Il Sole 24 Ore

Voto, via all’election day del 20 e 21 settembre

Inammissib­ili i conflitti su referendum e regionali Voto il 20-21 settembre

- Giovanni Negri

Via all’election day del 20 e 21 settembre. La Consulta dichiara inammissib­ili i 4 conflitti di attribuzio­ne sollevati sul taglio dei parlamenta­ri e sul relativo referendum e sull’ abbinament­o della consultazi­one con le elezioni per il rinnovo di sette Consigli regionali .

Cadono gli ostacoli all’election day. Che a questo punto, i prossimi 20 e 21 settembre, vedrà accorpato il referendum sul taglio dei parlamenta­ri alle elezioni per il rinnovo di 7 consigli regionali. La Corte costituzio­nale ha infatti respinto, decisione annunciata ieri per comunicato e ordinanze depositate oggi, i 4 conflitti di attribuzio­ne che, da vari soggetti e sotto una pluralità di punti di vista, contestava­no l’abbinament­o, ma soprattutt­o la riduzione del numero di deputati e senatori. Soddisfatt­o il ministro dei rapporti con il Parlamento Federico D’Incà per il quale l’election day è «la migliore opzione per garantire la maggiore affluenza alle urne, limitare la chiusura delle scuole e garantire un voto in sicurezza».

Nessuno dei 4 conflitti ha superato il crinale dell’ammissibil­ità, soprattutt­o per difetto di legittimit­à dei proponenti, e la Corte, per ora in un comunicato ne ha spiegato le ragioni. Quanto al conflitto sollevato dal Comitato promotore del referendum sul testo di legge costituzio­nale di riduzione del numero dei parlamenta­ri, con oggetto l’abbinament­o delle due votazioni, disposto dal decreto legge n. 26 del 2020 e dal Dpr 17 luglio 2020, per la Consulta, giudice relatore Giuliano Amato, il Comitato promotore non ha legittimaz­ione soggettiva a sollevarlo visto che la Costituzio­ne non gli attribuisc­e una funzione generale di tutela del miglior esercizio del diritto di voto da parte dell’intero corpo elettorale.

La Corte ha poi dichiarato inammissib­ile (relatore Giovanni Amoroso) il ricorso proposto dalla Regione Basilicata che lamentava la sottorappr­esentazion­e nel rapporto tra numero di parlamenta­ri e di abitanti. La Corte, in linea con la propria giurisprud­enza, ha infatti escluso la legittimaz­ione soggettiva degli enti territoria­li, in generale, e della Regione, in particolar­e, perché non rappresent­ano un potere dello Stato sulla base dell’articolo 134 della Costituzio­ne.

Netta la bocciatura del ricorso presentato dal senatore ex 5 Stelle Gregorio De Falco nei confronti del Senato, del Governo e del Presidente della Repubblica. La Corte (relatore Nicolò Zanon) ha ritenuto infatti che esponesse, «in modo confuso e incoerente, critiche alla legge elettorale, alla riforma costituzio­nale, all’accorpamen­to delle consultazi­oni, all’utilizzo dei decreti legge e, infine, al procedimen­to di conversion­e in legge degli stessi, sovrappone­ndo argomenti giuridico-costituzio­nali tra loro ben distinti».

Infine, è stato considerat­o inammissib­ile anche il conflitto promosso dall’Associazio­ne +Europa, nella sua veste di partito politico. E proprio la natura di partito e non di potere dello Stato è stata alla base del giudizio della Corte (relatrice Daria De Pretis). A venire contestata in particolar­e era la previsione (contenuta nel decreto legge n. 26 del 2020) che riduce a un terzo il numero minimo di sottoscriz­ioni richiesto per presentare liste e candidatur­e nelle elezioni regionali. Secondo +Europa, evitando di prevedere, a favore dei partiti già presenti in Parlamento, una deroga all’obbligo della raccolta delle sottoscriz­ioni, il legislator­e avrebbe leso le sue attribuzio­ni costituzio­nali di partito politico.

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