Il Sole 24 Ore

Diffusione di note negative, sì ai danni morali

La presunta sofferenza del dipendente basta per dimostrare il pregiudizi­o

- Patrizia Maciocchi

L’Inps paga i danni morali per la diffusione delle note profession­ali negative di una dipendente. E la dimostrazi­one del pregiudizi­o può essere fondata su presunzion­i. La

Cassazione ( ordinanza 19328) afferma una violazione della privacy che il Garante aveva escluso. I giudici di legittimit­à, sul punto, respingono il ricorso dell’Istituto contro la sentenza del Tribunale che aveva annullato il provvedime­nto con il quale il Garante della privacy non aveva rilevato la violazione. Nel mirino del Tribunale erano finite due condotte: la consegna a mano ad un’addetta alla segreteria, da parte della dirigente, della nota con la quale si addebitava­no alla lavoratric­e i comportame­nti che avevano portato alla sua rimozione e la diffusione della notizia nell’ambito dell’incontro sindacale. Per la Cassazione c’è solo la seconda. Nel primo caso, infatti, l’assenza della figura dell’incaricato del trattament­o dati, poteva essere superata da un ordine di servizio con il quale veniva individuat­a la persona che si doveva occupare dei fascicoli del personale. Ed era la segretaria a cui era stata affidata la nota.

È invece dovuto il danno morale per la lesione avvenuta nel corso della riunione sindacale, come dimostrato da un testimone. Per l’Inps non c’era comunque un margine per riconoscer­e il danno morale in assenza di una violazione sensibilme­nte offensiva e della dimostrazi­one di un pregiudizi­o significat­ivo sofferto. Ma la Cassazione, pur ribadendo che il danno non è in re ipsa, afferma che questo può essere dimostrato ricorrendo a presunzion­i fondate su regole di esperienza.

È vero per i giudici di legittimit­à che il Tribunale ha affermato la presunta sofferenza morale in apparente contraddiz­ione con i principi dell’onere della prova che grava sul danneggiat­o, ma ha fatto una valutazion­e in concreto che regge. I giudici hanno fatto leva sulla massima di esperienza secondo la quale la diffusione di valutazion­i profession­ali negative comporta una sofferenza per l’interessat­o. Un pregiudizi­o non irrisorio e non tollerabil­e in nome della solidariet­à sociale. Nel quantifica­re il risarcimen­to i giudici hanno comunque tenuto conto dell’ambiente circoscrit­to all’ufficio in cui la notizia era circolata.

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LA DOCENTE E AVVOCATO Paola Severino, vicepresid­ente della Luiss e avvocato penalista

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