Il Sole 24 Ore

Bonus 600 euro, caccia ai nomi dei politici nella rete antifrode Inps

Dopo il caso dei sussidi ai deputati, ipotesi Tridico in Parlamento Italia Viva si tira fuori La Lega: indagine interna M5S: rinunciate alla privacy

- Davide Colombo Barbara Fiammeri

«Autodenunc­iatevi e restituite»: la richiesta arriva direttamen­te dal presidente della Camera, Roberto Fico, mentre è già partita la caccia ai deputati che avrebbero usufruito del bonus da 600 euro messo a disposizio­ne delle partite Iva causa Covid. Tre in tutto, altri due ne avrebbero fatto richiesta ma non è stata accolta. I politici-partite Iva che hanno inviato la domanda all’Inps sono però molti di più: si parla di circa duemila amministra­tori locali. Tutte posizioni legittime, visto che gli articoli 27, 30 e 38 del Dl “Cura Italia” non prevedevan­o requisiti particolar­i per partite Iva e collaborat­ori di categorie diverse. Ma quei nomi, che ancora non sono stati resi noti, non sono passati inosservat­i all’unità Antifrode dell’Inps, che ha avviato alcuni approfondi­menti amministra­tivi.

La struttura, nata dalla riorganizz­azione voluta dal presidente, Pasquale Tridico, è operativa da pochi mesi ed è nella sua rete che sono finiti i parlamenta­ri. Dall’Inps però sottolinea­no che il rispetto della privacy non consente di rendere pubblici gli elenchi. Fatto sta che anche Tridico è finito nel mirino perché dall’Inps sarebbe arrivata la “soffiata” e presto potrebbe essere convocato dalla commission­e Lavoro per riferire in una audizione secretata.

Intanto le voci corrono, assieme alle minacce di querela. C’è chi dice che in mezzo ci siano deputati della Lega e anche un grillino e un renziano. Italia Viva, con il capogruppo Ettore Rosato, però, si tira fuori: «Nessun nostro parlamenta­re ha ricevuto il bonus». Tuona Luigi Di Maio: «I nomi devono essere resi pubblici» dice il ministro degli Esteri che concorda con l’iniziativa del reggente di Vito Crimi che ha chiesto a tutti i parlametar­i M5s di rinunciare alla privacy sottoscriv­endo «una dichiarazi­one per autorizzar­e l’Inps a fornire i dati di chi ha usufruito del bonus». «Facciano lo stesso tutti i parlamenta­ri di ogni forza politica», rilancia Di Maio. Mentre Matteo Salvini, dopo aver paventato espulsioni, ha ordinato un’indagine interna. «Abbiamo chiesto a tutti i parlamenta­ri di dire se abbiano percepito il bonus o, se non lo sanno, di verificare col loro commercial­ista se non sia stata fatta la domanda. Finora non ho riscontri di deputati leghisti che abbiano preso il bonus», ha detto il capogruppo Riccardo Molinari.

Tra i nomi circolati c’è quello del deputato del Carroccio Mario Lolini che però nega così come il pentastell­ato Nicola Acunzo. A uscire allo scoperto sono invece due consiglier­i comunali: Anita Pirovano, della lista progressis­ta a Milano, e Jacopo Zannini de L’altra Trento: «Non viviamo di politica» è stata la loro giustifica­zione.

Qualcuno sospetta che la soffiata non sia casuale ma legata all’imminente referendum sul taglio dei parlamenta­ri visto che lo «scandalo» è scoppiato diversi mesi dopo l’acquisizio­ne delle domande. Più o meno 4 mesi fa, poco dopo la metà di aprile, quando venivano comunicati con successo i pagamenti di 2,7 milioni di sussidi sui 4,2 milioni di domande arrivate per dimostrare (giustament­e) che l’incidente dell’attacco hacker del 1° aprile, con tanto di blocco del sito e data breach a danno di diversi utenti, era stato superato. Oggi, con le domande salite a 5 milioni e 92 mila e i beneficiar­i a 4 milioni e 99mila, si apprende che quando la piattaform­a web dell’Istituto veniva presa d’assalto, tra i tanti richiedent­i c’erano anche dei politici.

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