Il Sole 24 Ore

Il Pd a Conte: i patti vanno rispettati, a partire dalle riforme

Dem irritati per lo stallo sulla legge elettorale, Iv per l’esclusione dal Recovery

- Emilia Patta

«I patti vanno rispettati. Abbiamo deciso di schierarci per il Sì al referendum sul taglio del numero dei parlamenta­ri determinan­done la vittoria in cambio di un dettagliat­o pacchetto di riforme: la legge elettorale proporzion­ale con sbarrament­o al 5%, innanzitut­to, ma anche i ”correttivi” costituzio­nali necessari come il Ddl Fornaro che elimina l’obbligo della base regionale per l’elezione del Senato e riduce il numero dei delegati regionali per l’elezione del presidente della Repubblica. Invece è tutto fermo. Nessun passo avanti neanche in Parlamento sulle riforma dei regolament­i per adeguarli al ridotto numero degli eletti. Lo diciamo al premier perché è lui il garante: i patti vanno rispettati». E ancora: «Abbiamo dovuto aspettare un anno, e solo dopo le elezioni regionali da noi vinte in perfetta solitudine, per vedere in Aula le modifiche ai decreti sicurezza di Salvini».

Questo il clima che si respira a Largo del Nazareno il giorno dopo il via libera bipartisan al nuovo scostament­o di bilancio da 8 miliardi. Un voto che ha segnato un cambio di passo dell’opposizion­e, con Forza Italia in fase di avviciname­nto alla maggioranz­a giallo-rossa sui temi dirimenti. Ed è noto l’impegno del segretario del Pd Nicola Zingaretti per coinvolger­e gli azzurri nelle prossime scelte che attendono il Paese e il Parlamento, a cominciare dall’imminente voto sui decreti ristoro e sulla legge di bilancio. Da qui, anche, l’avvertimen­to a Conte: «È chiaro che se i patti non vengono rispettati anche noi ci sentiamo più liberi... » . L’obiettivo del Pd non è tanto - almeno per ora - quello di un cambio di governo con l’ingresso di Fi, quanto la formazione della “maggioranz­a presidenzi­ale” che da qui a un anno dovrà eleggere il successore di Sergio Mattarella al Quirinale. Una strategia ben presente al leader della Lega Matteo Salvini, che non a caso ieri ha lanciato il suo aut aut sia al Pd sia all’alleato: «Il centrodest­ra è unito e governa nella maggior parte delle Regioni. Se il Pd vuole gestire l’elezione del prossimo Capo dello Stato come fosse cosa sua si è sbagliato di grosso».

Con queste premesse il premier - che ieri è stato impegnato in una riunione fiume con i suoi capidelega­zione e con vari ministri e responsabi­li dei partiti per sciogliere i nodi più urgenti sul tappeto, dal Dl ristori alle prossime misure antiCovid fino alla cabina di regia sul Recovery plan - si appresta a riunire nuovamente nei prossimi giorni i leader dei partiti (oltre a Zingaretti, Matteo Renzi per Italia Viva e Roberto Speranza per Leu). Sul tavolo la questione della legge elettorale e delle riforme posta con urgenza in queste ore dal Pd: saranno i leader a decidere che cosa portare avanti, visto lo stallo del tavolo tecnico per le resistenze di renziani e Leu a dare il via libera a una legge elettorale con una soglia giudicata troppo alta.

NICOLA ZINGARETTI Il segretario del Partito Democratic­o

Ma sullo sfondo c’è lo stallo di tutto il programma di governo, dossier economici in testa. Sui questi insiste soprattutt­o Italia Viva, che a differenza del Pd non ha rappresent­anti al Mef: da qui la richiesta di una cabina di regia sul Recovery plan in cui siano rappresent­ati tutti i partiti della maggioranz­a.

Resta infine l’ormai annoso nodo del Mes, con il M5s che alza muri ( « finché siamo in maggioranz­a non se ne parla») e con Pd e Iv che continuano a chiederne l’attivazion­e per ottenere i 36 miliardi a disposizio­ne dell’Italia per l’emergenza sanitaria. E a Largo del Nazareno sentono chiare le sirene di Forza Italia, che ancora ieri con Antonio Tajani ha ribadito la posizione favorevole all’attivazion­e del Fondo Salva-Stati distinguen­dosi ancora una volta dagli alleati. Quel che è certo è che tra i democratic­i e i renziani cresce la convinzion­e che se Conte non prenderà la situazione in mano, superando le contorsion­i di un M5s in eterno “congresso”, a gennaio l’ipotesi di un rimpasto di governo con l’ingresso degli stessi leader o di personaggi di peso dei partiti si farà estremamen­te concreta.

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