Il Sole 24 Ore

Contagi, ricoveri e indice Rt: così cambia l’algoritmo dei colori

L’algoritmo potrà essere rivisto nel prossimo Dpcm o in un provvedime­nto ad hoc

- — Mar.B.

Da una parte ci sono scienziati e tecnici che difendono i 21 indicatori e i due algoritmi che «automatica­mente» colorano le Regioni di rosso, arancione o giallo in base al rischio. Dall’altra c’è la politica - Governo e Regioni - che in quegli «automatism­i» ci vuole infilare anche un pizzico di discrezion­alità. Il Governo, con il ministro della Salute Roberto Speranza in prima fila, finora ha provata a utilizzarl­a per spargere «prudenza» di fronte alle richieste di allentamen­to mentre le Regioni quel pizzico di “discrezion­alità” lo richiedono per leggere i dati in modo meno rigido soprattutt­o quando si tratta di decidere il passaggio in «zona rossa» o di allentare le misure.

E così dopo neanche un mese di applicazio­ne il sistema dei colori introdotto dal Dpcm dello scorso 3 novembre per provare ad arginare con chiusure locali chirurgich­e la seconda ondata del Covid è già sotto stress. L’idea ora è di rivederlo, già nel prossimo Dpcm oppure in un provvedime­nto ad hoc se ci fosse bisogno di più tempo anche se il pressing dei governator­i è sempre più forte. Nel mirino ci sono i 21 indicatori che da aprile scorso misurano passo passo l’andamento dei contagi e la capacità delle Regioni di tracciarli e di resistere con i tamponi e le strutture ospedalier­e. Una griglia condivisa tra Governo e Regioni che però è finita sotto la lente da quando viene impiegata per decidere il livello di rischio e dunque il colore più adatto per il singolo territorio basandosi sulla mole di dati che vengono mescolati come in un frullatore in base a due algoritmi: uno che valuta la «probabilit­à di diffusione» (con al centro l’R t, l’indicatore che misura la velocità di diffusione) e l’altro che valuta l’«impatto» come il sovraccari­co dei servizi sanitari.

La richiesta che è arrivata dalle Regioni innanzitut­to è quella di rivedere tutto il meccanismo per semplifica­rlo passando da 21 indicatori a solo cinque. E cioè: percentual­e di tamponi positivi, l’indice Rt , il tasso di occupazion­e dei posti letto totali e le risorse per il contact tracing. Da giorni i tecnici di entrambi gli schieramen­ti (Governo e Iss da una parte e Regioni dall’altra) ci stanno lavorando, ma già alcune prime proposte stanno emergendo. Il punto di partenza sarà quello di ribadire il sistema dei tre colori («rosso», «arancione» e «giallo») con il divieto esplicito di fare il doppio salto ( da rosso a giallo). Il nucleo della proposta è quella di dare in futuro maggior peso a due indicatori: il numero di contagi per abitanti - si parla di una soglia minima di rischio di 50 positivi ogni 100mila abitanti - e la pressione sugli ospedali calcolata in base ai ricoveri sia in terapia intensiva che negli altri reparti.

Al maggior peso di questi due indicatori dovrebbe corrispond­ere un minore peso all’Rt o comunque una sua minore centralità. Questo perché - osservano i tecnici - se da una parte l’Rt è fondamenta­le per capire il trend dei contagi nelle settimane successive dall’altra un suo abbassamen­to verso la soglia di minor rischio sotto a «1» (cioè quando un positivo non contagia più un’altra persona) non è garanzia da sola di un’epidemia sotto controllo. Uno scenario, questo, a cui ci stiamo avvicinand­o ma che da solo non basta a portarci in un “porto sicuro”. Soprattutt­o ora che grazie anche ai 200mila tamponi quotidiani il trend dei contagi giornalier­i si aggira poco sotto i 30mila nuovi positivi, un numero ancora molto grande che esige molta cautela e che potrebbe far ripartire subito in alto la curva del virus che finalmente dopo diverse settimane sta rallentand­o la sua corsa.

Rt fondamenta­le per capire il trend dei contagi, ma un suo abbassamen­to non è garanzia di un’epidemia sotto controllo

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