Il Sole 24 Ore

Cumulo Tremonti e conto energia, definizion­i entro la fine dell’anno

La procedura va seguita solo in caso di detassazio­ne a beneficio del contribuen­te I dubbi di chi ha comunicato e versato impegnando­si a rinunciare al contenzios­o

- Giorgio Gavelli territorio in cui opera, basando il proprio lavoro sull’unico vero punto di forza a disposizio­ne: la trasparenz­a nel dialogo quotidiano con i soci. Info: www.bccbellegr­a.com

È una definizion­e ben strana quella riservata dall’articolo 36 del decreto legge 124/2019 in caso di cumulo tra la tariffa incentivan­te del III, IV e V Conto energia e il bonus «Tremonti ambiente» (articolo 6 della legge 388/2000) nella interpreta­zione che scaturisce dalla risposta a consulenza giuridica 12/ 2020 dell’agenzia delle Entrate (si veda il Sole 24 Ore del 14 novembre).

Si tratterebb­e, infatti, non di uno strumento deflattivo del (diffuso) contenzios­o in corso, quanto, piuttosto, di una procedura a disposizio­ne delle imprese che hanno già definito in negativo il cumulo ed intendono procedere al versamento del beneficio fiscale, a salvaguard­ia della tariffa incentivan­te maturata e futura.

Ricordiamo che l’incompatib­ilità tra la detassazio­ne e gli incentivi « Conto energia » sopra citati ha una base giuridica piuttosto controvers­a e si fonda su una interpreta­zione fatta propria dal Gestore dei servizi energetici e dal ministero dello Sviluppo economico, più volte contestata sia dai giudici amministra­tivi sia da quelli tributari. Tanto è vero che la risposta dell’agenzia delle Entrate conferma in apertura che esiste « incertezza circa l’esito di eventuali procedimen­ti giurisdizi­onali e amministra­tivi», da cui «discende l’impossibil­ità di definire compiutame­nte il trattament­o fiscale» dei benefici contestati. Non di meno, su tale interpreta­zione è stata costruita la definizion­e di cui all’articolo 36 del decreto legge 124/ 2019 che prevede:

il pagamento ( tramite modello F24 ELIDE, senza possibilit­à di compensazi­one alcuna) di una somma determinat­a applicando alla variazione in diminuzion­e a suo tempo effettuata in dichiarazi­one e relativa alla detassazio­ne ambientale l’aliquota d’imposta ( Ires o Irpef) di tempo in tempo vigente;

la presentazi­one (entro il prossimo 31 dicembre) della comunicazi­one di definizion­e su modello approvato il 6 marzo scorso.

Esaminando la tabella riepilogat­iva delle varie ipotesi prospettat­e dall’agenzia delle Entrate (si veda il prospetto pubblicato a lato in pagina) emerge come le situazioni si possano suddivider­e in tre macro categorie:

1) casi in cui il cumulo non si è verificato perché le azioni del contribuen­te o dell’agenzia delle Entrate o le sentenze del giudice tributario hanno provveduto a eliminarlo; 2) casi in cui il cumulo è ancora in contestazi­one o, comunque, non sono decorsi i termini per metterlo in discussion­e;

3) casi in cui la detassazio­ne ambientale si è cristalliz­zata a vantaggio del contribuen­te.

È ( solo) quest’ultima, per l’agenzia delle Entrate, la situazione che va “gestita” entro fine anno con la procedura di cui all’articolo 36, al fine di evitare che il Gestore dei servizi energetici applichi – come previsto dal comma 6- bis di tale disposizio­ne – le decurtazio­ni agli incentivi di cui all’articolo 42 del Dlgs 28/ 2011.

Nei casi sopra indicati come sub- 2), invece, diversamen­te da quanto si poteva immaginare, la sanatoria non è applicabil­e, e le imprese intenziona­te a mettere in sicurezza le tariffe incentivan­ti dovrebbero ricorrere ai comportame­nti previsti dalla risposta ad interpello n. 114/2018.

A seconda delle diverse situazioni concrete possibili essi sono costituiti dalla dichiarazi­one integrativ­a « a sfavore » presentata nei termini ordinari di accertamen­to ( con versamento del beneficio fiscale fruito), dalla rinuncia all’istanza di rimborso presentata ovvero dall’abbandono del contenzios­o. Recepita questa impostazio­ne, sorgono almeno due perplessit­à:

perché il comma 4 dell’articolo 36 chiede espressame­nte al contribuen­te di rinunciare nel modello dell’istanza ad eventuali giudizi pendenti, disponendo la sospension­e del processo tributario?

cosa accade a chi, in questi mesi, pur non trovandosi in una delle situazioni “definite” ora descritte dalla risposta a consulenza 12/ 2020, ha presentato la comunicazi­one versando gli importi ed impegnando­si a rinunciare al contenzios­o?

Quest’ultimo quesito, in particolar­e attende una rapida risposta perché (a quanto pare e nonostante il testo normativo) i giudizi pendenti sono estranei alla definizion­e di cui all’articolo 36 e quest’ultima non ha rilievo se presentata in assenza delle condizioni di definitivi­tà della pretesa.

I primi ad essere coinvolti in questo pasticcio saranno i giudici tributari, che dovranno decidere se applicare la norma o l’interpreta­zione emergente dalla risposta dell’agenzia delle Entrate. La gerarchia delle fonti giuridiche non lascia dubbi su quale sia l’elemento che debba prevalere.

Il coraggio e la forza per ripartire.

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