Gelo Usa-Cina, gli investimenti frenano ai minimi da nove anni
Flessione del 16,2% nei primi sei mesi del 2020, calano di un terzo quelli americani Sulle operazioni cinesi pesa la stretta sull’hi tech voluta dalla Casa Bianca
La Corporate America prende le distanze dalla Cina: gli investimenti diretti Usa sono crollati di quasi un terzo nella prima metà del 2020. Il clima da Guerra Fredda tra le due superpotenze e il Covid- 19 hanno gelato i flussi di capitale nelle due direzioni, portandoli ai minimi da nove anni, secondo un report messo a punto da Rhodium Group e dal Comitato nazionale per le relazioni Usa- Cina, una Ong.
Tra investimenti produttivi e capitale di rischio, i flussi tra i due Paesi sono scesi del 16,2% su base annua, fermandosi a quota 10,9 miliardi di dollari, il livello più basso dalla seconda metà del 2011. Lontanissimo dal picco di 37 miliardi raggiunto nel 2017. Le pressioni al disinvestimento sui gruppi cinesi potrebbero amplificare il trend nella seconda metà del 2020 (almeno), come del resto apertamente auspicato dal presidente Donald Trump.
Il dato sarebbe stato ancora più basso se non fosse stato per l’acquisizione di una quota di minoranza della Universal Music da parte della cinese Tencent, per 3,4 miliardi di dollari. L’operazione ha portato gli investimenti cinesi negli Usa a quota 4,7 miliardi nei primi sei mesi, dai 3,4 miliardi della prima metà del 2019. Nel secondo semestre del 2016, gli investimenti diretti cinesi avevano raggiunto quota 26 miliardi, ma erano già caduti sotto i 5 miliardi nella seconda metà del 2017.
Gli investimenti cinesi, afferma il report, sono frenati dai severi controlli voluti dalla Casa Bianca, per ragioni di sicurezza nazionale, soprattutto nelle tecnologie: per Washington si tratta di difendere il proprio primato nei settori più avanzati dell’economia. Gli esempi più eclatanti di questa strategia sono l’inserimento del gigante delle tlc Huawei nella lista nera degli Usa, la minaccia di azioni simili per Semiconductor Manufacturing International ( partecipata dal Governo cinese) e la vicenda TikTok, con l’ordine a ByteDance di cedere l’app.
« Nonostante le tensioni commerciali, i numeri mostrano che poche aziende cinesi decidono di investire negli Stati Uniti per aggirare i dazi, localizzando lì le produzioni», afferma il rapporto. Secondo il quale, i timori avanzati da «leader politici Usa per un possibile aggressivo » shopping cinese ai danni di aziende Usa messe in crisi dal Covid « sono esagerati » .
Gli investimenti cinesi hanno superato nel primo semestre del 2020 quelli americani, che sono scesi del 31% su base annua, a 4,1 miliardi. Un calo dovuto alla pandemia, secondo Stephen Orlins, presidente del Comitato nazionale per le relazioni Usa- Cina. In controtendenza le operazioni nei servizi finanziari, in forte crescita in quanto società come JPMorgan Chase, Morgan Stanley e Goldman Sachs stanno cercando di assumere il controllo delle loro joint venture in Cina, sfruttando le possibilità offerte dalla liberalizzazione del comparto, decisa dal regime di Pechino.
Il giro di vite deciso dalla Casa Bianca, avvisa il rapporto, potrebbe spingere Pechino a varare politiche restrittive che renderebbero più difficile per le aziende tecnologiche Usa operare in Cina. Le due superpotenze si stanno «disaccoppiando « disaccoppiando », » , afferma Orlins: le tensioni su diritti umani, commercio, Mar della Cina meridionale, Hong Kong, Taiwan, «hanno portato le relazioni tra i due Paesi al punto più basso dagli Anni 70 » .
In controtendenza, un sondaggio pubblicato la scorsa settimana dalla Camera di commercio Usa a Shanghai ha rilevato che meno del 4% delle imprese intervistate ha intenzione di riportare la capacità di produzione negli Stati Uniti.
Proprio ieri, il ministero del Commercio cinese, ha reso noto che lo scorso mese gli investimenti diretti esteri in Cina sono aumentati del 18,7% su base annua. Nei primi otto mesi del 2020, l’afflusso di investimenti diretti esteri nel Paese è in crescita del 2,6% su base annua.