Conte: Piano Recovery in arrivo, scelte green vincolanti per il futuro
Il premier rassicura : «Stiamo perfezionando il Piano in questi giorni». Lunedì Gualtieri alle Camere sulla riforma del Mes. Gruppi della maggioranza sul piede di guerra per una gestione più collegiale
«Stiamo perfezionando in questi giorni il piano» di Rilancio per l’utilizzo delle risorse del Recovery fund, «che in coerenza con gli indirizzi europei ci consentirà di destinare a obiettivi di sostenibilità ambientale almeno il 37% dell’ammontare delle risorse che riusciremo a ottenere dall’Unione europea». Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, parlando a “Generazione energia” inizia a dare qualche anticipazione su alcuni contenuti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che dovrà essere presentato alla Ue entro il prossimo febbraio. Quasi a smentire le voci sui ritardi del governo italiano e a tranquillizzare gli alleati, soprattutto Pd e Italia viva, sul piede di guerra in Parlamento per una gestione del Recovery plan ritenuta troppo accentrata a Palazzo Chigi. Conte assicura dunque che «il piano di transizione 4.0 già potenziato con la manovra e ancora di più con le cospicue risorse del Recovery plan include un ampio spettro di incentivi per dare impulso alla transizione verde e digitale, costituirà uno dei pilastri degli indirizzi politici attuativi che il governo perseguirà nei prossimi anni e vi posso assicurare che una volta operate queste scelte con questo governo anche i governi che verranno dopo si ritroveranno ad attuare scelte politiche in fase esecutiva e sarà difficile rimetterle in discussione» ha detto il premier. In questa chiave – precisa all’assemblea Cia - «l’agricoltura sostenibile sarà uno dei pilastri del Recovery Plan italiano su cui il governo è al lavoro, in particolare per quanto riguarda efficientamento energetico e nuovo piano di logistica e innovazione agroalimentare».
Intanto continua il braccio di ferro a Bruxelles. Ieri la Commissione Ue ha ribadito che la posizione sulla condizionalità del Recovery rispetto allo stato di diritto «non cambia». Una precisazione rivolta alle posizioni di Polonia e Ungheria, che hanno ribadito il loro veto su bilancio Ue e Recovery fund. Come la presidente Ursula von der Leyen ha spiegato alla plenaria del Parlamento europeo - ha aggiunto un portavoce - «il meccanismo corrisponde all’accordo di luglio. Crediamo sia un meccanismo che si concentra sulla protezione del budget europeo, e che garantisca un’applicazione equa e giusta».
Intanto sul nodo spinoso del Mes il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, terrà comunicazioni sulla revisione del Meccanismo di Stabilità nelle Commissioni competenti di Camera e Senato lunedì mattina prossimo in vista dell’Eurogruppo del pomeriggio. Come il ministro dem ha già ricordato nelle scorse ore non si tratta di decidere se attivare o meno lo strumento del Fondo salvaStati per ottenere i circa 36 miliardi a disposizione dell’Italia per l’emergenza sanitaria, come per altro continuano a chiedere sia Pd sia Iv, ma bisogna varare la riforma del Mes ferma da mesi anche a causa delle resistenze italiane. Ma nel M5s l’agitazione sale appenda si pronuncia il nome Mes, e un drappello di parlamentari “dibattistiani” “dibattistiani” è pronto a mettersi di traverso anche alla riforma. E se giovedì a escludere il ricorso al Mes per il nostro Paese è stato un post ufficiale del movimento («finché siamo in maggioranza non se ne parla»), ieri la posizione di totale frenata è stata ribadita dalla viceministra all’Economia Laura Castelli: «Ci saranno audizioni nelle commissioni competenti ma di sicuro per noi il Mes non va usato. Ascoltiamo le audizioni per capire cosa fare in merito alla riforma del Mes. È l’avvio di un processo che avrà bisogno di molto tempo...».
Gualtieri sarà dunque in mezzo ai fuochi lunedì, anche se non ci sarà voto al termine della sua audizione. Perché a porre la questione dell’utilizzo del Mes saranno comunque i parlamentari renziani e la stessa Forza Italia, che ieri con Antonio Tajani ha ribadito la posizione favorevole del suo partito distinguendosi dagli alleati leghisti. E in quella sede sono pronte a scaricarsi anche le tensioni sulla governance del Recovery plan, con i partiti della maggioranza e i loro gruppi parlamentari (a cominciare proprio dai presidenti delle commissioni competenti) che chiederanno un maggior coinvolgimento. Ma sulla costituenda task force e sulla sua guida effettiva - se sotto Palazzo Chigi o sotto il Mef a stretto contatto con la Ragioneria - il braccio di ferro è anche interno al governo, tra lo stesso Gualtieri e il premier. Ci sono 209 miliardi per la ricostruzione in arrivo dall’Europa a partire dalla seconda metà del 2021 e decidere dove collocare il timone dei progetti e del loro monitoraggio non è questione di poco conto. Oggi il tema dovrebbe essere affrontato in una nuova riunione di Conte e Gualtieri con i capidelegazione. E intanto il numero due del Pd Andrea Orlando avverte: «Tale mole di risorse che si gestisce bene solo con una struttura amministrativa diversa dai ministeri. Servono ingegneri, urbanisti e sociologi».