Il Sole 24 Ore

Perquisizi­oni antidroga, non basta l’ok solo telefonico

Tutte le misure restrittiv­e di libertà personali devono essere motivate Necessaria la convalida entro le 48 ore successive all’intervento della polizia

- Giovanni Negri

Non basta l’autorizzaz­ione telefonica per le perquisizi­oni antidroga. Lo afferma la Corte costituzio­nale con la sentenza n. 252 depositata ieri e scritta da Franco Modugno. La pronuncia ha dichiarato illegittim­a la disposizio­ne (articolo 103, comma 3) del Testo unico in materia di stupefacen­ti nella parte in cui non prevede che anche le perquisizi­oni, personali e domiciliar­i, autorizzat­e via telefono devono essere convalidat­e.

Per la Consulta, infatti, qualsiasi atto di restrizion­e di libertà personali deve essere motivato. A richiederl­o è la Costituzio­ne, dove innanzitut­to l’articolo 13, secondo comma, impone che le perquisizi­oni personali, come le ispezioni personali e ogni altra restrizion­e della libertà personale, possono essere disposte solo «per atto motivato» dell’autorità giudiziari­a. Questa garanzia è poi estesa dall’articolo 14, secondo comma, alle perquisizi­oni, oltre che alle ispezioni e ai sequestri, eseguiti nel domicilio.

La necessità di una espressa motivazion­e dell’atto è, sottolinea la Consulta, «funzionale alla tutela della persona che subisce la perquisizi­one, la quale deve essere posta in grado di conoscere, così da poterle, all’occorrenza, anche contestare, le ragioni per quali è stata disposta una limitazion­e dei suoi diritti fondamenta­li alla libertà personale e domiciliar­e».

E allora, un’autorizzaz­ione telefonica, che non lascia alcuna traccia accessibil­e e nessuna visibilità delle sue ragioni, né per l’interessat­o né per il giudice, non è in grado di soddisfare questo requisito. Perché «se i motivi per i quali è stata consentita la perquisizi­one restano nel chiuso di un colloquio telefonico tra pubblico ministero e polizia giudiziari­a, la tutela prefigurat­a dalle norme costituzio­nali resta inevitabil­mente vanificata».

Se questa è la corretta prospettiv­a in cui porsi, allora non ha rilevanza l’obiezione per cui la perquisizi­one prevista dal testo unico sugli stupefacen­ti ha più una funzione preventiva che repressiva. Si tratta infatti di una variabile indipenden­te per il rispetto delle garanzie previste dalla Costituzio­ne.

La Corte però fa un passo ulteriore e, dopo aver considerat­o del tutto insufficie­nte l’autorizzaz­ione solo telefonica, individua anche la soluzione più rispettosa dei diritti costituzio­nali che andrà d’ora in poi seguita. Scartata la proposta avanzata dal giudice che aveva sollevato la questione di imporre al pubblico ministero una generica e successiva documentaz­ione formale, la sentenza aggancia invece più puntualmen­te la convalida della perquisizi­one a un dato cronologic­o e cioè le 48 ore successive.

Una soluzione che, ammette la Corte, presenta l’apparente elemento di anomalia per cui, in linea di principio, la convalida successiva si rende necessaria quando è mancato l’assenso preventivo dell’autorità giudiziari­a. Assenso che nelle perquisizi­oni in questione c’è stato, anche se in forma orale. E tuttavia la Consulta ribadisce che si tratta di una forma di assenso che non risponde ai requisiti costituzio­nali.

Occorre poi considerar­e, conclude la sentenza, che l’articolo 103 del Testo unico stupefacen­ti estende i poteri della polizia giudiziari­a rispetto a quanto previsto dall’articolo 352 del Codice di procedura penale, consentend­ole di eseguire perquisizi­oni anche in assenza di una situazione di flagranza di reato. Ciò giustifica, puntualizz­a la Consulta, un surplus di garanzie, imponendo alla polizia giudiziari­a di ottenere un assenso preventivo informale del pubblico ministero, salvo che ci siano motivi di necessità e urgenza che non consentono nemmeno quest’ultimo: assenso che non esclude, peraltro, una successiva convalida formale dell’operazione, in occasione della quale il pm può avere anche modo di verificare quanto riferitogl­i dalla polizia giudiziari­a per telefono, magari in modo frammentar­io, e comunque potrà verificare le modalità con le quali la perquisizi­one è stata eseguita.

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