I paletti di Telecom: 6 mesi per tentare la rete unica
Il cda farà il punto mercoledì Fino a 6 miliardi il conto della duplicazione
Il consiglio Telecom farà il punto sulla “rete unica” mercoledì prossimo, nell’ambito di un impegno a seguire da vicino con il management la questione che in questo momento è di gran lunga “la” priorità per l’incumbent nazionale. Telecom si è data di fatto un limite temporale per il tentativo di unire le forze con Open Fiber: la scadenza è collocabile verso la fine di febbraio, quando FiberCop, la società della rete secondaria con Kkr come partner, sarà pronta a operare avviando la sostituzione del rame con la fibra. Se si troverà la quadra, FiberCop confluirà nel più ampio progetto di AccessCo, dove verrà trasferita tutta la rete di accesso di Telecom e l’infrastruttura dello sfidante che fa capo Enel e Cdp.
Ma, per arrivare alla meta AccessCo dovrà fare i conti con i paletti che il board Telecom ha voluto fissare a tutela dell’azienda, la quale non può perdere il controllo del suo core business, nè cambiar mestiere. Anzitutto è stata posta una condizione di pre-fattibilità, e cioè che qualsiasi soluzione venga individuata questa non sia sgradita all’Antitrust. Infatti, a quanto risulta, il memorandum of understanding firmato con la Cdp è stato subito mandato, per conoscenza, a Bruxelles. Ovviamente non si tratta di una notifica, visto che un’operazione di concentrazione da sottoporre ancora non c’è.
Purchè dunque la soluzione sia compatibile il contesto antitrust, la pregiudiziale - sulla quale si è registrata unanimità in consiglio - è che Telecom mantenga il controllo del suo asset principale nell’ambito di un contesto di integrazione verticale che è tipico di tutti gli incumbent, che si chiamino Deutsche Telekom, Orange o Telefonica. Questo non per un capriccio, ma perchè l’integrazione verticale implica quelle sinergie operative senza le quali il gruppo si dissolverebbe. FiberCop, per esempio, è previsto nasca con meno di cento dipendenti, ma perchè il legame con Telecom sarà disciplinato da un master service agreement che consentirà di mantenere l’unitarietà e la funzionalità dell’operatività. L’mou con
Cdp già prevede espressamente che il controllo della società della rete resti in capo a Telecom.
Altro paletto posto dal board Telecom riguarda la valutazione di Open Fiber, un tema tutt’altro che teorico visto che Telecom è una società quotata, dove l’azionista di “maggioranza” è il mercato, che non può permettersi di pagare qualsiasi prezzo purchè l’operazione si faccia. La domanda vera è quanto vale Open Fiber per Telecom. Un anno e mezzo fa le valutazioni degli advisor di parte si aggiravano intorno ai 2,5 miliardi, ma oggi Telecom ha trovato nel fondo di private equity Usa un “finanziatore”, non certo un Babbo Natale, che comunque le consente di procedere in autonomia con gli investimenti sulla rete.
E poi c’è il discorso della governance dell’ipotetica società della rete unica che, nell’ottica del cda Telecom, deve preservare il ruolo centrale della compagnia anche se nel memorandum - un documento di meno di dieci pagine - sta scritto che l’incumbent potrà esprimere una “minoranza” di sette consiglieri su 15.
Se, cammin facendo, ci si dovesse accorgere che è ancora mission impossible conciliare le diverse - e tutte legittime - esigenze, lo status quo, con due reti in concorrenza, non sarebbe comunque indolore per tutti. Il Governo otterrebbe una copertura più ampia e probabilmente anche più veloce del territorio, a prezzi “calmierati” dalla competizione. Ma, a stare ai piani di FiberCop e Open Fiber, ci sarebbero entro il 2025 due reti in sovrapposizione nelle aree nere e bianche, con 8,5 milioni di edifici nelle zone concorrenziali e 5,7 milioni nelle zone a fallimento di mercato “passati” due volte. Nelle aree grige - quelle a metà tra i due estremi che conta 9,5 milioni di edifici - è ipotizzabile che resti, con formule miste di copertura, la sola Telecom. Considerato che il costo medio di accesso al palazzo è di circa 400 euro, il conto da pagare per la duplicazione è dell’ordine di 5- 6 miliardi di investimenti che si sarebbero potuti risparmiare. Senza rete unica, il problema l’avrebbe la Cdp che dovrebbe scegliere da che parte stare, dopo aver gettato il cuore oltre l’ostacolo investendo sia in Open Fiber ( dove ha il 50%) che in Telecom ( dove sfiora il 10%).