SCAMBI PER 500 MLD $ IN DIECI ANNI
Reegionale – anche troppo, dato che la capitale più occidentale, Naypyidaw, dista “solo” 10.539 chilometri da quella più orientale, Wellington. Comprensivo – fino a un certo punto, copre temi commerciali tradizionali (esclusa l’agricoltura), ma non imprese di Stato, diritti dei lavoratori e norme ambientali. Economico – sicuramente, e non potrebbe essere diversamente, i suoi membri rappresentavano il 16% del Pil mondiale nel 2000, e ora il loro peso è quasi raddoppiato al 29 per cento. Partenariato, infine – probabilmente sì, se gli interessi comuni riusciranno a far dimenticare che le dispute, anche per dirimere controversie quasi risorgimentali come i confini terrestri e marittimi, sono numerose e dal piano diplomatico esondano spesso su quello economico e militare.
Non sono insomma solo rose e fiori. Il che non toglie che il Rcep (pron. ar-sep) firmato il 15 novembre sia destinato a scombussolare le carte dell’economia e della politica. Lega, anche se in forma meno stretta che l’Ue o il Usmca (Us-Mexico-Canada Agreement, il nuovo Nafta), nazioni il cui reciproco commercio vale il 30% del totale mondiale nel 2019. Insieme al Cptpp – effettivo da dicembre 2018 e che coinvolge oltre che Australia, Canada, Giappone, Nuova Zelanda e quattro Paesi Asean anche tre Paesi dell’Alleanza del Pacifico in America Latina – il Rcep dimostra che il nuovo regionalismo mantiene il suo dinamismo anche in una fase storica in cui il protezionismo sembrerebbe l’unica alternativa al multilateralismo in crisi. E perché ha grandi potenzialità: secondo i nostri calcoli, nel prossimo decennio farà crescere il reddito mondiale di 209 miliardi di dollari all’anno e il commercio di 500. Per molti commentatori, il significato più profondo dell’accordo che il presidente cinese Xi Jinping ha celebrato come la miglior risposta al protezionismo (altrui) risiederebbe nell’esclusione dei rivali della Cina. L’India e gli Usa sarebbero dovuti essere membri del Rcep e del Cptpp, rispettivamente, ma si sono ritirati. Il premier indiano Narendra Modi sotto la pressione dell’industria, terrorizzata
‘‘ Trump e Modi si sono ritirati. Ma l’India può ancora rientrare in futuro
dalla concorrenza cinese, Donald Trump per timore che la Ttp, l’antesignano del Cptpp che era stato proposto da Obama, provocasse un esodo di investimenti americani verso questa regione.
Per il Sudest asiatico, il Rcep è importante economicamente, perché migliora l’accesso al mercato cinese e integra le reti infrastrutturali della Belt and Road Initiative e i relativi finanziamenti. Inoltre le regole di origine saranno cumulative, un beneficio che favorisce l’espansione delle catene regionali di approvigionamento, permettendo di ottimizzare le complementarietà tra chi produce manufatti e chi ha abbondanti risorse naturali. Ma soprattutto è il trionfo della diplomazia quieta e consensuale dell’Asean, che già nel 2012 aveva raggiunto una prima bozza d’accordo. Difficile insomma definire il Rcep come un cavallo di Troia cinese, e difficile anche vedere la relazione tra i singoli Paesi del Sudest asiatico e la Cina semplicemente con le lenti del neo-colonialismo.
E l’Europa? Il Vecchio continente non è assente dall’Asia-Pacifico, anche se la sua presenza è innanzitutto economica e meno riconoscibile perché non supera la somma di presenze nazionali. L’Ue vende merci per circa 500 miliardi nell’area Rcep, e sono milioni i dipendenti diretti e indiretti delle multinazionali europee. Quindi c’è l’interesse a non stare alla finestra. E se da un lato l’accordo appena concluso non è granché “profondo”, come lo sono invece gli accordi che l’Ue ha firmato negli ultimi anni con Giappone e Vietnam, dall’altro il Rcep è esemplare della filosofia del regionalismo moderno e pertanto aperto a nuove adesioni e rispettoso del multilateralismo in cui in questo momento sembra che solo l’Europa creda. Senza peccare di ingenuità ovviamente: anche le autorità asiatiche devono dare prova di credere veramente nel Rcep, dimostrandolo con una ratifica rapida dell’accordo e con una comunicazione trasparente verso tutti gli stakeholder, comprese le imprese europee. Michael G. Plummer, Director, SAIS Europe
Eni Professor of International Economics