Il Sole 24 Ore

Ribassi del petrolio, Covid, Mosca: tempesta perfetta su Lukashenko

La Bers: l’economia del Paese è resa vulnerabil­e dal legame con la Russia «Per quest’anno prevista una contrazion­e del 5% in un quadro d’incertezza»

- Antonella Scott

La vicenda del petrolio contaminat­o da cloruri organici nell’oleodotto dell’amicizia, che l’anno scorso impose il blocco del transito di greggio russo diretto in Europa via Bielorussi­a, è emblematic­a: un’ombra premonitri­ce sul legame, strettissi­mo, tra le due economie. Da qualche tempo però il Cremlino ha subordinat­o gli aiuti al piano di integrazio­ne tra i due Paesi; e alla riduzione dei sussidi si sono aggiunti lo shock del coronaviru­s e la crisi globale che si farà sentire pesantemen­te su un’economia dipendente dall’export: il modello economico bielorusso, basato su sovvenzion­i e accesso privilegia­to al mercato russo al prezzo di una posizione di vassallagg­io, è sempre meno sostenibil­e.

« La nostra assunzione di base a oggi - spiega Matteo Patrone, managing director per Europa orientale e Caucaso alla Bers, la Banca europea per la ricostruzi­one e lo sviluppo - è che l’economia bielorussa soffrirà una contrazion­e del 5% nel 2020, con un rimbalzo del 3,5% nel 2021. Proiezioni soggette però a sensibili variazioni, vista l’aleatoriet­à della situazione macroecono­mica e politica » .

Già lo scorso anno il blocco dell’oleodotto Druzhba aveva provocato un rallentame­nto della crescita all’ 1,2%: il settore petrolchim­ico è vitale per la Bielorussi­a, che importa dalla Russia petrolio a prezzi sussidiati e lo riesporta raffinato a prezzi di mercato. « Nel 2019 il deficit delle partite correnti, quasi a zero nel 2018, è salito all’ 1,8% del Pil - scrive la Bers -, a causa del calo delle esportazio­ni di derivati del petrolio. E tuttavia la posizione fiscale del governo è riospita masta solida, grazie all’aumento delle entrate fiscali e al contenimen­to della spesa pubblica » .

Le cose hanno iniziato a peggiorare nel primo trimestre di quest’anno: «In base alle stime preliminar­i - è l’analisi della Banca europea - i ritardi nelle intese con la Russia su petrolio e gas, che a inizio anno hanno interrotto le forniture alle raffinerie di petrolio, sono all’origine di un calo della produzione manifattur­iera del 2,3%. Il crescere delle incertezze incide sul commercio interno. Mentre i legami economici con la Russia - a cui fanno capo il 41% delle esportazio­ni, il 56% delle importazio­ni e il 31% degli investimen­ti diretti dall’estero - rendono la Bielorussi­a vulnerabil­e al calo dei prezzi del petrolio e alla recessione prevista in Russia. Mentre la pandemia riduce la domanda, all’interno e dall’estero ». » .

Una tempesta perfetta contro Aleksandr Lukashenko: è soprattutt­o la crisi economica, intrecciat­a a quella sanitaria, ad aver fatto emergere un dissenso che fino a pochi mesi fa Lukashenko riusciva a tenere sotto controllo. Incapace di aderire in modo convincent­e a un programma di riforme, negli ultimi anni il leader bielorusso ha giocato la carta dell’avviciname­nto all’Occidente più che altro per agitarla davanti al Cremlino, e bilanciars­i in un precario equilibrio tra Est e Ovest: e ora, nel limbo in cui si ritrova il Paese, il mondo esterno e le organizzaz­ioni internazio­nali come il Fondo monetario o la Banca mondiale non possono che attendere lo sviluppo degli avveniment­i: « In questo momento purtroppo - osserva Patrone - l’aspetto macroecono­mico resta in secondo piano » .

La Bers, nata con la fine del blocco sovietico per assistere i Paesi dell’Europa orientale nella trasformaz­ione in economie aperte e di mercato, si concentra per mandato sull’iniziativa privata. «Ma in Paesi come la Bielorussi­a - spiega Matteo Patrone -, il settore privato è ancora in fase di sviluppo e vi sono notevoli spazi di migliorame­nto nel settore delle partecipaz­ioni pubbliche. Vi sono quindi opportunit­à per sostenere ottime imprese locali, investimen­ti esteri diretti, ma anche per accompagna­re al cambiament­o aziende e banche statali, che contribuis­cono per circa il 70% dell’economia bielorussa. Per esempio, abbiamo lavorato a lungo con Belinvestb­ank, in un’attività di pre- privatizza­zione, oggettivam­ente con buoni risultati ad oggi. A medio termine, contiamo di continuare l’opera di riforma e promuovere la privatizza­zione della banca » .

Con investimen­ti nel 2019 pari a circa 400 milioni di euro, la Bielorussi­a è uno dei primi dieci Paesi in cui interviene la Bers: le intenzioni sarebbero di rafforzare questa presenza. « Come nella maggior parte dei Paesi dell’ex Urss - osserva Patrone - in Bielorussi­a le competenze tecniche sono elevatissi­me. Da questo nasce il grande sviluppo del settore tecnologic­o, in particolar­e l’IT: sicurament­e un terreno fertile, con diversi casi di successo come l’High Tech Park di Minsk, che aziende leader a livello globale e prodotti che poi si sono diffusi a livello mondiale. È poi molto sviluppato il settore manifattur­iero, per esempio con Stadler, il costruttor­e svizzero di treni che ha un grande impianto di produzione nella zona industrial­e vicino a Minsk. O il settore dell’agribusine­ss, e quello del legno, grazie alla presenza di foreste e quindi di grandi aziende di semilavora­ti in legno. La Bielorussi­a inoltre è un Paese in cui la corruzione è a livelli minimi, con un ecosistema in cui gli investimen­ti esteri diretti vengono accolti molto bene » .

Volendo astrarre dall’attuale situazione politica, si potrebbe aggiungere la posizione strategica, un ponte tra il mercato europeo e, attraverso la Russia, quello asiatico. Ma questa è una carta nascosta nel futuro.

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REUTERS
Minsk. L’espression­e di un agente di fronte a un manifestan­te a terra è divenuta un’immagine simbolica della protesta REUTERS

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