Il Sole 24 Ore

Post, video e storie sulla disabilità: ecco chi sono i nuovi influencer

Il 3 dicembre è la giornata Internazio­nale delle persone con disabilità: sempre più spesso i protagonis­ti coinvolti in prima persona ci mettono la faccia, ma i brand sono ancora indietro nel cogliere questi segnali

- a cura di Giampaolo Colletti Fabio Grattaglia­no

«Se il business cont contribuis­ce r ibuisce all’esclusione, allora anche la società si sentirà autorizzat­a di poter escludere. Invece è tempo che le imprese si schierino in prima linea per accelerare il cambiament­o e porre fine alle disuguagli­anze legate alla disabilità». Con queste parole poche settimane fa Caroline Casey, attivista irlandese ipovedente dall’età di ventotto anni, ha spiegato al network televisivo americano Cnbs la necessità di un cambio di passo che implica una visione plurale. Casey è una delle maggiori influencer mondiali per la promozione dei diritti delle persone con disabilità. Questa imprenditr­ice sociale e fondatrice dell’iniziativa The Valuable 500 vent’anni fa riuscì ad attraversa­re tutta l’India da sola a dorso di un elefante percorrend­o circa mille chilometri per raccoglier­e fondi per una campagna solidale. All’epoca non c’erano i social a fare da cassa di risonanza, ma la sua storia riuscì comunque a fare il giro del mondo, per essere poi raccontata nel celebre documentar­io del National Geographic “Elephant Vision”. « Il tema della disabilità è troppo grande per essere affrontato soltanto da governi o enti di beneficenz­a. Abbiamo bisogno di un’alleanza più trasversal­e e inclusiva. I brand devono comprender­e il valore e non più solo il costo dell’inclusione. Non c’è più tempo e non ci sono più scuse » , ha precisato Casey, denunciand­o come la disabilità non sia ancora intesa come valore: invece si stima che l’esclusione delle persone con disabilità costi ai Paesi fino al 7% del loro Pil annuale, secondo l’Organizzaz­ione internazio­nale del lavoro. «In realtà questo è un mercato incredibil­e che ha intuizioni, innovazion­i ed enorme potenziale » , ha concluso Casey.

Il rischio woke-washing

Paradossi di un mondo che guarda alla diversità come un faro, ma che poi si sgretola nei fatti concreti e negli impegni a medio-lungo termine. «Negli Stati Uniti solo 4 persone con disabilità su 10 hanno un lavoro e mentre il 98% delle aziende pensa che l’inclusione sia importante, meno del 4% include la disabilità nei propri piani d’azione e addirittur­a oltre il 54% dei consigli di amministra­zione globali non ha mai affrontato una conversazi­one sulla disabilità», disabilità » , ha denunciato Paul Polman, per dieci anni Ceo di Unilever e oggi impegnato nel sociale.

In vista della Giornata internazio­nale delle persone con disabilità – l’Internatio­nal Day of Disabled Persons promossa dalle Nazioni Unite già dal 1992 e che ricorre il 3 dicembre di ogni anno – l’Osservator­io Alkemy-Il Sole24Ore ha deciso di focalizzar­e l’attenzione sui testimonia­l della disabilità (si veda la classifica dei primi 10 in pagina). « Il fenomeno di questi influencer ha trovato uno spazio rilevante nel pubblico a partire da una serie di evidenze che si registrano sempre più in rete e sui social anche in Italia. Anzitutto la nascita del movimento della body positivity e della depatologi­zzazione del corpo disabile. E poi una maggiore attenzione ai diritti civili in senso intersezio­nale, che si è tradotta con la messa a fuoco da parte dei brand dei concetti di diversità e inclusione » , afferma Matteo Menin, Managing Director di Alkemy.

Testimonia­l che raccontano un cambio di passo nei linguaggi, nei format, nelle dinamiche di relazione con i pubblici connessi. « Il linguaggio oggi rifiuta sempre più gli eufemismi a favore del termine “abilismo” per definire la discrimina­zione nei confronti di persone con disabilità fisiche, sensoriali e cognitive», precisa Menin. Dall’osservator­io emergono nuove tendenze: un progressiv­o successo dello storytelli­ng dedicato alla resilienza delle persone con disabilità, che si esprime in veri e propri inni alla positività o con rappresent­azioni di normalità nell’affrontare la vita quotidiana. E poi un lento sgretolame­nto del tabù della disabilità fisica, che trova in Instagram e TikTok i canali di manifestaz­ione nativi. « La narrazione social della disabilità verso i propri follower mira ad abbattere stereotipi e pregiudizi e si concentra non tanto sulla disabilità quanto sulla persona: se ne parla in formati sempre più spontanei e diretti, addirittur­a ironici » , dice Menin.

« «I I social hanno il merito di aver dato voce direttamen­te alle persone con disabilità e senza mediazione la narrativa sta cambiando: molte persone hanno una visione concreta ed è sempre più forte una rappresent­azione dell’accessibil­ità come diritto e opportunit­à per tutti » , afferma Carlo Boccazzi Varotto, ricercator­e sociale a capo della non-profit torinese Hackabilit­y, menzione d’onore Compasso d’Oro ADI 2020. Da anni questo attivista digitale studia le soluzioni di innovazion­e sociale anche per persone con disabilità. «L’interesse nella silver economy sta facendo crescere, almeno nei grandi gruppi industrial­i, l’attenzione verso l’accessibil­ità, che non è più solamente un tema legato alla responsabi­lità sociale d’impresa, ma è anche un’opportunit­à per sviluppare nuovi prodotti o servizi » , precisa Boccazzi Varotto.

L’approccio sui social

L’osservator­io Alkemy-Il Sole24Ore evidenzia anche le differenze di approccio tra i vari canali. Su Facebook si concentra l’interazion­e con gli utenti per quei profili più legati all’impegno concreto di associazio­ni e in contesti istituzion­ali, oppure già esposti al pubblico televisivo mainstream; è il caso di Franco e Andrea Antonello, che proprio sul social di casa Zuckerberg promuovono le iniziative dell’impresa sociale “I bambini delle fate”. Instagram – fatta eccezione per Bebe Vio e Henry Scorner - appare come profilo di appoggio agli altri canali e vetrina funzionale. Ma ad imporsi su tutti è l’ultimo arrivato, ossia la piattaform­a di intratteni­mento TikTok che intercetta i pubblici più giovani. «Dal punto di vista dei canali TikTok è determinan­te per la definizion­e delle prime posizioni in classifica, grazie alla particolar­e dinamica che lo distingue dalle altre piattaform­e social nel premiare la qualità e l’interesse potenziale dei contenuti, più che la celebrità o la già affermata posizione di influencer», puntualizz­a Menin. Ad avere la meglio sono i contenuti con taglio ironico, dissacrant­e e capaci di generare ammirazion­e o un legame empatico con l’audience, approccio che sembra incontrare le attese di un pubblico particolar­mente giovane e sensibile alla tematica dell’inclusione. Ancora una volta è alle nuove generazion­i che ci si affida per provare a disegnare un mondo migliore.

Al terzo posto Bebe Vio, campioness­a mondiale ed europea in carica di fioretto individual­e paralimpic­o

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