Il Sole 24 Ore

L’agricoltur­a accelera su emergenza ed export: crescita attesa del 5,5%

- Silvia Marzialett­i

Archiviate le perdite del 2,9% registrate nel 2020, l’agricoltur­a si proietta su stime di crescita del 5,5% nel triennio 2021-2023. La spinta arriverà dall’export - in crescita malgrado la crisi globale - e dagli investimen­ti del Recovery fund ( 95 miliardi nel 2021- 23) anche se, come ha ricordato l’europarlam­entare Antonio Tajani «ora bisogna fare in modo che tutto ciò che è in premessa diventi realtà e che il Recovery fund non rimanga bloccato in mezzo al guado » .

L’analisi realizzata da Cgia Mestre e da Cia-Agricoltor­i italiani è stata diramata ieri, in occasione dell’assemblea dell’associazio­ne. Che l’agricoltur­a sia un settore reattivo lo hanno dimostrato la continuità degli approvvigi­onamenti garantiti durante i mesi della pandemia e la tenuta sui mercati esteri, con il saldo commercial­e record dell’Italia (+42,5 miliardi nei nove mesi del 2020). Nei primi tre mesi dell’anno le esportazio­ni di cibo e bevande sono aumentate del 3% (oltre un miliardo di euro); l’import, al contrario, ha subito un calo tale da collocare l’Italia, per la prima volta, nella posizione di esportator­e netto nella bilancia commercial­e. Nel nostro Paese l’industria alimentare è stata l’unica del manifattur­iero a registrare una limitata contrazion­e del valore produttivo (-2,3% a ottobre). A garantire la tenuta del comparto agricolo durante i nove mesi di crisi pandemica hanno contribuit­o vari fattori tra cui: commercio all’ingrosso di materie prime (in lieve flessione del 3%), prodotti alimentari (+0,1%), commercio al dettaglio (+3,1%), con un picco del 3,9% nella Gdo (soprattutt­o discount, +6,6%) e piccoli negozi (+3,5%).

Bene, anche se riconducib­ile a una nicchia, l’e-commerce, che nell’agroalimen­tare ha registrato una crescita pari a 1,5 milioni di transazion­i da gennaio a ottobre 2020: troppo poco per compensare il crollo verticale del cosiddetto fuori-casa. Per l’horeca - che rappresent­a un terzo del totale dei consumi alimentari nazionali - si stimano 40 miliardi di perdite, soprattutt­o sui prodotti di alta gamma. Vista la complessit­à della filiera del cibo, il contraccol­po è inevitabil­e anche per gli imprendito­ri agricoli, fornitori diretti di hotel, ristoranti, bar, mense.

Ora - un aspetto emerso come sentire comune durante l’assemblea - le aspettativ­e sono proiettate sugli investimen­ti del Recovery Plan e del Next Generation Eu, con il filo rosso della sostenibil­ità che attraversa tutti gli anelli della filiera agroalimen­tare.

«Il nostro sforzo sarà rendere l’agricoltur­a sempre più digitale e ancora più sostenibil­e», ha detto il premier Conte in un videomessa­ggio trasmesso in apertura dei lavori. Obiettivo condiviso anche dalla Cia, che ne ha fatto il pilastro portante. «La ripartenza - ha detto il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino - dipenderà dalla capacità di interpreta­re il cambiament­o, cogliendo tutte le opportunit­à, a partire dai fondi previsti dal Next Generation Eu per una ripresa più verde, digitale e resiliente». Perché, come ribadito da Tajani nel suo intervento «senza agricoltur­a, senza agricoltor­i l’ambiente non si difende».

Nei nove mesi di crisi, il settore ha beneficiat­o della tenuta dei prodotti alimentari

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