«Il valore di archivi e musei d’impresa ora verrà stimato»
Al via un osservatorio con Museimpresa e il Politecnico di Milano Per misurare l’heritage di 96 aziende e valorizzare la migrazione digitale
Memoria e futuro, beni tangibili e intangibili che l’Associazione Museimpresa intende valutare insieme alla School of management Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali del Politecnico di Milano per fornire alle imprese uno strumento in grado di valorizzare archivi, marchi, disegni tecnici, contratti di lavoro, prototipi, macchinari di lavorazione e molto altro. Sul tavolo l’ipotesi di istituire un laboratorio per individuare le metriche per misurare il valore che musei e archivi contribuiscono a creare in un’azienda. «Vogliamo poter misurare il contributo di valore che i musei e gli archivi – veri e propri asset di competitività - generano per l’impresa. E definire linee guida per la valorizzazione dell’heritage aziendale, attraverso le tecnologie digitali» spiega Antonio Calabrò presidente Museimpresa, vicepresidente Assolombarda e direttore Fondazione Pirelli. «La storia di una impresa può dire molte cose al suo pubblico, in particolar modo agli studenti, con i quali abbiamo rafforzato il nostro dialogo attraverso una maggiore collaborazione scuola-impresa» prosegue Calabrò. «La Fondazione Pirelli era visitata annualmente da circa 3mila studenti all’anno. E oggi buona parte di quelle visite sono virtuali». Si è appena conclusa la diciannovesima edizione della Settimana della Cultura d’Impresa, «Capitale Italia. La cultura imprenditoriale per la rinascita del Paese». L’Associazione Italiana Archivi e Musei d’Impresa, riunisce 96 iscritti tra musei e archivi di grandi, medie e piccole aziende italiane dal manufatturiero ai servizi, metà cioè dei circa 200 musei d’impresa visitabili in Italia, secondo l’agenzia JFC di consulenza turistica e territoriale. Fondata a Milano nel 2001 per iniziativa di Assolombarda e Confindustria, Museimpresa è una rete unica a livello europeo. «Con i suoi musei e archivi ha una capacità straordinaria di rappresentanza, ma anche di servizio per gli associati e di mutua assistenza. Stiamo lavorando con le piccole e medie imprese per conservare la memoria, consigliando su come trasferire in digitale gli archivi. Questa migrazione ha un costo e ragioneremo anche sull’ipotesi di sistemi consortili per fare rete e crescere insieme. Questi musei stanno cambiando rapidamente, sono funzioni d’impresa: sono innestati nel meccanismo produttivo come funzione autonoma, di ricerca storica e culturale, utili alla competitività dell’azienda e in dialogo col marketing, i comparti tecnici e i territori. Sono luoghi della storia e del futuro, leve di innovazione, che dialogano con un giovane pubblico».
Ma come detto richiedono investimenti. Dell’art bonus ha beneficiato il patrimonio culturale pubblico, ma la fiscalità di vantaggio potrebbe essere uno strumento per valorizzare anche i musei d’impresa? Certo, sarebbe utile perché tutte le aziende conservino, digitalizzino e mettano a disposizione del pubblico i loro patrimoni. La storia di un’azienda rappresenta un asset sociale importante per il suo territorio e la leva fiscale di vantaggio offrirebbe la possibilità d’investire sulla memoria storica e, in fin dei conti, contribuirebbe all’arricchimento del nostro patrimonio nazionale.
A chi pensa di presentare la proposta?
Siamo a disposizione come Associazione di rappresentanza per aprire un tavolo con il Mef, il Mise e la Direzione generale per gli archivi del Mibact. Il tema è all’ordine del giorno anche in Commissione Cultura di Confindustria.
Dunque è davvero giunto il momento per ipotizzare l’agevolazione fiscale?
Sì, la fiscalità di vantaggio sino ad oggi è stata vista più come un mancato introito che non come un motore di sviluppo. Ma i tempi in cui viviamo ci obbligano ad avere uno sguardo lungo e calcolare i vantaggi nel futuro. Una volta caduto il tabù del livello del debito pubblico, nel riordino complessivo della fiscalità ridurre il carico fiscale sulla cultura d’impresa potrà rappresentare un motore di sviluppo.
Come?
Nei nostri programmi c’è lo sviluppo del digitale e l’apertura al pubblico, condizione sine qua non per far parte dell’Associazione stessa. I musei d’impresa potrebbero diventare molti di più, dobbiamo convincere le aziende a investire sulla loro cultura e sulla loro memoria produttiva, asset intangibile fondamentale per la competitività e l’immagine all’estero.
Il valore del brand Italia veicolato attraverso i musei?
Siamo convinti che il nostro sistema industriale radicato nella diffusa provincia italiana sia un punto di forza sul territorio e nel mondo. Rappresentiamo, insomma, una componente essenziale di quello che Carlo Azeglio Ciampi, da presidente della Repubblica, chiamava “il patriottismo dolce”. L’impresa è una comunità che merita un buon racconto e i musei e gli archivi sono parte della nostra memoria e della sostenibilità sociale, oltre che economica.
E come pensate di catturare l’attenzione dei ragazzi? Museimpresa, insieme con Assolombarda, ha ideato e affidato il progetto “Nel tempo di una storia” a Simone Bramante, uno dei fotografi più apprezzati sui canali social, noto al grande pubblico come Brahmino, che racconterà per immagini sul profilo Instagram del suo blog “What Italy Is” i musei e gli archivi d’impresa. Luoghi sempre “vivi”, anche se oggi per via della pandemia chiusi al grande pubblico, con l’obiettivo di farli diventare una destinazione di culto. Attraverso le sue visite a queste realtà culturali, in giro per l’Italia, produrrà da gennaio una vera e propria guida, composta da oltre 96 minuti di pillole video e 192 scatti d’autore, per coinvolgere i follower in un progetto di “cultura partecipata” a favore di un’esperienza visiva sul digitale che superi il concetto di destinazione fisica e raggiunga le giovani generazioni.
In Germania questa passione ha generato 50 milioni di euro l’anno, così come il National Railway Museum di York prima della pandemia generava un reddito annuo di 29 milioni nella contea inglese, grazie alla presenza di 770mila visitatori all’anno. Scopriremo così una forma di turismo industriale in Italia, Covid permettendo?
Nei paesi Ue si stima che il turismo mosso dal patrimonio industriale si attesti su 18 milioni di presenze. I brand industriali italiani con un livello di internazionalizzazione circa del 38% potrebbero certamente diventare un vantaggio importante per l’economia italiana. Basti pensare che secondo recenti stime il valore potenziale del Turismo Industriale è pari a 1.860.000 presenze, che si traducono in oltre 126milioni di euro per il solo settore dell’ospitalità.
‘‘ ART BONUS PER I PRIVATI Agevolazioni per investire sulla diffusione della cultura aziendale nei territori e nelle scuole
‘‘ LA PROPOSTA Un tavolo con Mef, Mise e Direzione generale per gli archivi del Mibact sulla fiscalità di vantaggio
‘‘ CAMPAGNA SOCIAL PER I RAGAZZI « «Nel Nel tempo di una storia » da gennaio Brahmino racconterà per immagini i luoghi storici dell’impresa