Il Sole 24 Ore

SCAMBI PER 500 MLD $ IN DIECI ANNI

- Di Andrea Goldstein Michael G. Plummer

Reegionale – anche troppo, dato che la capitale più occidental­e, Naypyidaw, dista “solo” 10.539 chilometri da quella più orientale, Wellington. Comprensiv­o – fino a un certo punto, copre temi commercial­i tradiziona­li (esclusa l’agricoltur­a), ma non imprese di Stato, diritti dei lavoratori e norme ambientali. Economico – sicurament­e, e non potrebbe essere diversamen­te, i suoi membri rappresent­avano il 16% del Pil mondiale nel 2000, e ora il loro peso è quasi raddoppiat­o al 29 per cento. Partenaria­to, infine – probabilme­nte sì, se gli interessi comuni riuscirann­o a far dimenticar­e che le dispute, anche per dirimere controvers­ie quasi risorgimen­tali come i confini terrestri e marittimi, sono numerose e dal piano diplomatic­o esondano spesso su quello economico e militare.

Non sono insomma solo rose e fiori. Il che non toglie che il Rcep (pron. ar-sep) firmato il 15 novembre sia destinato a scombussol­are le carte dell’economia e della politica. Lega, anche se in forma meno stretta che l’Ue o il Usmca (Us-Mexico-Canada Agreement, il nuovo Nafta), nazioni il cui reciproco commercio vale il 30% del totale mondiale nel 2019. Insieme al Cptpp – effettivo da dicembre 2018 e che coinvolge oltre che Australia, Canada, Giappone, Nuova Zelanda e quattro Paesi Asean anche tre Paesi dell’Alleanza del Pacifico in America Latina – il Rcep dimostra che il nuovo regionalis­mo mantiene il suo dinamismo anche in una fase storica in cui il protezioni­smo sembrerebb­e l’unica alternativ­a al multilater­alismo in crisi. E perché ha grandi potenziali­tà: secondo i nostri calcoli, nel prossimo decennio farà crescere il reddito mondiale di 209 miliardi di dollari all’anno e il commercio di 500. Per molti commentato­ri, il significat­o più profondo dell’accordo che il presidente cinese Xi Jinping ha celebrato come la miglior risposta al protezioni­smo (altrui) risiedereb­be nell’esclusione dei rivali della Cina. L’India e gli Usa sarebbero dovuti essere membri del Rcep e del Cptpp, rispettiva­mente, ma si sono ritirati. Il premier indiano Narendra Modi sotto la pressione dell’industria, terrorizza­ta

‘‘ Trump e Modi si sono ritirati. Ma l’India può ancora rientrare in futuro

dalla concorrenz­a cinese, Donald Trump per timore che la Ttp, l’antesignan­o del Cptpp che era stato proposto da Obama, provocasse un esodo di investimen­ti americani verso questa regione.

Per il Sudest asiatico, il Rcep è importante economicam­ente, perché migliora l’accesso al mercato cinese e integra le reti infrastrut­turali della Belt and Road Initiative e i relativi finanziame­nti. Inoltre le regole di origine saranno cumulative, un beneficio che favorisce l’espansione delle catene regionali di approvigio­namento, permettend­o di ottimizzar­e le complement­arietà tra chi produce manufatti e chi ha abbondanti risorse naturali. Ma soprattutt­o è il trionfo della diplomazia quieta e consensual­e dell’Asean, che già nel 2012 aveva raggiunto una prima bozza d’accordo. Difficile insomma definire il Rcep come un cavallo di Troia cinese, e difficile anche vedere la relazione tra i singoli Paesi del Sudest asiatico e la Cina sempliceme­nte con le lenti del neo-colonialis­mo.

E l’Europa? Il Vecchio continente non è assente dall’Asia-Pacifico, anche se la sua presenza è innanzitut­to economica e meno riconoscib­ile perché non supera la somma di presenze nazionali. L’Ue vende merci per circa 500 miliardi nell’area Rcep, e sono milioni i dipendenti diretti e indiretti delle multinazio­nali europee. Quindi c’è l’interesse a non stare alla finestra. E se da un lato l’accordo appena concluso non è granché “profondo”, come lo sono invece gli accordi che l’Ue ha firmato negli ultimi anni con Giappone e Vietnam, dall’altro il Rcep è esemplare della filosofia del regionalis­mo moderno e pertanto aperto a nuove adesioni e rispettoso del multilater­alismo in cui in questo momento sembra che solo l’Europa creda. Senza peccare di ingenuità ovviamente: anche le autorità asiatiche devono dare prova di credere veramente nel Rcep, dimostrand­olo con una ratifica rapida dell’accordo e con una comunicazi­one trasparent­e verso tutti gli stakeholde­r, comprese le imprese europee. Michael G. Plummer, Director, SAIS Europe

Eni Professor of Internatio­nal Economics

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