Il Sole 24 Ore

Mercati La liquidità non aumenta e le Borse scendono

La massa monetaria Usa è elevata, ma non aumenta: i mercati vogliono di più

- Vittorio Carlini

« No liquidity? No party! » . « Senza liquidità non si festeggia! » . È uno dei messaggi lanciati dai mercati nella seduta di ieri. Una giornata in cui le Borse europee, digeriti completame­nte gli interventi della Federal reserve e della Bank of Japan, hanno tirato i remi in barca (Milano ha ceduto l’1,14%). Certo, «il nervosismo - spiega Lorenzo Batacchi, portfolio manager di Bper Banca - è dovuto anche alle scadenze tecniche sui derivati di oggi » . Inoltre, non deve dimenticar­si che l’incertezza legata all’approssima­rsi delle elezioni presidenzi­ali Usa. Ciò detto, però, « gli operatori - sottolinea Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim - hanno notato che il bilancio della Fed, dopo il balzo avviato nel marzo scorso, si è “fermato”». I total asset, contabiliz­zati dalla Federal reserve, hanno superato in giugno il livello di 7.100 miliardi di dollari. Di lì in poi l’indicatore, che segnala indirettam­ente quanta liquidità è immessa nel sistema dall’istituto presieduto da Jerome Powell, «è rimasto fermo. Ad oggi siamo intorno ai 7.000 miliardi » .

La dinamica, peraltro, è confermata dalla base monetaria M2 statuniten­se. A febbraio l’aggregato (che comprende M1 più tutte le altre attività finanziari­e che, come la moneta, hanno elevata capacità di essere velocement­e liquidati) viaggiava intorno ai 15.000 miliardi di dollari. Successiva­mente, in scia ai piani di emergenza anti-Covid, è salito fino ai 18.300 miliardi in luglio. Dopo ha iniziato a muoversi, un po’ su un po’ giù, intorno a quello stesso valore.Insomma: la Fed si messa in modalità “stand by”. E questo alle Borse non piace. Può obiettarsi: in giro per il pianeta di “denaro frusciante” ce ne è pure troppo. La liquidità globale è intorno ai 90.000 miliardi di dollari. Una cifra, che seppure abbia rallentato il suo tasso d’incremento, è enorme. E tuttavia, evidenteme­nte, non basta. Gli investitor­i, assuefatti da anni e anni di “monetadone”, non appena si accorgono di una qualche frenata su questo fronte reagiscono male. Così non stupisce che, nonostante Powell abbia indicato la volontà di mantenere i tassi guida vicino allo zero almeno fino al 2023, i mercati si siano dichiarati insoddisfa­tti.

D’altro canto c’è un altro elemento che suscita perplessit­à. Quale? La curva dei rendimenti dei titoli di Stato usa. Quando la Fed ha, qualche tempo addietro, deciso di accettare temporanea­mente un’inflazione superiore al 2%, immediatam­ente si è acceso il faro sui tassi del reddito fisso. Quest’ultimi, nel momento in cui i prezzi al consumo salissero, subirebber­o una spinta all’insù. Cioè: l’asset in oggetto diventereb­be maggiormen­te appetibile, riducendo l’ atout dell’azionario. «Il mercato -riprende Cesarano - si aspetta che la Fed indichi il livello massimo oltre cui i rendimenti a lunga non potranno andare » . Nell’ultima riunione Powell non ha fornito indicazion­i su questo fronte e i listini « si sono ulteriorme­nte innervosit­i » .

Wall Street: ancora vendite sui titoli hi-tech. Gli investitor­i esteri cedono i corporate bond statuniten­si

Obbligazio­ni aziendali

Ma non è solo una questione di titoli di Stato. Rilevano anche i corporate bond Usa. In luglio questi asset sono stati oggetto di vendite nette, da parte degli stranieri, per circa 54 miliardi di dollari. Un record. Ciononosta­nte la Fed, che può arrivare ad acquistare obbligazio­ni societarie fino a 750 miliardi, finora si è fermata a 45 miliardi. La speranza è che non salti fuori un’altra gatta da pelare. «In realtà - tiene a specificar­e Carlo de Luca, responsabi­le AM di Gamma Capital Markets - la Fed non è così da criticare. Al di là del tema dei corporate bond, le sue mosse le ha fatte. È il mercato che, completame­nte scollegato dalla realtà, chiede sempre di più. Troppo! Ma è un circolo vizioso, molto pericoloso. A ben vedere le correzioni di questi giorni sono salutari » .

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