viva si tira fuori La Lega: indagine interna M5S: rinunciate alla privacy
«Autodenunciatevi e restituite»: la richiesta arriva direttamente dal presidente della Camera, Roberto Fico, mentre è già partita la caccia ai deputati che avrebbero usufruito del bonus da 600 euro messo a disposizione delle partite Iva causa Covid. Tre in tutto, altri due ne avrebbero fatto richiesta ma non è stata accolta. I politici-partite Iva che hanno inviato la domanda all’Inps sono però molti di più: si parla di circa duemila amministratori locali. Tutte posizioni legittime, visto che gli articoli 27, 30 e 38 del Dl “Cura Italia” non prevedevano requisiti particolari per partite Iva e collaboratori di categorie diverse. Ma quei nomi, che ancora non sono stati resi noti, non sono passati inosservati all’unità Antifrode dell’Inps, che ha avviato alcuni approfondimenti amministrativi.
La struttura, nata dalla riorganizzazione voluta dal presidente, Pasquale Tridico, è operativa da pochi mesi ed è nella sua rete che sono finiti i parlamentari. Dall’Inps però sottolineano che il rispetto della privacy non consente di rendere pubblici gli elenchi. Fatto sta che anche Tridico è finito nel mirino perché dall’Inps sarebbe arrivata la “soffiata” e presto potrebbe essere convocato dalla commissione Lavoro per riferire in una audizione secretata.
Intanto le voci corrono, assieme alle minacce di querela. C’è chi dice che in mezzo ci siano deputati della Lega e anche un grillino e un renziano. Italia Viva, con il capogruppo Ettore Rosato, però, si tira fuori: «Nessun nostro parlamentare ha ricevuto il bonus». Tuona Luigi Di Maio: «I nomi devono essere resi pubblici» dice il ministro degli Esteri che concorda con l’iniziativa del reggente di Vito Crimi che ha chiesto a tutti i parlametari M5s di rinunciare alla privacy sottoscrivendo «una dichiarazione per autorizzare l’Inps a fornire i dati di chi ha usufruito del bonus». «Facciano lo stesso tutti i parlamentari di ogni forza politica», rilancia Di Maio. Mentre Matteo Salvini, dopo aver paventato espulsioni, ha ordinato un’indagine interna. «Abbiamo chiesto a tutti i parlamentari di dire se abbiano percepito il bonus o, se non lo sanno, di verificare col loro commercialista se non sia stata fatta la domanda. Finora non ho riscontri di deputati leghisti che abbiano preso il bonus», ha detto il capogruppo Riccardo Molinari.
Tra i nomi circolati c’è quello del deputato del Carroccio Mario Lolini che però nega così come il pentastellato Nicola Acunzo. A uscire allo scoperto sono invece due consiglieri comunali: Anita Pirovano, della lista progressista a Milano, e Jacopo Zannini de L’altra Trento: «Non viviamo di politica» è stata la loro giustificazione.
Qualcuno sospetta che la soffiata non sia casuale ma legata all’imminente referendum sul taglio dei parlamentari visto che lo «scandalo» è scoppiato diversi mesi dopo l’acquisizione delle domande. Più o meno 4 mesi fa, poco dopo la metà di aprile, quando venivano comunicati con successo i pagamenti di 2,7 milioni di sussidi sui 4,2 milioni di domande arrivate per dimostrare (giustamente) che l’incidente dell’attacco hacker del 1° aprile, con tanto di blocco del sito e data breach a danno di diversi utenti, era stato superato. Oggi, con le domande salite a 5 milioni e 92 mila e i beneficiari a 4 milioni e 99mila, si apprende che quando la piattaforma web dell’Istituto veniva presa d’assalto, tra i tanti richiedenti c’erano anche dei politici.