Cumulo Tremonti e conto energia, definizioni entro la fine dell’anno
La procedura va seguita solo in caso di detassazione a beneficio del contribuente I dubbi di chi ha comunicato e versato impegnandosi a rinunciare al contenzioso
È una definizione ben strana quella riservata dall’articolo 36 del decreto legge 124/2019 in caso di cumulo tra la tariffa incentivante del III, IV e V Conto energia e il bonus «Tremonti ambiente» (articolo 6 della legge 388/2000) nella interpretazione che scaturisce dalla risposta a consulenza giuridica 12/ 2020 dell’agenzia delle Entrate (si veda il Sole 24 Ore del 14 novembre).
Si tratterebbe, infatti, non di uno strumento deflattivo del (diffuso) contenzioso in corso, quanto, piuttosto, di una procedura a disposizione delle imprese che hanno già definito in negativo il cumulo ed intendono procedere al versamento del beneficio fiscale, a salvaguardia della tariffa incentivante maturata e futura.
Ricordiamo che l’incompatibilità tra la detassazione e gli incentivi « Conto energia » sopra citati ha una base giuridica piuttosto controversa e si fonda su una interpretazione fatta propria dal Gestore dei servizi energetici e dal ministero dello Sviluppo economico, più volte contestata sia dai giudici amministrativi sia da quelli tributari. Tanto è vero che la risposta dell’agenzia delle Entrate conferma in apertura che esiste « incertezza circa l’esito di eventuali procedimenti giurisdizionali e amministrativi», da cui «discende l’impossibilità di definire compiutamente il trattamento fiscale» dei benefici contestati. Non di meno, su tale interpretazione è stata costruita la definizione di cui all’articolo 36 del decreto legge 124/ 2019 che prevede:
il pagamento ( tramite modello F24 ELIDE, senza possibilità di compensazione alcuna) di una somma determinata applicando alla variazione in diminuzione a suo tempo effettuata in dichiarazione e relativa alla detassazione ambientale l’aliquota d’imposta ( Ires o Irpef) di tempo in tempo vigente;
la presentazione (entro il prossimo 31 dicembre) della comunicazione di definizione su modello approvato il 6 marzo scorso.
Esaminando la tabella riepilogativa delle varie ipotesi prospettate dall’agenzia delle Entrate (si veda il prospetto pubblicato a lato in pagina) emerge come le situazioni si possano suddividere in tre macro categorie:
1) casi in cui il cumulo non si è verificato perché le azioni del contribuente o dell’agenzia delle Entrate o le sentenze del giudice tributario hanno provveduto a eliminarlo; 2) casi in cui il cumulo è ancora in contestazione o, comunque, non sono decorsi i termini per metterlo in discussione;
3) casi in cui la detassazione ambientale si è cristallizzata a vantaggio del contribuente.
È ( solo) quest’ultima, per l’agenzia delle Entrate, la situazione che va “gestita” entro fine anno con la procedura di cui all’articolo 36, al fine di evitare che il Gestore dei servizi energetici applichi – come previsto dal comma 6- bis di tale disposizione – le decurtazioni agli incentivi di cui all’articolo 42 del Dlgs 28/ 2011.
Nei casi sopra indicati come sub- 2), invece, diversamente da quanto si poteva immaginare, la sanatoria non è applicabile, e le imprese intenzionate a mettere in sicurezza le tariffe incentivanti dovrebbero ricorrere ai comportamenti previsti dalla risposta ad interpello n. 114/2018.
A seconda delle diverse situazioni concrete possibili essi sono costituiti dalla dichiarazione integrativa « a sfavore » presentata nei termini ordinari di accertamento ( con versamento del beneficio fiscale fruito), dalla rinuncia all’istanza di rimborso presentata ovvero dall’abbandono del contenzioso. Recepita questa impostazione, sorgono almeno due perplessità:
perché il comma 4 dell’articolo 36 chiede espressamente al contribuente di rinunciare nel modello dell’istanza ad eventuali giudizi pendenti, disponendo la sospensione del processo tributario?
cosa accade a chi, in questi mesi, pur non trovandosi in una delle situazioni “definite” ora descritte dalla risposta a consulenza 12/ 2020, ha presentato la comunicazione versando gli importi ed impegnandosi a rinunciare al contenzioso?
Quest’ultimo quesito, in particolare attende una rapida risposta perché (a quanto pare e nonostante il testo normativo) i giudizi pendenti sono estranei alla definizione di cui all’articolo 36 e quest’ultima non ha rilievo se presentata in assenza delle condizioni di definitività della pretesa.
I primi ad essere coinvolti in questo pasticcio saranno i giudici tributari, che dovranno decidere se applicare la norma o l’interpretazione emergente dalla risposta dell’agenzia delle Entrate. La gerarchia delle fonti giuridiche non lascia dubbi su quale sia l’elemento che debba prevalere.
Il coraggio e la forza per ripartire.