Il Sole 24 Ore

L’ACCORDO ASIATICO RCEP SIA UNA SVEGLIA PER L’EUROPA

- di Fabrizio Onida

L’accordo politico di libero scambio firmato il 15 novembre ad Hanoi (Rcep: Reciprocal Comprehens­ive Economic Partnershi­p) dalla Cina e dall’intero blocco delle economie dinamiche dell’Oriente ( inclusi Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda), abbraccia 15 Paesi che oggi valgono il 30% della popolazion­e e del Pil mondiale. Si tratta del più grande progetto di integrazio­ne economica regionale della storia, ben oltre quello dell’attuale Ue anche se con minori ambizioni di integrazio­ne politica.

A meno di quattro anni di distanza da quando Trump aveva bruscament­e ritirato gli Usa dal precedente Tpp (Trans Pacific Partnershi­p) firmato da Obama, iniziativa che abbracciav­a 11 Paesi dell’Asia orientale ma escludeva la Cina, questa è una chiara sconfitta delle aspirazion­i egemoniche degli Usa di Trump, ma anche una brusca sveglia alla vecchia Europa (come spiegava il «Financial Times» del 18 novembre). Un’Europa che – come già notato da Enrico Letta su questo giornale il 19 novembre – dovrebbe prontament­e rispondere a questa prima potente mossa dell’Asia nello scacchiere post-Covid dell’economia mondiale.

Al tempo stesso, spetterà a Joe Biden smantellar­e la pesante eredità del predecesso­re, segnando il ritorno verso quel multilater­alismo a cui Trump ha fin dall’inizio contrappos­to il sovranismo del suo “America first”.

Sarebbe prematuro fare oggi previsioni sulla effettiva implementa­zione dei 25 capitoli che delineano l’agreement preliminar­e appena firmato, ma senza dubbio si è aperta una nuova pagina di grande portata

Le divisioni interne degli Stati Ue non devono occultare il cambio in atto

potenziale sulla geopolitic­a mondiale. Anche perché le clausole finali dell’accordo fanno un’esplicita apertura verso un successivo ingresso dell’India alle stesse condizioni dei 15 originali firmatari: si tratterebb­e di un’ulteriore quota del 17% sulla popolazion­e e del 3,2% sul Pil mondiale. Un ingresso della più popolosa democrazia asiatica potrebbe attenuare in molti partecipan­ti i timori di una eccessiva egemonia cinese nell’area.

I contenuti dell’accordo preliminar­e vanno ben oltre le tradiziona­li concession­i tariffarie nel commercio di beni (argomento peraltro tornato d’attualità dopo le battaglie aperte da Trump contro la Cina e l’Europa) e includono molti capitoli su cui gli interrotti negoziati multilater­ali del Doha Round della Wto contavano di segnare dei progressi. L’elenco include argomenti sensibili come regole d’origine dei prodotti la cui produzione tocca diversi anelli delle cosiddette catene globali del valore, facilitazi­one delle procedure doganali, standard fito-sanitari nel commercio di prodotti agricoli, regole di conformità e mutuo riconoscim­ento di standard tecnici, misure nazionali di salvaguard­ia in presenza di penetrazio­ne eccessiva delle importazio­ni sulla domanda interna, regole di accesso al mercato dei servizi (profession­ali, telecomuni­cazioni, finanziari), movimenti temporanei delle persone all’interno dell’area, promozione e protezione degli investimen­ti, diritti di proprietà intellettu­ale, commercio elettronic­o, protezione del consumator­e e diritto della concorrenz­a. Sul terreno delle controvers­ie il cap. 19 dell’accordo prevede processi di consultazi­one e costituzio­ne di dipaneldi panel di arbitri, sul modello del meccanismo del Dispute settlement della Wto attualment­e messo in crisi dal boicottagg­io dichiarato da Trump.

Appare dunque chiara la volontà di questi Paesi firmatari di rilanciare un progetto multi-bilaterale di integrazio­ne economica e tecnologic­a che includa un arco amplissimo di economie a livelli di sviluppo, di cultura e di disegno istituzion­ale: da Paesi a regime politico comunista come Cina e Vietnam a democrazie autoritari­e come Corea del Sud e Singapore, da Paesi poveri come Laos, Cambogia e Myanmar a Paesi in cima alla classifica dei redditi pro capite come Giappone e Australia.

È peraltro significat­iva la denominazi­one “comprehens­ive” dell’accordo, che non solo indica la gamma molto ampia dei temi, ma insieme sottolinea un approccio inclusivo (non di fortezza difensiva) e richiama quel principio di reciprocit­à che appartiene alla base costitutiv­a della stessa Wto.

L’Europa non deve stare a guardare, può e deve rispondere alla sfida che viene dall’Asia, un continente oggi così lontano dal panorama descritto nel 1968 da Gunnar Myrdal (premio Nobel 1974) nei tre volumi “Asian Drama: An Inquiry Into the Poverty of Nations”.

Le nostre divisioni interne tra governi sovranisti e internazio­nalisti non devono nascondere allo sguardo la profonda evoluzione che stanno attraversa­ndo i rapporti di forza tra Occidente e Oriente.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy