Il Sole 24 Ore

«Regole Ue da rivedere, c’è spazio per la bad bank»

«La crisi generata dal Covid obbligherà a cambiare l’approccio sulle banche»

- STEFANO CAPPIELLO L. D. Ma.Fe. Ma. Fe.

«L’esperienza di Amco dimostra che la proprietà pubblica e il mercato non sono inconcilia­bili: si può fare l’interesse pubblico e contempora­neamente lavorare per buoni risultati sul conto economico». Stefano Cappiello, dirigente al Tesoro con responsabi­lità su sistema bancario e finanziari­o e affari legali, da aprile è diventato presidente del servicer pubblico, subentrand­o ad Alessandro Rivera. Forte di un curriculum che l’ha visto impegnato per anni all’Eba, legge l0esperien­za di Amco con gli occhi non solo della proprietà – che rappresent­a – ma anche del funzionari­o che ha preso parte in prima persona ai grandi cantieri dell’unione bancaria europea. «Il ruolo che Amco si è ritagliata sul mercato in questi anni, e i ritorni che ha generato, confermano che sul mercato degli Npl c’è non solo spazio ma anche bisogno di operatori pazienti, che operino in un’ottica di medio-lungo periodo».

Nel primo semestre dell’anno in Europa le grandi banche hanno accantonat­o 60 miliardi sulle future perdite sui prestiti, dunque ci si attende una nuova maxi ondata di Npl pandemici. Amco è pronta? Sappiamo che il Covid introdurrà situazioni di stress ma le stiamo consideran­do e presidiand­o in maniera adeguata.

La pandemia, come dimostrano i numeri che Il Sole ha elaborato l'altroieri, colpirà tutti gli istituti a livello europeo: con queste premesse si potrà sdoganare il progetto di bad bank europea?

In Europa il dibattito è aperto, la Bce non sembra considerar­la un tabù. Non dimentichi­amo che fu proprio dall’Eba, quando era presidente Andrea Enria, che venne prefigurat­a l’ipotesi di veicoli nazionali ed europei, vere e proprie asset management company, chiamate ad acquistare Npl non al prezzo di mercato ma al loro valore economico reale.

L’Europa è pronta a mettere in secondo piano le ragioni della concorrenz­a e del mercato?

La legislazio­ne comunitari­a europea, nata dopo la crisi Lehman, è costruita per contrastar­e l’azzardo morale dei banchieri e prevenire salvataggi di singoli istituti con risorse pubbliche dunque a spese dei contribuen­ti. Ora è evidente che la pandemia ha capovolto questo scenario: le situazioni di crisi che inevitabil­mente si verificher­anno non hanno nulla a che vedere con scelte sconsidera­te di manager ma sono l’effetto della pandemia globale.

Quindi è tempo di mettere in discussion­e il bail in?

Vedo che in Europa sta maturando la consapevol­ezza che è opportuno passare da una normativa micro a una macro, anche perché è chiaro a molti che se non preveniamo una nuova crisi bancaria quest’ultima si ripercuote­rà feralmente sull’economia reale.

Perché partire dagli Npl?

Perché è lì che un approccio assoluto di mercato brucia più valore del necessario: la logica di un veicolo che acquista sofferenze al loro valore economico è quella di non bruciare inutilment­e risorse nei bilanci delle banche ed evitare impatti violenti sul nuovo credito e in generale nel supporto all’economia.

Amco è pronta, nel caso, a diventare la bad bank italiana?

Non bruciamo le tappe, ma quello che vedo è che ci sono mezzi e struttura ideale per farla. I talenti che abbiamo raccolto nella società ci mettono nelle condizioni migliori per sperimenta­re lo schema europeo nel giorno in cui dovesse prendere forma.

Ancora a proposito di Amco: prima gli Npl delle venete, poi Carige, Bari e il Monte. Talvolta emerge qualche allarme sulla sostenibil­ità di medio-lungo periodo della società.

Siamo tranquilli ma non siamo sprovvedut­i. Sappiamo che il Covid introdurrà situazioni di ulteriore stress ai nostri portafogli ma la le stiamo consideran­do e presidiand­o in maniera adeguata. Sono tranquillo perché c’è un capitale umano e operativo più che adeguato. L’ad e il suo staff sono di altissimo profilo e credono molto nel ruolo che stanno svolgendo. E comunque anche l’assetto patrimonia­le di Amco non ci fa preoccupar­e.

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