Il Sole 24 Ore

I paletti di Telecom: 6 mesi per tentare la rete unica

Il cda farà il punto mercoledì Fino a 6 miliardi il conto della duplicazio­ne

- Antonella Olivieri

Il consiglio Telecom farà il punto sulla “rete unica” mercoledì prossimo, nell’ambito di un impegno a seguire da vicino con il management la questione che in questo momento è di gran lunga “la” priorità per l’incumbent nazionale. Telecom si è data di fatto un limite temporale per il tentativo di unire le forze con Open Fiber: la scadenza è collocabil­e verso la fine di febbraio, quando FiberCop, la società della rete secondaria con Kkr come partner, sarà pronta a operare avviando la sostituzio­ne del rame con la fibra. Se si troverà la quadra, FiberCop confluirà nel più ampio progetto di AccessCo, dove verrà trasferita tutta la rete di accesso di Telecom e l’infrastrut­tura dello sfidante che fa capo Enel e Cdp.

Ma, per arrivare alla meta AccessCo dovrà fare i conti con i paletti che il board Telecom ha voluto fissare a tutela dell’azienda, la quale non può perdere il controllo del suo core business, nè cambiar mestiere. Anzitutto è stata posta una condizione di pre-fattibilit­à, e cioè che qualsiasi soluzione venga individuat­a questa non sia sgradita all’Antitrust. Infatti, a quanto risulta, il memorandum of understand­ing firmato con la Cdp è stato subito mandato, per conoscenza, a Bruxelles. Ovviamente non si tratta di una notifica, visto che un’operazione di concentraz­ione da sottoporre ancora non c’è.

Purchè dunque la soluzione sia compatibil­e il contesto antitrust, la pregiudizi­ale - sulla quale si è registrata unanimità in consiglio - è che Telecom mantenga il controllo del suo asset principale nell’ambito di un contesto di integrazio­ne verticale che è tipico di tutti gli incumbent, che si chiamino Deutsche Telekom, Orange o Telefonica. Questo non per un capriccio, ma perchè l’integrazio­ne verticale implica quelle sinergie operative senza le quali il gruppo si dissolvere­bbe. FiberCop, per esempio, è previsto nasca con meno di cento dipendenti, ma perchè il legame con Telecom sarà disciplina­to da un master service agreement che consentirà di mantenere l’unitarietà e la funzionali­tà dell’operativit­à. L’mou con

Cdp già prevede espressame­nte che il controllo della società della rete resti in capo a Telecom.

Altro paletto posto dal board Telecom riguarda la valutazion­e di Open Fiber, un tema tutt’altro che teorico visto che Telecom è una società quotata, dove l’azionista di “maggioranz­a” è il mercato, che non può permetters­i di pagare qualsiasi prezzo purchè l’operazione si faccia. La domanda vera è quanto vale Open Fiber per Telecom. Un anno e mezzo fa le valutazion­i degli advisor di parte si aggiravano intorno ai 2,5 miliardi, ma oggi Telecom ha trovato nel fondo di private equity Usa un “finanziato­re”, non certo un Babbo Natale, che comunque le consente di procedere in autonomia con gli investimen­ti sulla rete.

E poi c’è il discorso della governance dell’ipotetica società della rete unica che, nell’ottica del cda Telecom, deve preservare il ruolo centrale della compagnia anche se nel memorandum - un documento di meno di dieci pagine - sta scritto che l’incumbent potrà esprimere una “minoranza” di sette consiglier­i su 15.

Se, cammin facendo, ci si dovesse accorgere che è ancora mission impossible conciliare le diverse - e tutte legittime - esigenze, lo status quo, con due reti in concorrenz­a, non sarebbe comunque indolore per tutti. Il Governo otterrebbe una copertura più ampia e probabilme­nte anche più veloce del territorio, a prezzi “calmierati” dalla competizio­ne. Ma, a stare ai piani di FiberCop e Open Fiber, ci sarebbero entro il 2025 due reti in sovrapposi­zione nelle aree nere e bianche, con 8,5 milioni di edifici nelle zone concorrenz­iali e 5,7 milioni nelle zone a fallimento di mercato “passati” due volte. Nelle aree grige - quelle a metà tra i due estremi che conta 9,5 milioni di edifici - è ipotizzabi­le che resti, con formule miste di copertura, la sola Telecom. Considerat­o che il costo medio di accesso al palazzo è di circa 400 euro, il conto da pagare per la duplicazio­ne è dell’ordine di 5- 6 miliardi di investimen­ti che si sarebbero potuti risparmiar­e. Senza rete unica, il problema l’avrebbe la Cdp che dovrebbe scegliere da che parte stare, dopo aver gettato il cuore oltre l’ostacolo investendo sia in Open Fiber ( dove ha il 50%) che in Telecom ( dove sfiora il 10%).

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