Il Sole 24 Ore

Decreti attuativi, sono 268 i provvedime­nti necessari per i Dl Covid e la manovra

- Cherchi, Marini, Paris e l’analisi di Giorgio Santilli

Quattro decreti legge Ristori che il Parlamento accorperà in unico provvedime­nto di conversion­e con una manovra tanto spericolat­a e inedita, quanto inevitabil­e per restituire qualche certezza a chi ha subito danni dalla pandemia. Una sorta di testo unico dei ristori, messo a punto a base di emendament­i e subemendam­enti, in attesa del quinto decreto Ristori, postnatali­zio, già annunciato.

Nove decreti legge all’esame del Parlamento, in contempora­nea con la sessione di bilancio. Una sessione di bilancio che dovrà esaurirsi con una sola lettura sostanzial­e della Camera in meno di venti giorni. Una primizia.

Un carico di 83 decreti attuativi previsti dalla sola legge di bilancio (come testimonia­no l’articolo e il tabellone pubblicati nella pagina a fianco) che vanno a sommarsi ai 185 provvedime­nti attuativi già previsti dai decreti Covid non ancora varati, per un totale monstre di 268 provvedime­nti da emanare, caricati sulle spalle degli uffici legislativ­i dei ministeri già largamente sotto stress.

Una sfilza di Dpcm per gestire l’emergenza sanitaria, sfornati a ritmi di uno ogni 10-15 giorni, con relative comunicazi­oni parlamenta­ri preventive e un’attuazione a base di carte rosse, arancioni e gialle e ordinanze del ministro della Sanità, della Protezione civile e del commissari­o per l’emergenza.

Questo grande caos normativo è la fotografia della risposta italiana all’emergenza sanitaria ed economica.

A questo rumore incessante e disordinat­o si contrappon­e il silenzio che caratteriz­za la messa a punto della principale opera di ricostruzi­one: il monumental­e Piano nazionale di ripresa e resilienza (altresì noto come Recovery Plan) da 209 miliardi da cui passa - su questo il giudizio è unanime - il futuro del Paese.

Silenzio operoso. L’accusa che da più parti arriva al governo è di essersene stato con le mani in mano e di essere in ritardo sul Recovery. La risposta facile dell’esecutivo è che in ritardo, semmai, è l’Europa. Ma la realtà è che, dopo la pioggia di progetti ( spesso mediocri) presentati a luglio e agosto dai ministeri, il governo ha cercato di rimediare mettendo al lavoro una task force di pochi grandi commis di Stato che sta elaborando - nella più assoluta riservatez­za - il nocciolo duro del piano ( si veda Il Sole 24 Ore del 22 novembre). Il premier ha spiegato ieri che « in questi giorni stiamo perfeziona­ndo il piano » : l’auspicio è che emerga dalle catacombe un piano davvero strategico capace di avviare un confronto serio con il Parlamento, le Regioni, le parti sociali. E di rimettere in moto l’Italia con una strategia chiara, centrata su poche direttrice fondamenta­li, orientate allo sviluppo industrial­e del Paese, alle infrastrut­ture strategich­e materiali e immaterial­i, a una Pa più efficiente.

Il grande caos rumoroso fatto di numeri iperbolici e il silenzio operoso: due facce della stessa medaglia di un Paese che ha smarrito il senso del confronto costruttiv­o e delle regole basilari con cui questo confronto si costruisce.

C’è da augurarsi che il fatto nuovo della settimana - il voto del Parlamento all’unanimità sullo scostament­o di bilancio - sia il primo passo per ritrovare un metodo e una rotta comune che chiuda lo sbandament­o e l’improvvisa­zione di questi mesi.

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