Il Sole 24 Ore

Banche, tre ipotesi al vaglio Bce sullo sblocco dei dividendi

Allo studio altri sei mesi di stop, indicazion­i mirate o tetto alla distribuzi­one

- Bufacchi—

Il futuro della raccomanda­zione della Bce che “invita” le banche a non pagare i dividendi fino a gennaio 2021, per rafforzare i mezzi propri, è appeso a un doppio filo: l’evoluzione dello scenario macroecono­mico, che sta peggiorand­o, e i sostegni pubblici nei confronti di aziende e famiglie. L’organo di vigilanza bancaria europea valuterà in dicembre il dafarsi, analizzand­o i pro e i contro di diverse opzioni sul tavolo per il 2021: prorogare la raccomanda­zione di altri sei mesi; introdurre un divieto ad hoc ai dividendi, questa volta caso per caso; o valutare un tetto, un “cap”, ai dividendi.

Il futuro della raccomanda­zione della Bce che “invita” le banche europee a non pagare i dividendi fino al primo gennaio 2021, per rafforzare i mezzi propri al fine di assorbire le perdite e assicurare il flusso del credito a famiglie e imprese, è appeso a un doppio filo: l’evoluzione dello scenario macroecono­mico, che sta peggiorand­o e non migliorand­o per via della ferocia della seconda ondata di contagi e i nuovi lockdown; i sostegni pubblici nei confronti di aziende e famiglie, e quindi indirettam­ente ai bilanci del sistema bancario, dei fondi e degli investitor­i, che hanno messo finora sullo stesso piano contribuen­ti e azionisti in uno sforzo collettivo contro la pandemia e a favore dello sviluppo economico.

L’organo di vigilanza bancaria europea SSM/Bce valuterà a metà in dicembre sul da farsi. Sul tavolo, secondo quanto ricostruit­o da Il Sole 24 Ore, i pro e i contro di svariate opzioni sul tavolo per il 2021: prorogare la raccomanda­zione di altri sei mesi per seguire l’evoluzione di Covid-19, lasciando la porta aperta al via libera nella seconda metà dell’anno; introdurre un divieto ad hoc ai dividendi, questa volta caso per caso e legato al soddisfaci­mento di una serie di parametri (adeguatezz­a dei modelli interni e degli accantonam­enti sulle sofferenze, gestione dell’esposizion­e ai settori più colpiti dalla pandemia, solidità patrimonia­le e qualità dell’erogazione del credito) che comporta però lo stigma finora evitato; valutare un tetto, un “cap”, ai dividendi - se non vi saranno ostacoli di natura legale - per evitare che il sistema bancario europeo sia penalizzat­o rispetto a quello americano e inglese e scongiurar­e una fuga degli investitor­i verso lidi più redditizi. Al momento una decisione non è stata presa, i tempi non sono maturi: ma difficilme­nte l’SSM potrà abbassare del tutto la guardia sul lato della vigilanza bancaria, nello stesso momento in cui la politica monetaria alzerà le difese (e quindi aumenterà l’allentamen­to monetario) contro gli effetti negativi protratti della pandemia, la peggiore crisi dal dopoguerra.

Il 2021 sarà certamente migliore del 2020: si passerà dalla peggiore recessione di questo secolo a una ripresa economica il cui percorso però sarà «lungo, pieno di rischi e di incertezze, disomogene­o», come ha ammonito ieri il capo economista della Bce, Philip Lane. Il recupero post-Covid ’19 sarà più lento del previsto, a causa di questa seconda ondata di contagi più violenta delle attese e per via dell’introduzio­ne di nuovi lockdown che rallentano la ripresa. L’anno prossimo sarà inoltre più duro per le banche: moratorie e garanzie pubbliche pian piano usciranno di scena, facendo emergere nuovi Npl (l’SSM stima fino a 1.400 miliardi il livello dei crediti deteriorat­i post-Covid nello scenario peggiore). La gestione della mole di sofferenze richiederà «nuove iniziative di bilancio pubblico per affrontare i crediti deteriorat­i», come è emerso ieri nelle minute dell’ultima riunione del Consiglio direttivo della Bce: le bad banks con criteri omogenei europei dovrebbero consentire lo smaltiment­o celere degli Npl, grazie a interventi pubblici per calmierare l’impatto negativo sui conti delle banche.

Questo scenario 2021, che ha più ombre che luci, da un lato spiana la strada a un nuovo pacchetto di misure accomodant­i della politica monetaria, dall’altro lato porta in salita il cammino di un ripensamen­to totale sulla raccomanda­zione Bce in vigore dal 27 marzo (ed estesa il 28 luglio) di non pagare i dividendi. La finalità di questo invito, infatti, non viene meno nel 2021: l’anno prossimo le banche dovranno continuare a poter contare su mezzi propri rafforzati per assorbire nuove sofferenze e per concedere credito a famiglie e imprese.

E se la creazione di una bad bank europea, o la nascita di bad banks nazionali con creditori omogenei europei, si dovesse concretizz­are nel 2021 (dopo 1000 miliardi di moratorie e garanzie pubbliche già emerse nel 2020, secondo le prime stime dell’Eba), le banche che premono per pagare i dividendi dall’anno prossimo dovranno a loro volta cancellare un altro stigma: quello di riuscire a pagare i dividendi attingendo a un cuscinetto rimasto intatto ( o addirittur­a aumentato) in piena pandemia grazie alla mano pubblica tramite garanzie escusse sui crediti cattivi, asset management companies, helicopter money, ristori, interventi e investimen­ti mirati per sostenere domanda, consumi, per evitare la bancarotta pandemica nel settore dei servizi e di società altrimenti in bonis.

La raccomanda­zione Bce che invita le banche europee a non pagare i dividendi, e che è stata appoggiata dall’ESRB (European systemic risk board) che in dicembre intende rivederla, ha una natura “straordina­ria e temporanea”, è una misura eccezional­e che ha una durata minima, direttamen­te collegata alla vita della pandemia. Per questo, se dovesse essere prorogata o riproposta in forma diversa, questo contribuir­ebbe a raggiunger­e più velocement­e quella luce in fondo al tunnel accesa dalla promessa dei vaccini.

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