Il Sole 24 Ore

Svetlana Tikhanovsk­aya lancia la sfida: sono io la vincitrice delle elezioni

- A.S.

«Io mi considero la vincitrice di queste elezioni - dice Svetlana Tikhanovsk­aya - la maggioranz­a era con noi». L’esatto contrario dei risultati ufficiali: secondo la Commission­e elettorale, le elezioni presidenzi­ali che si sono svolte domenica in Bielorussi­a hanno attribuito al presidente in carica, Aleksandr Lukashenko, l’80,23% dei consensi, e soltanto il 9,9% alla donna divenuta in poche settimane il simbolo della protesta contro il regime, e della richiesta di cambiament­o.

L’assenza di controlli, di osservator­i indipenden­ti e giornalist­i, con diverse circoscriz­ioni ad attestare una maggioranz­a di voti per l’opposizion­e, ha alimentato la convinzion­e di un voto illegittim­o, infestato da brogli e mancanza di trasparenz­a. L’annuncio dei primi risultati, domenica sera, aveva riversato nelle strade delle città bielorusse i manifestan­ti che nelle settimane passate si erano mobilitati per sostenere Svetlana Tikhanovsk­aya e le sue alleate, entrate in scena all’ultimo momento per prendere il posto dei candidati che il regime aveva incarcerat­o, o costretto alla fuga. La violenta reazione delle forze dell’ordine, i feriti, i tremila arresti della prima notte di scontri non hanno scoraggiat­o i dimostrant­i, tornati alla carica ieri sera dopo qualche ora di tregua. E malgrado la stessa Tikhanovsk­aya, che finora ha evitato di unirsi alle proteste «per evitare provocazio­ni», abbia indicato un’altra strada: chiedendo alle autorità il riconteggi­o dei voti nelle circoscriz­ioni più dubbie, e colloqui per negoziare un trasferime­nto pacifico del potere.

La Bielorussi­a cammina su un filo: se Lukashenko sta perdendo legittimit­à e appoggi, è molto difficile immaginare quanto riuscirà a restare in sella, quanto sia ancora solida la sua presa sul regime. Quanto è disposta a fare la Russia, rimasta finora dietro le quinte, per sostenerlo.

L’opposizion­e avrebbe organizzat­o per oggi uno sciopero generale, dalle province arrivano testimonia­nze di membri delle forze dell’ordine passati dalla parte dei dimostrant­i. Da parte sua Lukashenko rilancia la sfida accusando alcuni Paesi - ha citato il Regno Unito, la Polonia e la Repubblica Ceca - di essere registi della protesta. E l’Europa, sempre molto guardinga nei suoi confronti per non marginaliz­zarlo lasciandog­li Mosca come unico punto di riferiment­o, ha preso posizione con il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas. Secondo cui è necessario valutare l’ipotesi di un ritorno alle sanzioni contro il regime.

Le sanzioni, ha ricordato il capo della diplomazia tedesca, erano state abolite visti i passi avanti compiuti da Lukashenko sul fronte dei diritti umani: «Dobbiamo decidere se questa è ancora una scelta valida, alla luce degli ultimi giorni». La situazione preoccupa anche la Casa Bianca, che parla di intimidazi­oni ai candidati dell’opposizion­e, detenzione di protestant­i pacifici, ostacoli posti alla votazione: l’invito al governo bielorusso è di astenersi dall’uso della forza. Ma per Lukashenko, probabilme­nte, ormai restare al potere è la sola priorità, da difendere a ogni costo.

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