Confisca limitata al solo profitto
Cancellate le distorsioni legate all’applicazione a prodotto e mezzi utilizzati
Sulla confisca per i casi di manipolazione del mercato la legge europea rivede l’assetto attuale, stabilendo che potrà essere applicata solo al profitto del reato e non anche al prodotto e ai mezzi utilizzati per commettere l’illecito. A venire escluso dal perimetro della misura è tutto ciò che, secondo la nozione di prodotto messa a punto dalla Cassazione, riguarda l’insieme degli strumenti acquistati oppure l’intera somma ricavata dalla loro vendita. Profitto invece è l’utilità economica ottenuta attraverso la commissione dell’illecito, coincidente nel caso di acquisto con la plusvalenza ottenuta (sottraendo cioè il costo effettivamente sostenuto dall’autore per l’operazione) e, in caso di vendita, con la mancata perdita, in rapporto alla successiva caduta di valore del titolo dopo la diffusione dell’informazione.
Quanto ai beni utilizzati, questi coincidono nel caso di abusi di mercato con le somme di denaro investite nella transazione. La ragione dell’intervento normativo sta nel fatto che, mentre la confisca del profitto ha una semplice funzione di ripristino della situazione patrimoniale con riferimento all’autore, quella del prodotto e dei mezzi ha un effetto peggiorativo e si traduce in una misura dalla forte connotazione punitiva. Così, l’applicazione dell’attuale articolo 187 del Tuf conduce a effetti distorsivi e sproporzionati, conducendo alla possibile confisca di risorse considerevoli a fronte di benefici patrimoniali minimi per il trasgressore. Un esito che si pone in contrasto con i canoni di proporzionalità e adeguatezza della stessa direttiva Mad II.
Infatti, in caso di acquisto o vendita di azioni utilizzando un’informazione privilegiata, la confisca, anche per equivalente, può avere per oggetto l’intero valore delle azioni negoziate (compresi i beni utilizzati per l’operazione) e non solo il profitto del reato.