Elettricità, balzo di Eni nella produzione
La relazione dell’Arera fotografa il cambiamento del sistema termoelettrico Enel primo produttore italiano da fonti rinnovabili e in uscita dal carbone
Bisognerebbe passare un panno per ripulire la lavagna dei luoghi comuni. Mezzo secolo dopo la nazionalizzazione, l’Enel non è più il maggiore produttore termoelettrico d’Italia. Il primato della produzione di corrente nelle centrali termoelettriche è passato a una società che l’immaginario collettivo degli italiani attribuisce a un altro segmento energetico: l’Eni. L’Enel invece è il primo produttore italiano da fonti rinnovabili. Alcuni dei dati della Relazione Annuale dell’autorità dell’energia e delle reti ambientali Arera — relazione pubblicata nelle scorse settimane — descrivono con i numeri il cambiamento fortissimo del sistema energetico, quella transizione energetica di cui molti parlano e pochi intravedono. Cioè lo spostamento dell’asse industriale dei grandi colossi.
Rallenta il crollo Covid
Un cenno ai dati di consumo e produzione relativi al mese di luglio più aggiornati divulgati ieri da Terna, la Spa dell’alta tensione. Il crollo di consumi elettrici osservato durante la clausura sanitaria — con punte oltre il -30% dei mesi di confinamento più stringente — si è ridotto e nel mese scorso la domanda di elettricità in Italia è stata di 29 miliardi di chilowattora, in diminuzione del 7% rispetto allo stesso mese del 2019. La temperatura media mensile più fresca rispetto a un anno fa ha aiutato ad abbassare i consumi di luglio, mese in cui levando i divari climatici porta a un ribasso ancora forte ma meno preoccupante (-5,9%).
Rinnovabili più forti
Nei primi sette mesi dell’anno le fonti rinnovabili hanno coperto complessivamente il 40% della domanda elettrica, rispetto al 35,7% del corrispondente periodo del 2019. Nel solo mese di luglio, la produzione da fonti rinnovabili ha coperto il 37,9% della domanda, in aumento rispetto allo stesso periodo del 2019 ( 36,8%).
Il riassetto dei grandi
In questo scenario che cambia con velocità le grandi aziende energetiche stanno ricomponendo i loro assi portanti.
L’esempio dell’Eni è indicativo. Gli investimenti in fonti rinnovabili d’energia, la ricerca di tecnologie energetiche da combustibili non fossili, o l’attenzione per quell’energia invisibile che è l’elettricità sono segnali di una prospettiva futura che potrebbe cambiare l’immagine della compagnia.
Così l’Enel «non « non ricopre più — avverte la relazione dell’Arera — il ruolo di primo operatore nella generazione termoelettrica (essendo risultata maggiore la produzione da parte di Eni, pur a fronte di una potenza installata inferiore), continua a utilizzare la maggior parte del carbone impiegato nel settore, con una quota del 73,7%, ancora in discesa rispetto al 2018 ( 79,26%) » . L’uscita dell’Enel graduale dal carbone sta portando la società verso il primato anche italiano nelle fonti rinnovabili («con quote significative nell’idroelettrico e la totalità di quelle nel geotermico » , specifica l’Arera) di cui l’Enel Green Power è leader mondiale con 46mila megawatt di capacità istallata in tutto il globo .
La crescita di Axpo
Tra i principali gruppi appaiono significative le quote dell’A2A ed Edison, che sta ridimensionando con Energean il settore petrolifero, e anche il ruolo di Erg nell’eolico, pari all’11,2%, ma sta emergendo con forza la svizzera Axpo. Secondo la relazione dell’Arera, nel settore dell’energia elettrica Axpo è salita dal 4° al 3° posto tra i gruppi societari che operano nel mercato libero, superando Eni e registrando una quota di mercato che è passata dal 4,6% del 2018 al 5,2% del 2019. Axpo si conferma poi al 5° posto nel mercato finale elettrico complessivo, con 11 miliardi di chilowattoera venduti (+17%), dovuti soprattutto a un aumento delle vendite ai clienti in media e in altissima tensione. Nel segmento dell’altissima tensione, in particolare, l’Axpo è salita dal 3° al 2° posto, con una quota di mercato arrivata al 14,7%, non lontana dal 18,5% di Enel.