Ribassi del petrolio, Covid, Mosca: tempesta perfetta su Lukashenko
La Bers: l’economia del Paese è resa vulnerabile dal legame con la Russia «Per quest’anno prevista una contrazione del 5% in un quadro d’incertezza»
La vicenda del petrolio contaminato da cloruri organici nell’oleodotto dell’amicizia, che l’anno scorso impose il blocco del transito di greggio russo diretto in Europa via Bielorussia, è emblematica: un’ombra premonitrice sul legame, strettissimo, tra le due economie. Da qualche tempo però il Cremlino ha subordinato gli aiuti al piano di integrazione tra i due Paesi; e alla riduzione dei sussidi si sono aggiunti lo shock del coronavirus e la crisi globale che si farà sentire pesantemente su un’economia dipendente dall’export: il modello economico bielorusso, basato su sovvenzioni e accesso privilegiato al mercato russo al prezzo di una posizione di vassallaggio, è sempre meno sostenibile.
« La nostra assunzione di base a oggi - spiega Matteo Patrone, managing director per Europa orientale e Caucaso alla Bers, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo - è che l’economia bielorussa soffrirà una contrazione del 5% nel 2020, con un rimbalzo del 3,5% nel 2021. Proiezioni soggette però a sensibili variazioni, vista l’aleatorietà della situazione macroeconomica e politica » .
Già lo scorso anno il blocco dell’oleodotto Druzhba aveva provocato un rallentamento della crescita all’ 1,2%: il settore petrolchimico è vitale per la Bielorussia, che importa dalla Russia petrolio a prezzi sussidiati e lo riesporta raffinato a prezzi di mercato. « Nel 2019 il deficit delle partite correnti, quasi a zero nel 2018, è salito all’ 1,8% del Pil - scrive la Bers -, a causa del calo delle esportazioni di derivati del petrolio. E tuttavia la posizione fiscale del governo è riospita masta solida, grazie all’aumento delle entrate fiscali e al contenimento della spesa pubblica » .
Le cose hanno iniziato a peggiorare nel primo trimestre di quest’anno: «In base alle stime preliminari - è l’analisi della Banca europea - i ritardi nelle intese con la Russia su petrolio e gas, che a inizio anno hanno interrotto le forniture alle raffinerie di petrolio, sono all’origine di un calo della produzione manifatturiera del 2,3%. Il crescere delle incertezze incide sul commercio interno. Mentre i legami economici con la Russia - a cui fanno capo il 41% delle esportazioni, il 56% delle importazioni e il 31% degli investimenti diretti dall’estero - rendono la Bielorussia vulnerabile al calo dei prezzi del petrolio e alla recessione prevista in Russia. Mentre la pandemia riduce la domanda, all’interno e dall’estero ». » .
Una tempesta perfetta contro Aleksandr Lukashenko: è soprattutto la crisi economica, intrecciata a quella sanitaria, ad aver fatto emergere un dissenso che fino a pochi mesi fa Lukashenko riusciva a tenere sotto controllo. Incapace di aderire in modo convincente a un programma di riforme, negli ultimi anni il leader bielorusso ha giocato la carta dell’avvicinamento all’Occidente più che altro per agitarla davanti al Cremlino, e bilanciarsi in un precario equilibrio tra Est e Ovest: e ora, nel limbo in cui si ritrova il Paese, il mondo esterno e le organizzazioni internazionali come il Fondo monetario o la Banca mondiale non possono che attendere lo sviluppo degli avvenimenti: « In questo momento purtroppo - osserva Patrone - l’aspetto macroeconomico resta in secondo piano » .
La Bers, nata con la fine del blocco sovietico per assistere i Paesi dell’Europa orientale nella trasformazione in economie aperte e di mercato, si concentra per mandato sull’iniziativa privata. «Ma in Paesi come la Bielorussia - spiega Matteo Patrone -, il settore privato è ancora in fase di sviluppo e vi sono notevoli spazi di miglioramento nel settore delle partecipazioni pubbliche. Vi sono quindi opportunità per sostenere ottime imprese locali, investimenti esteri diretti, ma anche per accompagnare al cambiamento aziende e banche statali, che contribuiscono per circa il 70% dell’economia bielorussa. Per esempio, abbiamo lavorato a lungo con Belinvestbank, in un’attività di pre- privatizzazione, oggettivamente con buoni risultati ad oggi. A medio termine, contiamo di continuare l’opera di riforma e promuovere la privatizzazione della banca » .
Con investimenti nel 2019 pari a circa 400 milioni di euro, la Bielorussia è uno dei primi dieci Paesi in cui interviene la Bers: le intenzioni sarebbero di rafforzare questa presenza. « Come nella maggior parte dei Paesi dell’ex Urss - osserva Patrone - in Bielorussia le competenze tecniche sono elevatissime. Da questo nasce il grande sviluppo del settore tecnologico, in particolare l’IT: sicuramente un terreno fertile, con diversi casi di successo come l’High Tech Park di Minsk, che aziende leader a livello globale e prodotti che poi si sono diffusi a livello mondiale. È poi molto sviluppato il settore manifatturiero, per esempio con Stadler, il costruttore svizzero di treni che ha un grande impianto di produzione nella zona industriale vicino a Minsk. O il settore dell’agribusiness, e quello del legno, grazie alla presenza di foreste e quindi di grandi aziende di semilavorati in legno. La Bielorussia inoltre è un Paese in cui la corruzione è a livelli minimi, con un ecosistema in cui gli investimenti esteri diretti vengono accolti molto bene » .
Volendo astrarre dall’attuale situazione politica, si potrebbe aggiungere la posizione strategica, un ponte tra il mercato europeo e, attraverso la Russia, quello asiatico. Ma questa è una carta nascosta nel futuro.